Cacciatori di betoniere - Ljubo Ungherelli
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elle tre settimane <strong>di</strong> ferie, otto ore della nostra giornata a spaccarci la schiena<br />
in qualche fabbrica, le nostre mogli non oserebbero lamentarsi <strong>di</strong> nulla e saremmo<br />
le creature più felici <strong>di</strong> questo mondo. Al <strong>di</strong>avolo l’esame <strong>di</strong> maturità!”<br />
Fu a quel punto che, benché fisicamente fossi ancora presente, semisdraiato<br />
su una poltroncina in terrazza, abbandonai il bicchiere <strong>di</strong> birra, il tavolino<br />
sul quale lo avevo poggiato, accanto al posacenere. Abbandonai le zanzare, che<br />
sembravano ignorare i lampioni sulla strada e zompavano indolenti a caccia del<br />
nostro sangue stagnante, corretto da abbondanti quantità <strong>di</strong> colesterolo. Abbandonai<br />
il mio ospite, degno rappresentante, proprio come me, <strong>di</strong> un ceto sociale<br />
che, alle soglie della mezza età, iniziava a prendere le <strong>di</strong>stanze dagli stenti proletari<br />
donde proveniva, per abbracciare consuetu<strong>di</strong>ni, fisiche e ideologiche, proprie<br />
<strong>di</strong> persone che, in precedenza, avrei sentito infinitamente <strong>di</strong>stanti. Certo,<br />
noi non ci trovavamo lì per grazia ricevuta, avevamo lavorato, e prima stu<strong>di</strong>ato,<br />
duramente per raggiungere quel benessere, ma a me restava la sensazione <strong>di</strong><br />
non esser pronto a raccogliere un’ere<strong>di</strong>tà piccolo borghese che non sentivo mia.<br />
Fatto sta che abbandonai tutto questo per tuffarmi per l’appunto in un periodo<br />
nel quale andare avanti negli stu<strong>di</strong> rappresentava l’unica opportunità per<br />
chi, ed era il mio caso, non <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> parentele illustri o, perlomeno, attività<br />
professionali già avviate in famiglia, alle quali appoggiarsi in caso <strong>di</strong> necessità.<br />
Quattro anni tutto sommato piacevoli, quelli che m’avevano condotto alle<br />
soglie del <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> maturità magistrale. Devo ammettere d’aver faticato non<br />
poco all’inizio, e gli esami <strong>di</strong> riparazione mi scortarono nei primi tre anni, consegnandomi<br />
poi puntualmente al corso successivo.<br />
In prima e seconda, mi liberai <strong>di</strong> matematica e scienze, da sempre i miei<br />
punti deboli, dopo l’estate, mentre in terza riuscii a scampare a quest’ultima<br />
materia a giugno, non raggiungendo la sufficienza solo in matematica.<br />
Giunti in quarta, avevamo lasciato in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong>versi compagni, mentre altri<br />
avevano atteso pazientemente il nostro arrivo dalle classi superiori. Le lezioni<br />
erano dure, i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici assai più sbrigativi <strong>di</strong> quelli per l’uso dei quali ho<br />
sentito le mie figlie lagnarsi tante volte, ma a noi sembrava già tanto poterci costruire<br />
un futuro grazie all’istruzione pubblica e non osavamo chiedere <strong>di</strong> più.<br />
Sembra strano sentirlo affermare adesso. Il periodo della contestazione era alle<br />
porte e niente sarebbe più stato lo stesso. Chi fra noi s’iscrisse all’università<br />
poté sperimentarlo sulla propria pelle, per tutti gli altri fanno fede le cronache e<br />
le testimonianze dell’epoca.<br />
I mesi precedenti l’esame erano stati intensi e faticosi. Le ultime ore della<br />
mattina guardare fuori dalle finestre dell’aula era un vero supplizio.<br />
Le verifiche scritte e orali, presentate come propedeutiche alla prova decisiva,<br />
erano in realtà mirate a definire la posizione <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi. Si può<br />
dunque affermare senza timore <strong>di</strong> smentita che erano sì propedeutiche, ma non<br />
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