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<strong>Rifiuti</strong> S.p.A. // <strong>Il</strong> lavoro della Procura // Ecolio e Rosafio<br />
rifiuti pericolosi:<br />
i processi penali in corso<br />
di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI<br />
Iprocessi più importanti in atto per reati<br />
ambientali sono quelli a carico dei Rosafio<br />
e della Ecolio di Presicce e Melendugno,<br />
ditta che può smaltire il percolato, la sostanza<br />
putrida che producono i rifiuti lasciati a<br />
marcire.<br />
//I ROSAFIO<br />
Un grande processo in tema ambientale è<br />
quello in cui sono imputati i Rosafio di<br />
Taurisano, come detto, imparentati con esponenti<br />
di spicco della Scu.<br />
E’ contestato il reato di traffico illecito di<br />
rifiuti (ai sensi dell’articolo 53 bis) e l’aggravante<br />
delle modalità mafiose, perché secondo<br />
l’accusa prelevavano rifiuti speciali e pericolosi<br />
da alcune imprese e li smaltivano<br />
come reflui provenienti da civili abitazioni.<br />
Nel processo si parla di ecomafia perché –<br />
sostiene l’accusa – “con minacce riusciva ad<br />
imporre la sua gestione anche agli impianti<br />
di depurazione”.<br />
Rosafio – secondo l’accusa – smaltiva<br />
come reflui di insediamenti civili tutti i reflui<br />
di lavorazioni in alluminio, che sono rifiuti<br />
tossici e pericolosi, e li smaltiva in impianti<br />
autorizzati. Agli impianti di depurazione spetta<br />
il controllo sul tipo di rifiuto; ma la firma<br />
sul documento dell’entrata del rifiuto in discarica<br />
è, per la Procura, uno scarabocchio<br />
illeggibile; tuttavia nel momento in cui sono<br />
stati rinviati a giudizio i soggetti che erano<br />
preposti alla firma, in dibattimento non è<br />
stato concesso al pubblico ministero di chiedere<br />
agli ufficiali verbalizzanti di chi fosse<br />
quella firma, quindi la pubblica accusa non<br />
ha possibilità di accertare chi l’abbia apposta.<br />
L’accusa ha evidenziato, con l’intervento<br />
dei Carabinieri, che i Rosafio prendevano i<br />
rifiuti dalla marmeria e li smaltivano negli<br />
impianti di depurazione, con codici attribuibili<br />
solo a reflui di civili abitazioni.<br />
Per ora la Procura è riuscita a sequestrare<br />
40 camion della Rosafio srl.<br />
Ciononostante l’attività imprenditoriale<br />
dei Rosafio continua.<br />
Ugento, 11 febbraio 2009. Le ruspe in azione nella ex discarica Burgesi portano alla luce il telone di<br />
polietilene che potrebbe essere stato usato per impermeablizzare il terreno e sistemarvi sopra i fusti di<br />
pcb. Ciò confermerebbe quanto denunciato dall’imprenditore Colitti: il sito non venne bonificato e i<br />
rifiuti tossici, anziché essere smaltiti, vennero occultati nel terreno<br />
Un altro processo penale a carico dei<br />
Rosafio riguarda lo smaltimento illecito di<br />
pcb, poli cloruro bifenile, una sostanza altamente<br />
tossica e cancerogena, talmente nociva<br />
che ancora ad oggi non si conosce quanto<br />
tempo impieghi per essere assorbita dal<br />
terreno e dall’uomo e quali conseguenze provochi.<br />
Dalle indagini sono emerse delle foto<br />
da cui si deduce che i camion di Rosafio alle<br />
sette di mattina entrano nella discarica di<br />
Burgesi (e non si sa perché) carichi, con le<br />
gomme basse, e ne escono scarichi. A quale<br />
fine entra in discarica un camion che ha<br />
reflui liquidi? La motivazione che adducono<br />
gli imputati è il prelievo di percolato, un rifiuto<br />
che viene prodotto nella discarica e deve<br />
essere smaltito in impianti appositi. In realtà<br />
le foto dei camion con le gomme basse in<br />
entrata e alte, scariche in uscita, dimostrerebbero<br />
il contrario.<br />
Per capire come mai i Rosafio e la<br />
Geotec, la ditta la cui proprietà è da far risalire<br />
ai Rosafio, continuino a lavorare nonostante<br />
tutto con le pubbliche amministrazioni,<br />
leggete a pag. 5.<br />
La prossima udienza a carico dei<br />
Rosafio si terrà il 27 marzo prossimo.<br />
il <strong>tacco</strong> d’Italia 4 Marzo 2009<br />
//LA ECOLIO<br />
Nell’impianto di Melendugno furono scoperti<br />
e poi sequestrati fusti pieni di caprolattame,<br />
rifiuto pericoloso della Enichem. Un<br />
rifiuto che è andato in giro per l’Italia per 20<br />
anni, da quando è stata chiusa la Enichem,<br />
che nessuno ha voluto e che il Salento si è<br />
trovato a smaltire illegalmente. Tutto questo<br />
secondo l’accusa avviene con la complicità<br />
degli enti che autorizzano, anche se «non<br />
potrò mai dimostrarlo a livello giudiziario», ha<br />
dichiarato la Mignone nel 2005 a Paese<br />
Nuovo”. La Provincia aveva dato l’autorizzazione<br />
alla ditta di Melendugno a smaltire una<br />
serie di codici a-specifici (indicati nel catalogo<br />
europeo come una sorta di contenitore in<br />
bianco), in questi codici a-specifici loro<br />
hanno fatto rientrare il caprolattame. Ma<br />
dimostrare l’illegittimità di quella autorizzazione<br />
provinciale sarà battaglia difficile per la<br />
magistrata, anche se il codice a-specifico<br />
non si poteva estendere alla ricezione del<br />
caprolattame, andato in giro 20 anni per<br />
l’Italia proprio perché non si conosce il modo<br />
corretto per smaltirlo.<br />
La prossima udienza si terrà il 13 marzo<br />
prossimo.<br />
Ph: Roberto Rocca