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ALIMENTI SICURI - Consumatori - Coop

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Chi fa i controlli<br />

A Parma c’è la struttura europea, manca quella italiana<br />

consumatori<br />

Il rischio dell’influenza aviaria, la contaminazione<br />

del latte per bambini hanno focalizzato l’attenzione<br />

dell’opinione pubblica sulle strutture adibite<br />

alla sicurezza alimentare. In Italia il compito di<br />

vigilare è affidato a 13 istituzioni che dipendono<br />

da tre ministeri (Salute, Politiche Agricole e<br />

Finanze). Tra le più note ci sono i NAS, anche<br />

se in realtà l’azione più sistematica è svolta dal<br />

Servizio Veterinario delle Asl e dall’Ispettorato<br />

Centrale Repressioni Frodi. Nel 2002 (si tratta dei<br />

dati più recenti a disposizione) i 13 controllori<br />

hanno effettuato complessivamente 170 mila<br />

analisi e 720 mila controlli/ispezioni. C’è poi il<br />

problema dello scarso coordinamento tra gli<br />

organismi. Questa lacuna, insieme alla mancanza<br />

di accreditamento di alcuni laboratori e alle scarse<br />

risorse finanziarie, è evidenziata molto bene nei<br />

rapporti presentati all’Unione Europea in seguito<br />

ad ispezioni effettuate nel 2004 e nel 2005 dal<br />

FVO (Food and Veterinary Office).<br />

A livello europeo un ruolo decisivo è affidato all’Autorità<br />

europea per la sicurezza alimentare con sede<br />

precedenza sono pochissime. Le industrie<br />

serie hanno un piano nel cassetto<br />

che prevede accertamenti immediati<br />

all’interno e all’esterno, un<br />

programma per il recupero immediato<br />

dei lotti sotto accusa, l’attivazione<br />

di un ufficio stampa per comunicare<br />

con i media e i consumatori.<br />

Quando tutto questo manca i dirigenti<br />

delle industrie alimentari non<br />

sanno affrontare la situazione. Alcuni<br />

negano qualsiasi responsabilità, altri<br />

convocano gli stati generali e cercano<br />

di organizzarsi, perdendo tempo<br />

prezioso e provocando ricadute negative<br />

sul mercato con un inevitabile<br />

crollo delle vendite.<br />

Gli esperti di crisi sostengono che la<br />

situazione deve essere gestita subito<br />

con trasparenza, informando i consumatori<br />

e i media in modo corretto.<br />

Solo così e possibile evitare il caos.<br />

Le regole sono ormai conosciute, occorre<br />

creare nei primi sette giorni<br />

dello scandalo i presupposti per ridurre<br />

gli effetti negativi e preparare<br />

il recupero.<br />

In tutti gli scandali alimentari alla<br />

fine si crea una situazione in cui colpevoli<br />

e innocenti, consumatori, produttori<br />

e distributori si trovano tutti<br />

insieme in un girone infernale, dove<br />

maggio 2006<br />

in primo piano<br />

diventa difficile distinguere la frode<br />

commerciale dalla sofisticazione, il<br />

danno economico dal pericolo per la<br />

salute e dove tutti parlano di rischio<br />

ma pochi sanno quantificarlo. Anche<br />

la vicenda del grano duro canadese<br />

contaminato da ocratossina, una sostanza<br />

tossica prodotta da un fungo,<br />

costituisce un altro esempio di catti-<br />

13<br />

a Parma (EFSA), che ha il compito valutare i rischi<br />

e fornire informazioni obiettive e tempestive in<br />

base alle considerazioni di esperti e studi scientifici<br />

internazionali. Per l’influenza aviaria l’EFSA ha invitato<br />

i cittadini a fare l’unica cosa sensata: seguire le<br />

normali regole di igiene (cuocere con cura la carne<br />

di pollo e lavarsi le mani dopo avere maneggiato<br />

uova e volatili). Per la questione dell’ITX nel latte<br />

l’EFSA ha considerato “la presenza inopportuna<br />

ma, non ha ritenuto probabile un rischio immediato<br />

per la salute in base ai livelli di contaminazione”.<br />

Il terzo elemento su cui ruota la sicurezza europea<br />

è il sistema di allerta (RASFF). Quando una nazione<br />

individua un prodotto alimentare pericoloso, lo<br />

comunica a Bruxelles. L’informazione viene diffusa<br />

in rete ogni settimana attraverso un bollettino<br />

che raccoglie 20-30 prodotti da ritirare in tutti gli<br />

stati europei perché non conformi. La situazione<br />

Italiana è un po’ paradossale perché ospitiamo a<br />

Parma l’EFSA, che raccoglie le agenzie per la sicurezza<br />

alimentare dei vari paesi dell¹Unione, senza<br />

avere una nostra struttura nazionale equivalente.<br />

va informazione. La storia è assolutamente<br />

vera ed è molto grave, ma ci<br />

sono degli aspetti da chiarire altrimenti<br />

la gente avanza dubbi anche<br />

sulla pasta.<br />

Gli addetti ai lavori e gli analisti sapevano<br />

che nonostante la presenza di<br />

grano canadese contaminato, la pasta<br />

italiana era in regola. Il motivo è<br />

semplice. Nel processo di molitura la<br />

parte più esterna del chicco viene rimossa<br />

e il grano perde il 60% delle<br />

ocratossine eventualmente presenti.<br />

La farina canadese è stata comunque<br />

miscelata a quella italiana in quantità<br />

minime (5/10%), riducendo ulteriormente<br />

l’ocratossina nel prodotto finito.<br />

Alla fine di questo processo industriale<br />

la pasta si presenta con un<br />

contenuto inferiore di contaminanti<br />

rispetto ai limiti di legge e può essere<br />

commercializzata, come dimostrano<br />

le prove effettuate da Altroconsumo<br />

subito dopo lo scandalo.<br />

Certo la sofisticazione esiste e le autorità<br />

devono perseguire i colpevoli,<br />

ma ai consumatori va detto chiaramente<br />

che gli spaghetti italiani sono<br />

buoni. Se ci si ferma alla prima notizia,<br />

come hanno fatto in molti, l’immagine<br />

della pasta italiana viene intaccata<br />

senza motivi validi.<br />

continua a pagina 15 >

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