AA.VV., I FORI IMPERIALI & IL COLOSSEO - Rome - The Imperial Fora
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La conversione in chiesa e gli interventi successivi non alterarono i livelli e la morfologia dell’edificio<br />
dioclezianeo, la decorazione pittorica si inserì in spazi circoscritti, come le nicchie e brevi tratti<br />
di parete, senza stravolgere il preesistente rivestimento in opus sectile.<br />
La restituzione 3D della chiesa e la visualizzazione delle sue pitture nella fase altomedievale è<br />
stata articolata in otto viste, messe a punto da chi scrive in collaborazione con Manuela Viscontini,<br />
Valeria Valentini e l’architetto Gianni Di Benedetto, seguendo la metodologia sperimentata, a partire<br />
dal 2006, per l’elaborazione dei volumi del progetto “Atlante. Percorsi visivi (La pittura medievale a<br />
Roma, 312-1431. Corpus e Atlante)”, diretto da Maria Andaloro.<br />
La decorazione dioclezianea in opus sectile delle pareti, che restò in opera fino alla metà del XVII<br />
secolo, è stata ricostruita grazie alla consulenza di Alessandro Viscogliosi e Paola Zampa, sulla base<br />
di un disegno (post 1515) attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546), scoperto da<br />
Rodolfo Lanciani in un codice berlinese, oggi conservato presso il Kupferstichkabinett. L’assetto altomedievale<br />
dell’aula è stato invece ricreato attraverso lo studio della documentazione grafica e fotografica<br />
dei lavori condotti da Bartoli negli anni 1932-1937, conservata presso gli archivi della SSBAR, e<br />
sulla base del lavoro imprescindibile di Adele Mancini, pubblicato nel 1968.<br />
Per quanto riguarda la decorazione pittorica dell’edificio, va evidenziato che l’interno della chiesa<br />
altomedievale non accolse un programma iconografico unitario, ma degli interventi pittorici isolati,<br />
indipendenti gli uni dagli altri e caratterizzati dalla presenza di figure di committenti e donatori,<br />
ritratti o ricordati in iscrizioni pictae. Queste pitture, pressoché ignorate dalla storiografia e databili<br />
tra VIII e X secolo, sono oggi in uno stato frammentario, con una superficie pittorica depauperata<br />
che ne rende ardua la lettura. Obiettivo primario della ricerca è quello di rendere leggibile ciò che<br />
ineluttabilmente sta scomparendo sulle pareti della Curia, di registrare ogni minima traccia, di riconoscerla<br />
e arrivare a ricostituire il tessuto figurativo di cui era parte integrante, attraverso un lavoro<br />
di decodifica attento a non varcare mai la soglia dell’invenzione.<br />
Particolare attenzione è stata dedicata alle iscrizioni pictae conservate all’interno dei diversi contesti<br />
pittorici, che si sono rivelate documenti utili alla definizione del panorama socio politico di Roma<br />
tra VIII e IX secolo. In questa sede vorrei portare l’attenzione su due dei dipinti murali analizzati.<br />
Il primo, datato da Bartoli agli anni di Adriano I (772-795), è conservato alla base della seconda<br />
nicchia della parete nord-ovest. Nel riquadro si legge la figura di Cristo affiancata da un santo e da<br />
una santa, nei quali ho proposto di riconoscere i santi Adriano e la moglie Natalia. Ai piedi delle tre<br />
figure stanti sono ritratti quattro piccoli personaggi inginocchiati, dalle sembianze due maschili e<br />
due femminili. Accanto alla figura a sinistra dei piedi di Cristo è rimasta un’iscrizione letta da Bartoli<br />
come: Gaiferius consul et dux. Un’attenta analisi di quanto resta del titulus ha indotto a proporre una<br />
nuova trascrizione: Constan/t[inu]s con/s[u]l. La parola dux è oggi scomparsa. Constantinus, donatore<br />
del pannello iconico, si è fatto qui ritrarre in compagnia della moglie e dei figli, emulando probabilmente<br />
il più famoso primicerius Teodoto, committente della cappella dei Santi Quirico e Giulitta<br />
nella vicina Santa Maria Antiqua.<br />
Bartoli ed altri hanno riconosciuto nel consul e dux Gaiferius, ora Costantinus, un personaggio di rango<br />
senatorio, la cui presenza avvalorerebbe l’ipotesi che, nell’VIII secolo, l’aula fosse usata come chiesa e ancora<br />
come sede del Senato. In base agli studi più recenti di Brown, Arnaldi e Bulgarella, tuttavia, è assodato<br />
che il Senato romano, in quanto istituzione, fosse entrato in crisi negli anni della guerra goto-bizantina<br />
(535-553), per uscire di scena durante il pontificato di Gregorio Magno (590-604). Nella seconda metà<br />
dell’VIII secolo il termine senatus riappare nelle epistole diplomatiche papali, ma con un’altra identità<br />
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