Anteprima pdf - Pedagogika
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<strong>Pedagogika</strong>.it/2012/XVI_4/Cultura/A_due_voci<br />
Lars Gustafsson è un bravo e pensoso scrittore<br />
svedese, nato nel ’36, di cui Iperborea<br />
ha tradotto diversi romanzi di meritato successo.<br />
L’ultima sua pubblicazione nella nostra<br />
lingua è Le bianche braccia della signora<br />
Sorgedahl, un testo che iscriverei all’intero<br />
di quella letteratura “agée” del dono. Un exprofessore<br />
di filosofia a Oxford s’interroga sul<br />
suo angosciante vissuto, quello cioè di non<br />
avere avvertito il senso della sua esistenza, del<br />
suo esserci nel proprio corpo, nel mondo.<br />
Era effettivamente nato?, è questa la dolorosa<br />
domanda con cui si apre il romanzo. E cosa<br />
gli ha regalato poi il senso di un esserci? Il<br />
protagonista del romanzo si guarda alle spalle,<br />
fruga tra pensieri e ricordi alla ricerca di<br />
quell’atto che gli ha restituito a posteriori il<br />
senso di una nascita, lui ossessionato com’era<br />
dalla ricerca di un posto, collocazione che lo<br />
legasse alla vita, sino a dare a quest’ultima il<br />
suo potere sulla morte e sull’inconsistenza,<br />
quantomeno durante la vita stessa. Come o<br />
dove reperire, allora, quest’evento particolare?<br />
L’infelicità e la solitudine erano le fedeli<br />
compagne del protagonista nella sua giovinezza.<br />
Poi, finalmente, un incontro, a tutti<br />
gli effetti, salvifico, quello con una donna di<br />
vent’anni più grande, la signora Sorgedahl:<br />
“era bella? Ricordo i suoi capelli rossi e le sue<br />
mani bianche mani morbide mentre accarezzava<br />
delicatamente il dorso del gatto acciambellato<br />
sulle mie ginocchia. Certo che era bella,<br />
molto bella. La cosa più bella che avessi mai<br />
visto”. Moglie di un ingegnere “insignificante”,<br />
lei è una donna italiana (o, forse, ticinese,<br />
mah?). Il protagonista se ne innamora e lei,<br />
lei… Quel che era destinato ad accadere, accade,<br />
in una sera d’aprile, con buona pace di<br />
T. S. Eliot. Possedere totalmente una donna,<br />
godere di lei, con lei: “Vedere, prima vedere<br />
ma poi percepire, tutte le sue risposte sempre più<br />
intense a tutto quello che riuscivo a inventarmi<br />
e a fare con il suo corpo”. Aggiunge Gustafs-<br />
(o i propri fantasmi?) cerca di sistemare<br />
gli eventi in una ricerca di coerenza,<br />
ma il ricordo duplica l’evento, gli restituisce<br />
un senso altro collocandolo nel<br />
tempo. Il tempo di cui Proust andava<br />
alla ricerca viene qui sezionato, quasi<br />
in una nuova contrapposizione tra<br />
analitici e continentali, se ne cercano<br />
gli snodi, attraverso artifici retorici che<br />
fanno riferimento al campo scientifico<br />
si cerca di trattenerlo di dargli una dimensione<br />
(si veda il capitolo Il funerale<br />
del cosmologo) dove il lavoro di scrittura<br />
sembra riprendere il tentativo di<br />
Strindberg, che lo stesso Gustafsson in<br />
un’intervista così definisce:“In Inferno,<br />
Strindberg non descrive tanto una crisi<br />
personale, quanto la crisi di una visione<br />
del mondo che si condensa nel delirio.<br />
Ma prova, prova a cartografare un’altra<br />
descrizione del mondo... Nell’Inferno di<br />
Stringberg, quindi, come lei ha scritto,<br />
la cosa più sconcertante che si possa riconoscere<br />
è che dietro il velo del delirio,<br />
tutto sembra rispondere al richiamo del<br />
vero”. Allora le digressioni filosofiche<br />
non sono solo digressioni, cercano<br />
piuttosto di rendere conto del rapporto<br />
tra la visione del mondo di oggi e<br />
l’esistenza del singolo, di come questa<br />
sia influenzata dai risultati della scienza,<br />
dalla visione del mondo plasmata e<br />
diffusa dalla scienza.<br />
Ma s’incontra anche altro in questo lavoro<br />
di scavo “tutt’a un tratto, nel mezzo<br />
dell’inquietudine, della sofferenza e<br />
dell’estasi di quella famosa estate, avevo<br />
trovato una crepa che sembrava portare<br />
dentro me stesso… Che cosa è più naturale<br />
da immaginare, più a portata di<br />
mano, del credere che io esisto presso l’altro<br />
allo stesso modo in cui esisto in me<br />
stesso? Ma non dev’essere così”.<br />
Cultura 101