Giorgio Fiorese Per un Hub della conoscenza - Dipartimento di ...
Giorgio Fiorese Per un Hub della conoscenza - Dipartimento di ...
Giorgio Fiorese Per un Hub della conoscenza - Dipartimento di ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
La Centrale Montemartini,<br />
Roma ridestinata a museo <strong>di</strong><br />
sculture antiche, 1997.<br />
aveva indotto Guaitamacchi a frequentare<br />
assiduamente e per <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go<br />
periodo il grande recinto dei gasometri;<br />
grazie a questa ‘residenza’, l’artista<br />
aveva prodotto numerosi ‘ritratti<br />
al carboncino’ <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>mensione<br />
e <strong>di</strong> notevole efficacia.<br />
Analogo invito, <strong>un</strong> anno dopo, fu<br />
rivolto al fotografo Luigi Bussolati,<br />
che ritrasse gli stessi e altri soggetti <strong>di</strong><br />
notte e col banco ottico, impiegando<br />
luci ed accorgimenti (colori) altrettanto<br />
efficaci.<br />
Il suo lavoro, pur non avendo avuto<br />
lo stesso riscontro (critico e pubblicistico)<br />
<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Guaitamacchi, è <strong>di</strong><br />
analogo valore; entrambi ritraggono,<br />
con mezzi <strong>di</strong>fferenti, lo stesso paesaggio.<br />
<strong>Per</strong> ritrarli, Bussolati colloca impianti,<br />
macchine, serbatoi, (isolati nell’ambiente<br />
perché ormai orfani delle<br />
tubature) in <strong>un</strong> set cinematografico;<br />
sono scenari surreali e spaesanti, da<br />
sogno, che paiono in attesa delle donne<br />
<strong>di</strong> Paul Delvaux.<br />
Disegni e foto furono poi esposti in<br />
Triennale, nella Mostra ‘Politecnico<br />
Bovisa. Progetti per l’area dei gasometri’,<br />
1999; la stessa Mostra che<br />
– come scrive Mottola Molfino nel<br />
brano riportato nel Paragrafo successivo<br />
– si rivelò utile per la proposta<br />
del ‘Museo del Presente’.<br />
Scrivendo, alla fine, <strong>di</strong> arte e sensazioni<br />
da questa indotte, è opport<strong>un</strong>o<br />
riportare <strong>un</strong> brano dal catalogo sopra<br />
citato, scritto dallo storico e critico<br />
Antonello Negri:<br />
[…] Il modo in cui Guaitamacchi<br />
cerca il suo <strong>di</strong>alogo con quello che<br />
rimane dell’industria e delle sue forme<br />
si <strong>di</strong>rebbe in primo luogo fisico:<br />
<strong>un</strong> sito come lo stabilimento del gas<br />
alla Bovisa f<strong>un</strong>ziona oggi, per lui,<br />
come la foresta <strong>di</strong> Fontainebleau per<br />
i paesaggisti del 1830. Analogamente<br />
a Theodore Rousseau e ai suoi amici,<br />
che sprofondavano in <strong>un</strong> luogo capace<br />
<strong>di</strong> suscitare il senso <strong>di</strong> <strong>un</strong>a natura-<br />
68<br />
lità immutabile, da fermare sulla tela<br />
secondo <strong>un</strong>’adesione mentale e fisica<br />
alle sue suggestioni, Guaitamacchi si<br />
lascia catturare dall’acquisita naturalità<br />
del moderno. Ha spostato il suo<br />
luogo <strong>di</strong> lavoro in <strong>un</strong> altro ‘tempio’,<br />
in <strong>un</strong>’altra ‘foresta <strong>di</strong> simboli’, dove<br />
<strong>di</strong>versi ‘piliers’ lasciano a loro volta<br />
uscire, ogni tanto, delle confuse parole.<br />
<strong>Per</strong> catturarle e cercare <strong>di</strong> tradurle<br />
in forme da guardare con gli occhi,<br />
bisogna passarci attraverso, coglierne<br />
i dettagli e scoprirne gli intrecci;<br />
oppure entrarci – letteralmente, come<br />
nei boschi <strong>di</strong> Fontainebleau – e lasciare<br />
che tutti i sensi, non soltanto la<br />
vista, siano allertati dai gorghi messi<br />
in movimento dal sublime <strong>di</strong> <strong>un</strong>a modernità<br />
già perduta. […]<br />
La collocazione <strong>di</strong> opere d’arte in<br />
ambienti carichi <strong>di</strong> <strong>un</strong>a recente storia<br />
produttiva, da questa molto connotati<br />
nell’ambiente e nell’atmosfera, è stata<br />
avviata a Roma, a partire dal 1997,<br />
nella Centrale Montemartini (il primo<br />
impianto pubblico che, nella Capitale,<br />
produceva energia elettrica; sorse ad<br />
inizio Novecento sulla via Ostiense).<br />
L’e<strong>di</strong>ficio <strong>della</strong> Centrale, architettonicamente<br />
pregevole (nella logica<br />
<strong>della</strong> rappresentatività urbana degli<br />
e<strong>di</strong>fici pubblici dell’epoca), ospita<br />
tuttora macchinari da decenni in <strong>di</strong>suso,<br />
quali: due motori <strong>di</strong>esel, ciasc<strong>un</strong>o<br />
con <strong>un</strong> albero <strong>di</strong> 81 tonnellate, l<strong>un</strong>go<br />
20 metri; <strong>un</strong>a turbina e <strong>un</strong>a caldaia,<br />
entrambe voluminose ed entrambe a<br />
vapore. Ai macchinari sono stati accostate<br />
circa quattrocento sculture<br />
antiche, rinvenute durante gli scavi<br />
<strong>di</strong> fine Ottocento e degli anni Trenta<br />
e che, poi, erano state collocate nei<br />
Musei Capitolini.<br />
L’allestimento <strong>della</strong> Collezione sottolinea<br />
il dualismo tra le due logiche<br />
del materiale esposto: l’utilitaria <strong>di</strong><br />
spazio e macchinari e l’aulica delle<br />
opere d’arte, ovvero il contrasto tra<br />
masse metalliche con lamiere e bulloni<br />
e delicato mo<strong>della</strong>to dei marmi<br />
antichi.