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ALIMENTI SICURI - Consumatori - Coop

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di Aldo Bassoni<br />

rubricag in primo piano<br />

Tu chiamale se vuoi<br />

CORPORA<br />

Qualcuno le definisce corporazioni, altri caste. Per il<br />

nostro ordinamento legislativo si chiamano “ordini<br />

professionali”. I perfezionisti preferiscono chiamarle<br />

“professioni liberali”. Ma per la gente comune sono gli<br />

ingegneri che ci progettano le case, i notai che ne certificano<br />

la compravendita, i ragionieri e i commercialisti che le<br />

amministrano, gli avvocati, i giornalisti, i medici e i farmacisti.<br />

Oltre un milione e ottocentomila professionisti rigorosamente<br />

inquadrati nella loro casella iper regolamentata<br />

dal nume tutelare statale. Un’anacronistica anomalia in cui<br />

l’Italia eccelle dando origine a quelle famose “rendite di posizione”<br />

fonti di tanti vizi e poche virtù. I vizi di un sistema<br />

di privilegi che frena lo sviluppo e di “caste” che limitano la<br />

concorrenza. Dalle esclusive e spesso ereditarie prerogative<br />

di notai e farmacisti, alle rigide chiusure di alcune professioni<br />

a cui è quasi impossibile accedere, l’eccessiva regolamentazione<br />

degli ordini colpisce i bilanci di famiglie e imprese,<br />

frena la modernizzazione del sistema economico e<br />

sociale, ingabbia tariffe e servizi dentro armature protezionistiche<br />

inossidabili. Chi va alla disperata ricerca di una<br />

farmacia nel proprio quartiere, forse non sa che più della<br />

metà dei farmacisti non hanno una farmacia.<br />

Chiediamoci perché una parte cospicua del mutuo per l’acquisto<br />

della casa debba andare nelle tasche del notaio. E per<br />

quale motivo le cause civili in Italia devono costare il doppio<br />

rispetto alla media europea. Quello che serve è una legge<br />

di riforma degli ordini che dia respiro alle potenzialità<br />

del mercato, lo liberi dalle incrostazioni e lo aiuti a diventare<br />

più dinamico e moderno». Lo dicono tutti. Quelli che<br />

la riforma la vogliono radicale e quelli che sono disposti a<br />

qualche generosa concessione. Ma per ora non si è andati<br />

oltre una nuova normativa di accesso agli albi che supera<br />

finalmente la vecchia legge fascista del 1938 con la sua<br />

scandalosa prescrizione totalitaria che imponeva la “spec-<br />

maggio 2006<br />

20<br />

chiata condotta morale e politica” dei candidati.<br />

La presenza di una regolamentazione eccessiva impedisce<br />

fra l’altro la libera circolazione dei servizi in Europa. Come<br />

ha scritto Giuseppe Nicoletti, direttore della divisione per<br />

l’analisi delle politiche strutturali nel dipartimento economico<br />

dell’OCSE, «mentre le imprese devono continuamente<br />

migliorare l’efficienza dei propri processi e la qualità e<br />

varietà dei prodotti per fare fronte alla concorrenza estera, i<br />

prestatori di servizi possono farne sovente a meno perché<br />

sono protetti dalle forti barriere alla concorrenza create dagli<br />

ostacoli regolamentari e amministrativi». Secondo le<br />

stime della Commissione europea, se i servizi potessero circolare<br />

liberamente sull’intero territorio dell’Unione, l’Italia<br />

potrebbe usufruire di un aumento fino al 30 per cento dei<br />

servizi scambiati con altri paesi a costi inferiori. Ma sono<br />

decenni che se ne parla, e ancora non ci siamo, nonostante<br />

le raccomandazioni dell’Unione Europea, le numerose e ripetute<br />

denuncie dell’Antitrust, i progetti di legge avviati e<br />

mai conclusi. Gli interessi in ballo sono enormi. Intanto milioni<br />

di professionisti sono in attesa di entrare nel mercato<br />

del lavoro. Come ha osservato l’economista Geminello Alvi,<br />

«gli ordini non vanno aboliti, ma ricondotti alla loro sana<br />

natura di associazioni liberali su base volontaria», superando<br />

cioè quella norma assurda che, per poter svolgere la professione,<br />

occorre l’iscrizione obbligatoria. Forse le associazioni<br />

potrebbero essere di più e più agili, con certificazioni<br />

di qualità e enti previdenziali diversi. «Le regole della concorrenza,<br />

infatti, non possono ritenersi incompatibili con<br />

l’esistenza delle libere professioni e degli ordini – sostiene<br />

Francesca Squillante a nome dell’Autorità garante della<br />

concorrenza e del mercato –. Al contrario, tali regole costituiscono<br />

uno strumento indispensabile per favorire un continuo<br />

rinnovamento del settore».<br />

La Commissione europea ha elaborato un indice sul livello<br />

di regolamentazione delle professioni negli stati dell’UE che<br />

ci colloca al secondo posto dopo la Grecia. Tra il 2004 e il<br />

continua a pagina 23 >

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