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IL CONTO APERTO una premessa - Centro Studi Ettore Luccini

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DOCUMENTO N. 3<br />

NOI, VIOLANTE E L’USO PUBBLICO DELLA STORIA<br />

Intervento firmato dagli storici<br />

Tommaso Detti e Marcello Flores<br />

critico nei confronti<br />

del Documento n. 2.<br />

[“Il Diario della Settimana”]<br />

L’aspetto grave dell’uscita di Violante non è certo l’aver parlato delle foibe; e<br />

neppure di aver mostrato un disinvolto equilibrio nel contrapporle alla risiera di<br />

San Sabba. Questo è un giudizio storico da cui si può e a nostro avviso si deve dissentire,<br />

ma che non deve scandalizzare. La gravità consiste nel voler fare di quel<br />

confronto uno dei perni di <strong>una</strong> storia “unica”, “unitaria”, “condivisa” e quindi “ufficiale”.<br />

Per il presidente della camera vi è ovviamente un’equivalenza tra il sentirsi cittadini<br />

appartenenti alla stessa patria e avere medesima identità storica, visione del<br />

passato, memoria collettiva. Non potremmo sentirci più lontani da <strong>una</strong> simile impostazione:<br />

come storici e insegnanti di storia pensiamo che la ricerca della verità,<br />

cui tende ogni ricostruzione storica, non può che avvenire sollecitando <strong>una</strong> pluralità<br />

di interpretazioni e accogliendo in esse memorie diverse e contrapposte. Proprio<br />

per questo non ci convince neppure l’appello degli storici. E non già perché non dica<br />

cose pienamente condivisibili sul ruolo della guerra e del fascismo nell’aver preparato<br />

il clima di terrore entro cui si manifestò anche la violenza delle foibe (benché<br />

dimentica di ricordare i responsabili immediati e diretti di quegli eccidi; che ci<br />

sono, così come per la Risiera); ma perché postula anch’esso <strong>una</strong> “storia unitaria”,<br />

anche se diversa da quella di Violante. Riducendo così a “verità” storica<br />

un’interpretazione. Ciò che contrappone Violante e i firmatari dell’appello è il giudizio<br />

sulle foibe e sulla violenza della guerra e del dopoguerra, non i fatti di cui è<br />

composta. Ciò che li unisce è il desiderio di <strong>una</strong> verità sola e di <strong>una</strong> storia unitaria,<br />

che in un caso deve essere totalmente condivisa e nell’altro deve invece restare di<br />

parte.<br />

Riteniamo sconveniente questo desiderio: per le ragioni della verità e per quelle<br />

della storia, siamo più propensi a giustificarlo in chi ambisce a rappresentare politicamente<br />

tutta la nazione; meno in chi dimentica che il mestiere di storico si basa<br />

innanzitutto sulla separazione tra verità e giudizio, tra interpretazione e suo uso<br />

pubblico.<br />

***<br />

materiali di storia, n. 13 - pagina 43

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