Anteprima pdf - Pedagogika
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<strong>Pedagogika</strong>.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi<br />
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che ci lasciano insoddisfatti, con un senso spiacevole<br />
di non essere stati in grado di esprimerci,<br />
di poter stare vicini alla persona che ha subito<br />
la perdita. A volte ci limitiamo ad un abbraccio<br />
timido, impacciato, quasi che il gesto potesse<br />
sostituire le parole che non troviamo, che abbiamo<br />
faticosamente cercato rinunciando perché<br />
ne coglievamo l’insufficienza.<br />
Sembra che le parole non siano in grado di<br />
colmare la distanza che ci separa dagli altri,<br />
che la suddivisione tra “noi” e “loro” sia incolmabile.<br />
“Ci siamo noi, puliti e ordinati, risparmiati,<br />
e intorno a noi il cerchio dei lebbrosi,<br />
degli irradiati, dei naufraghi regrediti allo<br />
stato di selvaggi. Soltanto il giorno prima erano<br />
come noi, noi come loro, ma a loro è accaduto<br />
qualcosa che a noi non è accaduto e adesso apparteniamo<br />
a due umanità distinte”.<br />
Durante le feste di Natale del 2004, Emmanuel<br />
Carrère è in vacanza con la famiglia in Sri Lanka.<br />
Sono i giorni in cui lo tsunami devasta le coste<br />
del Pacifico: tra le migliaia di morti c’è anche<br />
Juliette, la figlia di quattro anni di una coppia<br />
di francesi a cui Carrère – accidentale testimone<br />
dello strazio di una famiglia – si lega. Qualche<br />
mese dopo, al ritorno in Francia, un altro lutto:<br />
la sorella della compagna dello scrittore – che casualmente<br />
si chiama anche lei Juliette – ha avuto<br />
una ricaduta del cancro che già da ragazza l’aveva<br />
colpita rendendola zoppa. Ha trentatré anni, un<br />
marito che adora, tre figlie, un lavoro come giudice<br />
schierato dalla parte dei più deboli, e sta morendo.<br />
Da questi eventi parte il testo di Carrère,<br />
da questo incontro con la perdita che divide: noi<br />
siamo ancora qui insieme, possiamo abbracciarci<br />
e contarci senza timore. L’evento tragico ha introdotto<br />
una cesura, per loro nulla sarà come prima,<br />
noi possiamo contare su una continuità con<br />
il prima. Di qui partono le “Vite che non sono<br />
la mia”, dal poter raccontare, dal poter trovare le<br />
parole in una distanza minima ma incolmabile,<br />
dal pensare di poter condividere e nel contempo<br />
in questo atto misurare una distanza enorme,<br />
come quella che misura Philippe, che si ritiene<br />
parte dei pescatori grazie alla sua lunga frequentazione<br />
di quei luoghi in Sri Lanka, ma si ritrova<br />
respinto pur credendosi uno di loro.<br />
L’uso dei tempi nel racconto scandisce questa<br />
operazione, al tempo indicativo presente della<br />
cronaca si contrappone l’imperfetto della necessità<br />
di arrendersi all’accaduto. Ad un passato che<br />
non passa, prolungando la sua ombra sul presente,<br />
si contrappone una necessità che consegni<br />
alla memoria l’evento, operazione imperfetta,<br />
che non si può fare senza residui, senza strascichi<br />
che come cicatrici segnano di nuovo il presente.<br />
Tempi che separando l’evento collocano nell’oggi<br />
l’accaduto e nello ieri l’azione interna, consegnando<br />
al passato la propria storia vissuta sino a<br />
quel momento; si fondono e si sovrappongono<br />
nella narrazione, in cui l’uso dei tempi grammaticali<br />
cerca di introdurre un ordine possibile, una<br />
necessità di poter dire e andare oltre.<br />
Sfuggendo a rappresentazioni retoriche catastrofiste<br />
che sconfinerebbero nell’horror,<br />
Carrère ci rappresenta l’arrivo dell’onda gigantesca,<br />
ma il senso dell’evento ci viene restituito<br />
attraverso il silenzio che cala dopo, la ricerca<br />
di notizie, il vagare a vuoto, l’essere confinati<br />
in assenza di informazioni che possano rendere<br />
conto, raccontare, trovare parole. L’evento<br />
è muto, è accaduto e lascia ora gli strascichi<br />
delle perdite, del dolore che separa.<br />
Al ritorno a Parigi arriva la notizia che Juliette,<br />
la sorella della moglie, è ammalata di tumore e<br />
sta morendo. Il dolore che sembrava lontano<br />
fa irruzione nella vita dell’autore, lo costringe a<br />
fare i conti con questa dimensione dell’esistenza,<br />
a cercare attraverso la scrittura di colmare<br />
questa distanza, a trovare le parole per osare dirne<br />
qualcosa: la vita, la morte, l’amore e il dolore<br />
come elementi essenziali della nostra esistenza<br />
si snodano nel testo. Una storia che cerca di riannodare<br />
i fili prima che sia troppo tardi, prima<br />
che si perda memoria, che le orme sbiadiscano<br />
sino ad essere introvabili.