AA.VV., I FORI IMPERIALI & IL COLOSSEO - Rome - The Imperial Fora
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ci si rende conto che le assenze pesano tanto quanto le presenze. Si avverte ad esempio la mancanza<br />
della traduzione a stampa del Ritratto di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che costituisce uno<br />
dei pezzi più belli dei disegni della Marucelliana. Allo stesso modo sembra inspiegabile l’assenza di<br />
Annibale e Agostino Carracci. Ma tra i pittori, Caravaggio e Annibale non sono gli unici a mancare<br />
l’appuntamento con la stampa: accanto all’omissione di questi grandi personaggi, si registra l’assenza<br />
dei ritratti dei pittori che, quantomeno ai nostri occhi, appaiono più strampalati nel contesto dei<br />
Virtuosi di primo Seicento: i malnoti Girolamo Nanni, Domenico Ambrosino. Alla stessa stregua<br />
anche tra i matematici si registra l’assenza di Cristoforo Scheiner, il cui astro tramontò velocemente.<br />
Stando a queste considerazioni, con il senno di poi, e la critica di Giovan Battista Bellori in testa, la<br />
scelta dei ritratti dei pittori destinati alla stampa, e dunque ad una maggior divulgazione, sembrerebbe<br />
criticamente più canonica di quanto non appaia l’album della Marucelliana, sicché ad oggi non mi sembra<br />
che si possa pacificamente affermare che si avesse in mente una pubblicazione del volume in quanto tale,<br />
a meno di non prendere alla lettera il Baglione che narra della prematura morte di Ottavio, intossicato dai<br />
materiali utilizzati per creare le lastre incise, e dunque immaginare il lavoro interrotto sul più bello.<br />
Dal punto di vista della storia della critica dell’arte, la scelta dei Virtuosi appare, come si è accennato,<br />
a dir poco singolare. Se Annibale e Agostino Carracci, seguiti da Caravaggio, dal Cavalier<br />
d’Arpino e da Giovanni Baglione, collegano immediatamente il pensiero di chi ha composto questi<br />
fogli a quello di Giovan Battista Agucchi, di Vincenzo Giustiniani e di Giulio Mancini, dunque a<br />
un’egemonia culturale e figurativa che godeva di un riconoscimento universale. Se Antonio Tempesta<br />
e Cristoforo Roncalli rappresentavano due dei pittori più prolifici dell’Urbe nei primi decenni del<br />
Seicento, ci si chiede cosa facciano i poco noti Gerolamo Nanni e il semisconosciuto Domenico<br />
Ambrosini tra cotanto senno. D’altra parte i Ritratti di Simon Vouet e di Guercino raccontano di<br />
un mondo che non è più lo stesso di quello di Caravaggio e dei suoi patroni, cui fanno invece riferimento<br />
i pittori elencati.<br />
Analizzando poi gli scultori – il padre di Ottavio, Ludovico Leoni, un giovanissimo Gian Lorenzo<br />
Bernini e Marcello Provenzale, intrinseco di Ottavio, tanto da essere nominato suo esecutore testamentario<br />
– è chiaro che siamo al cospetto di un album di famiglia. Questi fogli sembrano dunque<br />
raccontare il mondo di Ottavio, e le scelte culturali che dovevano governarlo.<br />
Spostando l’attenzione sulle date, questo testo viene a collocarsi agli esordi della critica romana del<br />
Seicento, e costituisce un punto di vista straordinariamente autonomo rispetto a quella che oggi ci<br />
aspetteremmo come la scena artistica romana dell’epoca di Ottavio. Invano<br />
si cerca infatti una posizione critica tra quelle della Roma seicentesca a cui il<br />
testo possa far riferimento.<br />
Va innanzitutto tenuto presente che, se si tiene per buono il 1615-1645<br />
come intervallo cronologico per l’assemblaggio dei disegni, i testi relativi alla<br />
storia delle arti figurative a Roma erano davvero limitati. A stampa era apparso<br />
soltanto la Pittura trionfante del Gigli, che comunque non uscì a Roma,<br />
ma a Venezia. Il Trattato dell’Agucchi non vide mai la luce, la Lettera sulla<br />
pittura di Vincenzo Giustiniani fu pubblicata per la prima volta nel 1675 e<br />
le Considerazioni sulla pittura di Giulio Mancini, vennero date alle stampe<br />
soltanto a metà del Novecento. L’unico progetto critico in grande scala, dunque,<br />
era rappresentato dalle Vite del Baglione, composte intorno al 1635, che<br />
uscirono a Roma nel 1642. In ogni caso l’eclettismo delle biografie baglionesche<br />
Fig. 3 – Ottavio Leoni,<br />
Autoritratto di spalle (Firenze,<br />
Biblioteca Marucelliana)<br />
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