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Rifiuti SpA - Il tacco d'Italia

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L’Editoriale<br />

// L’Editoriale<br />

mafia, politica, ambiente:<br />

un’impresa in attivo<br />

I principali processi, l’analisi della connivenza tra Pubblica amministrazione e mafia, il traffico illecito di rifiuti, l’indifferenza dei<br />

Comuni che non si costituiscono parte civile nei processi, l’inesistenza dei controlli, l’inadeguatezza dell’ordinamento giuridico, la<br />

falsificazione delle analisi, il monopolio della gestione delle discariche e dei depuratori. Tanto rumore per nulla: si potrebbe riassumere<br />

così il lavoro della magistratura leccese in tema ambientale, così come emerge dai verbali della Commissione parlamentare<br />

d’inchiesta a cui nel febbraio del 2008 riferirono Cataldo Motta, ora procuratore capo e Elsa Valeria Mignone, sostituta procuratrice.<br />

Con profonda amarezza, ma senza smettere di indignarsi, Mignone spiega alla Commissione come per 12 anni abbia combattuto<br />

i reati ambientali in Salento e perché sia passata alla DDA (dipartimento distrettuale antimafia). «Ho chiesto il trasferimento<br />

per non finire in analisi», dichiarerà alla Commissione. «Perché dell’ambiente non importa a nessuno». Un quadro dipinto con l’accetta,<br />

quello che la sostituta procuratrice Elsa Valeria Mignone traccia nell’intervista che pubblicheremo nel prossimo numero.<br />

di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI<br />

Elsa Valeria Mignone, sostituto procuratore<br />

della Repubblica presso la DDA (dipartimento<br />

distrettuale antimafia) ci accoglie<br />

nel suo piccolo ufficio al secondo piano<br />

della Procura di Lecce, in fondo a sinistra sempre<br />

dritto, alla fine di un corridoio dove armadi<br />

e pavimenti traboccano di fascicoli.<br />

La stanza di cinque metri per cinque (a<br />

dir molto) è sgombra di mobilio, se non fosse<br />

per l’indispensabile: una scrivania, due sedie<br />

poste di fronte, due armadi, pc. Ma sono elementi<br />

di arredo che quasi non si notano, perché<br />

sommersi dai faldoni.<br />

Dietro i faldoni e dietro la scrivania, la<br />

sostituta procuratrice. Si alza e ci porge la<br />

mano, sorridente.<br />

Minuta, anzi, piccola piccola, dall’aspetto<br />

fragile e dal fisico scattante e nervoso, è disarmante<br />

nella trasparenza con cui dice quello<br />

che pensa. E’ il suo coraggio, che è disarmante.<br />

Tanto che spesso durante la registrazione,<br />

le ricorderemo: guardi che stiamo registrando,<br />

questo lo scriviamo.<br />

E lei, ferma: certo.<br />

Di tanto in tanto chiama la sua segretaria,<br />

una sorta di angelo custode silenzioso e quieto,<br />

dal passo leggero, con bellissimi capelli<br />

candidi trattenuti da un fermaglio nero.<br />

Rimarrà anche lei, insieme alla magistrata<br />

che rilascia un’intervista fiume per tutto il<br />

pomeriggio, fino alle 19.30, a disposizione,<br />

L’INADEGUATEZZA DELLE<br />

NORME CHE IN TEMA<br />

DI AMBIENTE PREVEDONO<br />

UN SOLO STRUMENTO,<br />

L’ARTICOLO 53 BIS (TRAFFICO<br />

ILLECITO DI RIFIUTI)<br />

ATTRAVERSO IL QUALE<br />

INCARDINARE IL REATO<br />

PENALE, ALTRIMENTI TUTTO<br />

SI RIDUCE AD UN’AMMENDA<br />

PECUNIARIA. QUANDO<br />

NON ALLA PRESCRIZIONE<br />

oltre ogni abnegazione ragionevole per un<br />

dipendente pubblico.<br />

Alle 19.30, quando andiamo via, la magistrata<br />

china di nuovo il capo sui faldoni:<br />

«Stasera niente palestra, domani ho udienza.<br />

Ora finisco di studiarmi il fascicolo e poi a<br />

casa, a ripetere stanotte diritto privato con<br />

mia figlia, ché fra poco ha l’esame». Problemi<br />

di conciliazione lavoro-famiglia anche per una<br />

delle più alte cariche della Procura leccese.<br />

Per 12 anni si è occupata di reati ambientali,<br />

pubblico ministero nei processi più<br />

importanti della Procura, in cui si è scontrata<br />

con l’inadeguatezza delle norme che in tema<br />

di ambiente prevedono un solo strumento,<br />

il <strong>tacco</strong> d’Italia 2 Marzo 2009<br />

l’articolo 53 bis (traffico illecito di rifiuti)<br />

attraverso il quale incardinare il reato penale,<br />

altrimenti tutto si riduce ad un’ammenda<br />

pecuniaria. Quando non alla prescrizione.<br />

Inadeguatezza delle norme significa che<br />

chi sversa nell’ambiente fusti di pcb, sostanza<br />

altamente cancerogena, e li sversa perfino<br />

nelle discariche autorizzate, come è successo<br />

a Burgesi, nella maggior parte dei casi rimarrà<br />

impunito. <strong>Il</strong> responsabile della discarica<br />

Burgesi infatti, Grecolini, fu condannato a otto<br />

mesi di detenzione proprio a seguito del ritrovamento<br />

dei fusti di pcb all’interno della discarica<br />

autorizzata, ma dimostrare l’aggravante<br />

della condotta mafiosa è difficile, nonostante<br />

la ditta interessata al trasporto fosse proprio<br />

quella legata ai Rosafio di Taurisano, imparentati<br />

con esponenti della Scu. E’ tanto difficile<br />

dimostrare l’aggravante mafiosa che i Rosafio,<br />

ad oggi, non sono stati condannati per traffico<br />

illecito di rifiuti né è stata riconosciuta finora<br />

l’aggravante del comportamento mafioso, perché<br />

all’epoca del ritrovamento dei fusti del<br />

pcb nella discarica di Burgesi, non era ancora<br />

in vigore l’articolo 53 bis. Si potè condannarli<br />

per danneggiamenti e reati minori. Si è riusciti<br />

solo a sequestrare i camion mentre il<br />

Prefetto (si legga pag. 5), in attesa della conclusione<br />

del processo penale a loro carico (in<br />

cui è contestato il traffico illecito di rifiuti e il<br />

comportamento mafioso), ha negato – come

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