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il suo potere divino a San Pietro e, tramite costui, ai papi suoi successori ― nel 1493 ebbe<br />
l’arroganza di emanare una “Bolla” con la quale delegava la “divina autorità papale” sugli abitanti<br />
del “Nuovo Mondo”, appena scoperto, ai monarchi spagnoli suoi vassalli che, così, acquisirono<br />
“per volontà divina” (sic!) la sovranità su quelle terre e su i suoi abitanti! In base a tale “Bolla”<br />
papale, qualora gli indigeni del nuovo continente ne avessero accettato il contenuto, sarebbero<br />
diventati semplicemente “schiavi degli spagnoli” ed, in caso contrario, sarebbero stati costretti a<br />
subire le terribili conseguenze previste nel documento ― che i “conquistadores” spagnoli<br />
dovevano leggere agli indigeni prima di decidere se doverli attaccare ― come segue: «…con<br />
l’aiuto di Dio, entreremo con la forza nel vostro paese e combatteremo contro di voi con tutti i<br />
mezzi e tutti i modi possibili e vi sottometteremo al giogo e all’obbedienza della Chiesa e delle Loro<br />
Altezze; prenderemo voi, le vostre mogli ed i vostri bambini e vi faremo schiavi secondo l’ordine;<br />
porteremo via i vostri beni e vi faremo ogni male o danno possibile trattandovi come schiavi<br />
disobbedienti che rifiutano di ricevere il loro signore, resistono al suo volere e lo contrariano…»<br />
(cfr. Tzvetan T.: «The Conquest of America», New York, 1984). Tale minacciosa intimazione<br />
veniva letta agli indigeni «…dopo averli incatenati, senza che essi comprendessero la lingua e<br />
senza interpreti…» (cfr. Lewis H.: «The Spanish Struggle for Justice in the Conquest of America»,<br />
Filadelfia, 1949). Dal diario del cattolicissimo Cristoforo Colombo, riguardo agli indigeni del<br />
“Nuovo Mondo”, si legge quanto segue: «…Non portano armi e non le conoscono, poiché ho<br />
mostrato loro una spada e l’hanno presa dalla parte della lama tagliandosi […]. Sono le persone<br />
migliori del mondo e le più miti di tutte, senza la più minima coscienza di ciò che è male, e non<br />
uccidono né rubano […], amano i loro vicini come loro stessi […] e sono sempre allegri, sarebbero<br />
proprio dei servi ideali, con soli cinquanta uomini potremo sottometterli tutti e far fare a loro<br />
quello che vogliamo…» [questa era, in pratica, la moralità dei cristiani-cattolici i quali hanno fatto<br />
conoscere, a quella popolazione indigena innocente, l’odio e la violenza!] (12).<br />
Il Papa Pio III (1503-1503), nipote di Pio II (1458-1464) che lo aveva nominato cardinale<br />
nel 1463 all’età di appena vent’anni, durante il suo cardinalato era divenuto padre di ben dodici figli<br />
(cfr. Gregorovius F.A.: Op. cit., Beidreisburg, 1857)! Eletto papa il 22 settembre 1503 nonostante<br />
fosse notevolmente malato, l’unica azione riprovevole che riusci a commettere prima di morire ―<br />
assassinato con un veleno propinatogli da Pandolfo Petrucci che da lui era stato redarguito in quanto<br />
ritenuto usurpatore e tiranno della città di Siena (cfr. Rendina C.: Op. cit. Roma, 1983) il 18 ottobre<br />
1503, appena 28 giorni dopo la sua elezione! ― fu l’emissione del divieto di procedere contro le<br />
nefandezze di Cesare Borgia, condannando qualsiasi azione fosse intrapresa contro di lui!<br />
Il Papa Giulio II (1503-1513), al pari del suo famigerato zio Sisto IV conferì la porpora<br />
cardinalizia a numerosi suoi consanguinei, tra cui «…al figlio maggiore di sua sorella Lucchina,<br />
Galeotto della Rovere, suo speciale beniamino, al quale conferì in più l’importante lucroso ufficio<br />
di vicecancelliere, oltre d un’infinità di benefici. Diventò cardinale anche Clemente Grosso della<br />
Rovere. E quando già nel 1508 Galeotto morì, Giulio II nominò cardinale un altro nipote, Sisto<br />
Gara della Rovere, nominandolo pure vicecancelliere e ricoprendolo di tutti i benefici appartenuti al<br />
defunto. […]. Inoltre, da tempo papa Giulio II aveva elevato a prefetto urbano di Roma un altro<br />
parente, Franceso aria Rovere, in ragazzo tredicenne, preoccupandosi inoltre che questi diventasse<br />
nel 1508 duca di Urbino; con questo titolo costui, nipote del papa Giulio II, pugnalerà nel 1511 a<br />
Roma un cardinale sulla pubblica via! Una scena degna dei Borgia. Ma Giulio II lo assolverà e gli<br />
regalerà per di più, sul letto di morte, la città di Pesaro […].Anche per altri aspetti molti episodi<br />
rivelano il costume dei Borgia. In certe occasioni Giulio II si inebriava del lusso; ad esempio, per<br />
una manciata di pietre preziose sborsò 12.000 ducati, come per un diamante da far scintillare fra<br />
tanti altri preziosi sul suo piviale, o per le sue, del valore di 300.000 ducati. […]. Giulio II istituì un<br />
bordello alla condizione che un quarto dei beni delle dame che vi lavoravano andasse a beneficio,<br />
dopo la loro morte, delle monache di Santa Maria Maddalena. Giulio II ebbe anche tre figlie e si<br />
prese pure la sifilide; nei suoi riguardi, i contemporanei parlavano di pederastia, anzi di un “grande<br />
sodomita”. […]. La sua vita era stata viziosa quanto “quella di quasi tutti i prelati del suo tempo”<br />
[…]. Naturalmente Giulio II era anche cacciatore, essendo tale attività intrecciata con quella bellica,<br />
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