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IL CONTO APERTO una premessa - Centro Studi Ettore Luccini

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dizione tra loro – sono senz’altro il libro<br />

di Gianfranco Stella, “1945. Ravennati<br />

contro”, e un capitolo specifico in un altro<br />

volume lugubremente di parte, “I<br />

giorni di Caino” di Antonio Serena, oggi<br />

senatore leghista.<br />

La prima cosa che fin dai titoli colpisce<br />

di queste denunce, è la tendenza ad riunire<br />

in un unico evento (La strage di Codevigo;<br />

L’eccidio di Codevigo; Codevigo: un<br />

mattatoio per “Bulow”; Codevigo, <strong>una</strong> strage<br />

ignorata; etc.) <strong>una</strong> serie di fatti distinti avvenuti<br />

in un presunto arco di tempo di<br />

circa due settimane e in località diverse.<br />

Vediamo comunque, partendo proprio<br />

dalle ricostruzioni menzionate, di fornire<br />

un quadro seppur approssimativo di quegli<br />

eventi, peraltro non dissimili da altri<br />

registrati nei mesi di aprile e maggio ‘45<br />

in diverse zone del Nord Italia.<br />

Dal più volte citato diario parrocchiale<br />

redatto in quei giorni da don Umberto<br />

Zavattiero, si apprende che dal 30 aprile<br />

e nella prima quindicina di maggio avvengono<br />

nella zona, “previo giudizio<br />

sommario”, <strong>una</strong> serie di uccisioni di fascisti<br />

da parte di “partigiani inquadrati<br />

nella divisione Cremona”. Le principali<br />

esecuzioni – forse tre – sarebbero avvenute<br />

di notte a colpi di mitra, lungo gli argini<br />

del Bacchiglione e del Brenta, e molti<br />

corpi sarebbero finiti per sempre nelle<br />

acque dei due corsi d’acqua 52 , mentre altre<br />

fucilazioni sarebbero state compiute<br />

in luoghi diversi di quel territorio.<br />

52 Analoghe modalità di esecuzione erano state<br />

già usate più volte dai fascisti che, ad esempio,<br />

in questo modo avevano fucilato sulle<br />

rive dell’Adige Alfredo Marzola e Bruno<br />

Enzo a Cavarzere; nei pressi di Castelbaldo,<br />

Diego Terrin, Gino Da Come, Severino Salandin,<br />

Alcide Segantin, Marco Franceschi,<br />

Lino Gianesella e, a Cavanella, la famiglia<br />

Baldin.<br />

materiali di storia, n. 13 - pagina 23<br />

L’aspetto più inquietante e atipico è<br />

che la maggioranza delle vittime sarebbe<br />

stata prelevate da tre presidii della Guardia<br />

Nazionale Repubblicana, e quindi<br />

condotta con camion a Codevigo da partigiani<br />

armati; dei tre presidii uno, quello<br />

di Candiana (Padova), era distante <strong>una</strong><br />

ventina di Km. da Codevigo mentre due<br />

erano dislocati in provincia di Verona, a<br />

Pescantina e a Bussolengo.<br />

Altra circostanza particolare è che questi<br />

presidii risultavano essere quasi completamente<br />

costituiti dagli effettivi –<br />

complessivamente circa 700 – del Battaglione<br />

Autonomo “Romagna” della<br />

GNR, ripiegato al Nord fin dalla seconda<br />

metà del ‘44 in seguito all’avanzata<br />

militare Alleata.<br />

5. Chi erano le vittime<br />

Prima di cercare di capire chi fossero<br />

le vittime delle esecuzioni sommarie avvenute<br />

nei dintorni di Codevigo, bisogna<br />

dire che ci sono pochissime certezze sul<br />

loro numero.<br />

Secondo quanto afferma Antonio Serena,<br />

“nel dopoguerra si parlerà di 365<br />

persone uccise in <strong>una</strong> decina di giorni”,<br />

ma lui stesso fornisce un elenco di solo<br />

98 nomi, spesso con dati anagrafici incerti<br />

o del tutto incompleti.<br />

A queste persone andrebbero aggiunte<br />

16 salme di ignoti, riprendendo quanto<br />

riportato sulla lapide dell’Ossario eretto<br />

all’interno del Cimitero di Codevigo, ove<br />

sono raccolti i resti delle salme riesumate<br />

tra il 1961 e il 1962 da diverse fosse comuni<br />

a Codevigo, Santa Margherita e<br />

Brenta d’Abba.<br />

Sull’identità delle vittime, Serena non<br />

sembra invece avere dubbi; ma davvero –<br />

come egli sostiene – “la stragrande mag-

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