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espandersi instaurando a Firenze una signoria e comunque includere la città nella loro sfera di<br />
potere, sotto l’egemonia dei Pazzi [facoltosa famiglia di banchieri romani]. Tra loro e i congiurati<br />
fungeva da anello di congiunzione il giovane arcivescovo di Pisa Francesco Salviati, respinto dai<br />
Medici, al quale era stato promesso l’arcivescovado di Firenze. Lorenzo e Giuliano dei Medici,<br />
dopo diverse modifiche del piano, dovevano essere pugnalati domenica 26 aprile 1478, durante una<br />
funzione solenne nel duomo di Firenze. Ma il capitano papalino Giambattista da Montesecco,<br />
prezzolato fin da principio, intendeva sbrigare la faccenda in modo meno solenne, solo all’esterno<br />
della chiesa, in luogo non consacrato; per questo fu sostituito e al suo posto furono messi due<br />
congiurati meno sensibili e meglio avvezzi a trattare col sacro […]. Proprio durante la<br />
consacrazione, davanti all’ostia sollevata, Giuliano Medici fu sgozzato sull’altare maggiore con 19<br />
colpi di coltello, mentre il personaggio principale, Lorenzo il Mgnifico, se la cavò con lievi ferite<br />
grazie ad una corazza indossata sotto il vestito […]. E poiché i fiorentini si predisposero alla<br />
vendetta contro i rivoltosi, presto gli esponenti della famiglia Pazzi, l’arcivescovo Salviati di Pisa ed<br />
altri penzolarono dalle finestre del Palazzo della Signoria fino a che la folla fece a pezzi i cadaveri<br />
buttati sulla strada. […]. Ma Sisto IV scagliò anatemi in tutte le direzione[…] impose l’interdetto<br />
sulla città, sequestrò tutti i beni fiorentini, sobillò gli Svizzeri perché intervenissero in Italia […] e<br />
condusse lui stesso, con l’appoggio di Napoli, una guerra devastante contro Firenze […]. Il perfido<br />
gioco del papa Sisto IV precipita la maggior parte dell’Italia nelle fiamme della guerra. […].<br />
Davanti ad Ostia, intanto, erano attraccate navi da guerra napoletane; venti triremi presidiavano e<br />
turbavano la costa, mentre nello stato della chiesa operava il duca Alfonso di Calabria […] che<br />
premeva sulla città appiccando incendi quasi ogni giorno fino alle porte di Roma. […] Il papa Sisto<br />
IV benedicendo da una finestra del Vaticano la sua carne da cannone, fece filare davanti a sé<br />
cavalieri, archibugieri, artiglieria e più di 9.000 fanti. Pochi giorni dopo, al comando di Roberto<br />
Malatesta, si conseguì la vittoria con la battaglia di Campo Morto a sudest di Roma, nelle paludi<br />
Pontine infestate dalla malaria. Sui due fronti combatterono gli Orsini, i Colonna, i Savelli, e<br />
perirono miseramente più di mille persone. Papa Sisto IV accolse giubilante la lieta novella. […].<br />
Fece suonare a festa le campane di tutte le chiese e partecipò di persona ad una solenne cerimonia di<br />
ringraziamento in Santa Maria del Popolo. Solo tre settimane dopo la sua vittoria, Roberto<br />
Malatesta cadde vittima della febbre malarica […] e subito dopo il santo padre Sisto IV mandò<br />
Girolamo a Rimini per strappare l’eredità alla vedova del Malatesta e al figlio Pandolfo, allora<br />
ancora bambino. […]. Ma le ostilità non ebbero tregua. In Roma, dove Sisto IV ed il conte Riario,<br />
flagello della città, stavano con gli Orsini contro i Colonna, si depredarono chiese e case, si<br />
demolirono palazzi, si costruirono trincee, si espugnarono barricate e ovunque si appiccarono<br />
incendi. Si ebbero imprigionamenti, espulsioni, uccisioni e decapitazioni: insigni teste caddero. Una<br />
volta in uno scontro di sole due ore, dalla parte dei Colonna caddero circa quaranta uomini, dalla<br />
parte avversa tredici. La guerra dilagò per tutto il Lazio, dove il papa Sisto IV voleva annientare e<br />
sterminare i Colonna per investire dei loro beni e delle loro ricchezze l’idolatrato nipote [in realtà<br />
figlio], il quale a sua volta estorceva denaro dalle chiese di Roma, mentre il padre Sisto IV riarmava<br />
le sue truppe con l’artiglieria, benediceva i cannoni e tendeva le mani al cielo, senza tuttavia riuscire<br />
ad imporsi. […]. Ancora nel 1484, nell’anno della sua morte, papa Sisto IV trasmise un encomio del<br />
cardinale Borgia per il Grande Inquisitore di Spagna, integrandolo da parte sua: “Abbiamo appreso<br />
con grande gioia di questa lode e siamo entusiasti che Voi, ricco di conoscenze e rivestito di potere,<br />
dedichiate tutti i Vostri sforzi a tali oggetti che sublimano il nome del Signore [cioè Dio] e sono<br />
utili alla vera fede. Invochiamo su di Voi la benedizione del Signore [cioè Dio] e vi incoraggiamo,<br />
diletto figlio, a continuare con la precedente energia, servendo instancabilmente alla sicurezza e al<br />
consolidamento dei fondamenti della religione; in questa missione potrete sempre contare sulla<br />
nostra speciale benevolenza”. Sulla benevolenza non poté più contare, in quell’anno, il suo intimo<br />
compagno di studi ―il domenicano Andrea Zimometic ― un distinto figlio dei Balcani, elevato<br />
da papa Sisto IV nel 1476 ad arcivescovo titolare di Granea (presso Salonicco). Infatti, quando il<br />
prelato, ambasciatore imperiale a Roma, cominciò a criticare aspramente le condizioni esistenti alla<br />
corte papale, Sisto IV lo fece gettare nel Castello sant’Angelo. E quando egli, liberato grazie<br />
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