Anteprima pdf - Pedagogika
Anteprima pdf - Pedagogika
Anteprima pdf - Pedagogika
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>Pedagogika</strong>.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi<br />
104<br />
Angelo Villa<br />
La mano nel<br />
cappello.<br />
Psicoanalisi ed<br />
handicap grave<br />
Stripes Edizioni, Rho<br />
(MI), 2009, pp. 183,<br />
€ 16,00<br />
Un criceto nella ruota, una mano nella gabbia.<br />
Sostenere un incontro impossibile.<br />
Mi chiedevo ragione, mentre leggevo il libro<br />
di Angelo Villa, di una sorta di difficoltà o disagio<br />
che avevo avvertito mentre percorrevo le<br />
prime pagine del testo e che di tanto in tanto<br />
riemergeva, come per non consentirmi di<br />
avanzare troppo rapidamente, spingendomi<br />
a soffermarmi un po’ per guardare meglio e<br />
non dare per scontato il panorama. Un libro<br />
chiaro, scritto anzi con un gusto da narratore,<br />
che talvolta può far sentire il lettore come di<br />
fronte ad un romanzo: come andrà a finire?<br />
Non erano certo un linguaggio troppo astratto<br />
o specialistico, o un argomentare intricato,<br />
o un mio disaccordo con i concetti espressi a<br />
farmi esitare. Al contrario. Dunque cosa?<br />
È con questo interrogativo come guida che tenterò<br />
di dire qualcosa del lavoro di Villa, consapevole<br />
del fatto che - probabilmente per un fatto<br />
più di stile, di modo d’interrogazione, che di sostanza<br />
- qualunque tentativo di entrare nel merito<br />
dei “concetti” non gli renderebbe giustizia.<br />
La mano nel cappello è un libro scritto attorno<br />
all’esperienza quotidiana, si potrebbe dire<br />
anche alla contingenza. Una precisa, approfondita,<br />
talvolta dura indagine della pratica<br />
che mira a interrogarne ogni aspetto: i piccoli<br />
particolari che divengono abitudini condivise,<br />
come i piccoli o grandi soprusi, talvolta rimasti<br />
persino inavvertiti, persi negli automatismi<br />
del fare di ogni giorno, i buoni luoghi comuni<br />
di “integrazione” e “autonomia”, l’affaccen-<br />
darsi riabilitativo che talvolta non lascia spazio<br />
ad altro, satura ogni cosa, non consentendo di<br />
dare accoglimento e ascolto al soggetto, il ruolo<br />
di tutto questo nel mascherare la posizione<br />
dell’operatore, o più in generale del “normale”,<br />
i suoi imbarazzi, le sue difficoltà, la sua<br />
impotenza di fronte all’abisso che lo separa<br />
dal disabile che vorrebbe aiutare.<br />
Il lavoro di Angelo Villa non è una lettura comoda;<br />
punta senza sconti alle finte ovvietà che<br />
minano la pratica, che fanno lievitare l’imbarazzo<br />
da cui vorrebbero proteggere, che aumentano<br />
il disagio (del normale come del disabile) proprio<br />
con quelle azioni, spesso troppe, con cui si<br />
vorrebbe mettere quel disagio in disparte. Come<br />
pensare ad un’autonomia proprio là dove le azioni<br />
stesse, o i giudizi, o i buoni propositi dell’operatore<br />
riempiono ogni spazio, facendo coincidere<br />
l’agire del disabile “riabilitato” con il volere<br />
del normale che educa? Come pensare un’autonomia<br />
senza separazione, se è il normale stesso<br />
a “incollare” il suo giudizio e le sue aspettative<br />
a ciò che chiede al disabile, a voler modellare la<br />
vita di quest’ultimo sulla sua? Si tende appunto<br />
a non pensarla perché, se si tentasse, si finirebbe<br />
per vedere che non ve ne è una la logica; ma proprio<br />
lì sta l’intoppo: posta la domanda una volta,<br />
calata nel proprio quotidiano di “normale”, nulla<br />
si può più dare per scontato e l’interrogativo ha<br />
un costo, brucia, scava.<br />
Eccoci dunque tornati a quella certa scomodità,<br />
difficoltà, disagio di cui avevo fatto accenno<br />
qualche riga sopra. Si tratta solo di questo?<br />
Una lettura che può spingere a interrogativi<br />
scomodi, là dove ci sarebbe stata una certa carenza<br />
nel porsene? Può essere, se è da questa<br />
posizione che si parte.<br />
Vi è probabilmente altro da considerare, tanto<br />
più che La mano nel cappello non è un gesto di<br />
accusa o polemica; nonostante le considerazioni<br />
precedenti, non si avverte nel testo un desiderio<br />
di “mettere il dito nella piaga”, ma piuttosto di<br />
interrogare veramente, senza sconti, l’umanità