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PERCHE` NON LEGGERE DIVERSAMENTE? La lettura del ...

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Se si applica questo assioma alla S. Scrittura, si può affermare che la<br />

maniera più pericolosa di leggerla consiste proprio nel lasciarsi guidare dal<br />

dinamismo <strong>del</strong>l'evento raccontato. In questo senso la dimensione «narrativa»<br />

rappresenta il primo ostacolo ad una esegesi più profonda. Così, per fare un<br />

esempio, la dinamica <strong>del</strong>la «passione» di Gesù impedisce a molti di cogliere<br />

l'immagine di un Gesù che non porta mai la croce sulle spalle (solo Giovanni<br />

pare alludervi); oppure che nella narrazione lucana egli non porta i segni <strong>del</strong>le<br />

battiture e la corona di spine. Il primo consiglio per chi vuole applicare il mio<br />

metodo è allora questo: bisogna eliminare per quanto è possibile l'effetto<br />

«filmato» e attuare una serie di «fotografie di scena».<br />

<strong>La</strong> <strong>lettura</strong>, in funzione <strong>del</strong> nostro metodo, deve consistere in un registrare,<br />

anodino ma preciso, con una continua apertura e chiusura di angolare, con un<br />

continuo «zoomare» sull'immagine per mettere a fuoco i particolari (13).<br />

(13) Qualsiasi cosa appartenga alla scena deve essere rilevato, perché potrà<br />

essere utile. In questo senso bisogna ricordare che non deve cadere <strong>del</strong>la<br />

Scrittura ne una lettera ne un suono (iota e apice come segni diacritici di<br />

vocalizzazione).<br />

Facciamo un esempio. Nel racconto <strong>del</strong>la moltiplicazione dei pani (Mc., Gv.<br />

e primo racconto di Mt.) la foto di scena registra un particolare che sembra<br />

insignificante: la presenza, in quello che vien chiamato 'deserto', di una folta<br />

erba. Questo particolare manca, invece, nel secondo racconto di Matteo e nel<br />

Vangelo di Luca. Provi il lettore a chiedersi il perché di questo fatto e richiami,<br />

per orientarsi ad una soluzione, la diapositiva scattata sul racconto genesiaco<br />

dove si parla <strong>del</strong> primo atto vitale <strong>del</strong>la terra: la nascita <strong>del</strong> manto erboso. Non<br />

proseguiremo ora più oltre, perché vogliamo che il lettore colga solo il<br />

riferimento fra le due immagini che pure appartengono a libri molto distanti tra<br />

loro. Una distanza che non spaventava i Padri greci, ma fa difficoltà a chi è<br />

ipnotizzato dalla 'diacronia’, dei testi.<br />

<strong>La</strong> fotografia di scena, che rappresenta il primo momento <strong>del</strong>la indagine, va<br />

fatta in forma di diapositiva, cioè tale da potersi «illuminare» e «sovrapporre»<br />

ad un'altra. <strong>La</strong> luce verrà dal testo stesso, al quale chi medita deve pur<br />

riconoscere una autonoma vitalità. C'è o non c'è in esso lo Spirito? Fuor di<br />

metafora, sottolineo che non esiste, a mio giudizio, nessun metodo che per vie<br />

obiettive (ad esempio letterarie o storiche) sia capace di rivelare il contenuto<br />

spirituale <strong>del</strong> testo. Tutti i metodi che suggerisco tendono, in sostanza, a far<br />

parlare il testo e non a possederlo. Tornando al traslato, potremmo dire che la<br />

diapositiva scattata sul testo ha una sua fosforescenza, ha la capacità di<br />

lampeggiare e di instaurare così un colloquio, da maestro a discente. .<br />

Fotografare dunque, ma nello Spirito. L'espressione potrà anche apparire<br />

vuota a chi è schiavo <strong>del</strong>la scienza umana, ma riflette l'esperienza vissuta da<br />

chi dialoga con Dio nella sua rivelazione. <strong>La</strong> meditazione diventa, allora, una<br />

operazione complessa e dinamica che dialettizza sempre e comunque quattro<br />

poli: Dio, l'uomo, il Libro ed il prossimo.<br />

Immagine semplice, complessa, profonda

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