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sapevano come passare. Allora mio padre disse alla mamma:”Vai tu con Gaetano e il carretto, mentre io tornerò a casa seguendo i binari. (seguendo questo tragitto ad un certo punto c’era un viottolo chiamato “ a Cupa” che portava proprio nei pressi della nostra abitazione vicina al luogo in cui adesso c’è la villetta in via Appia).Così facemmo, lui si incamminò verso i binari, mentre mia madre mi fece distendere sul carretto e mi coprì per non farmi vedere dai soldati. Arrivammo a casa tranquillamente. Dopo circa un ora mia madre diventò inquieta perché papà non rientrava e nella sua mente si addossavano i pensieri più cupi. Mi prese per mano e disse: “Andiamo incontro a papà”. Ci incamminammo verso i binari e ad un certo punto lei incominciò a chiamare con voce fioca: “Alfonso, Alfonso”, fino a che sentì il mio papà che rispose: “Sono qui”. Allora mia madre domandò: “Come mai tutto questo tempo? Mi hai fatto stare molto in ansia”. Papà raccontò che a causa di un treno merci pieno di soldati tedeschi che si trovava alla stazione aveva dovuto proseguire carponi e strisciando a terra per non farsi scorgere. C’era in quel periodo molta fame ed era difficile trovare da mangiare. Mia madre vendette un po’ di fagioli di nascosto ma, scoperta dalla polizia fu arrestata e portata in carcere dove restò per un giorno e una notte. Tutto il ricavato del terreno non poteva essere venduto ma doveva essere portato a Caserta dove veniva daziato. Dove abitavamo c’era una famiglia che aveva allevato un maiale. Un giorno venne una camionetta con dei Tedeschi i quali requisirono il maiale caricandolo sul veicolo, ma questi scappò, allora i militari lo inseguirono e raggiuntolo gli spararono in un orecchio uccidendolo e lo portarono via. In quel periodo i Tedeschi razziavano tutto quello che potevano specialmente ciò che era commestibile. Quando suonava l’allarme ed eravamo a casa, tutti ci rifugiavamo in un luogo dove c’era una cantina che aveva un sottosuolo profondo circa dieci metri. Questo luogo era buio e molto freddo, per coprirci dovevamo portarci le coperte e chi poteva il cappotto. Questo luogo si trovava proprio all’angolo dell’incrocio tra via libertà e la cittadella, dove ora c’è la parrucchiera. Per quanto riguarda lo svaligiamento del deposito militare, ricordo che, quando ormai avevano già portato via quasi tutto, vi partecipò anche il mio papà. Riuscì ad impossessarsi di alcune tavole di legno, di pacchi di lenzuola e dei giubbotti, ci raccontò anche che in quel luogo a causa della folla ci furono delle persone che vennero calpestate e morirono. Nella zona in cui avevamo il terreno c’era anche un deposito dove i Tedeschi tenevano accantonate le bombe, (oggi su questo terreno passa l’Autostrada) che non era custodito da guardie. Mio padre si appropriò di una bomba e la portò a casa. La collocò sul terrazzo della casa. Vedendo quella strana cosa ci iniziai a giocare, presi un martello e con un piccolo punteruolo feci dei fori. Mio padre se ne accorse, si rese conto dello sbaglio che aveva fatto mettendo in pericolo tutta la famiglia, la prese e la buttò non so dove. Fummo tutti fortunati, la bomba nonostante le martellate e i fori non scoppiò, anche perchè i colpi che infierivo erano nel senso contrario della spoletta. Finalmente arrivarono gli Americani, era il mese di maggio o giugno, ricordo bene perché in quel periodo si coltivavano le Cappucce e gli Americani venivano da noi (ci trovavamo sempre in campagna) a comprarle. Erano moto gentili e pagavano tutto quello che prendevano e ricordo che a me davano sempre delle scatolette di tonno. 54
Racconto di Gargiulo Aniello nato a Maddaloni il 21 aprile 1930 Tra i ricordi della seconda Guerra Mondiale c’è sicuramente la scoperta della fame. Ricordo anche il suono della sirena e noi che correvamo subito nei ricoveri. Quando poi ci fu l’Armistizio i Tedeschi saccheggiarono il deposito di biancheria militare. Ancora ricordo che i Tedeschi portavano via tutti gli uomini. Mio padre, come tanti altri uomini, si rifugiò in montagna per non farsi catturare e mia madre mi mandava da lui a portargli le sigarette e qualcosa da mangiare, cosa che facevano tanti altri ragazzi. Una volta, mentre percorrevo questo tragitto, degli aerei Americani bombardarono la zona in cui erano rifugiati gli uomini. Per lo spostamento d’aria seguito allo scoppio di una bomba, mi ritrovai a terra. Dopo un po’ di tempo arrivarono gli Americani e la vita migliorò notevolmente, ma purtroppo fiorì il contrabbando. 55
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“MEMORIE” Maddaloni 1943 - 1945
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