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prima della sua morte, giacché gli piaceva rappresentare se stesso anche come cacciatore. Di<br />

conseguenza, ordinò al custode di una villa papale: “Devi assicurati che vi sia per me un buon<br />

pranzo con molto pesce, giacché mi sta molto a cuore che si sfoggi il massimo sfarzo al cospetto dei<br />

dotti e degli ospiti che saranno al mio seguito”. Alla caccia col falcone amava dedicarsi nei dintorni<br />

di Viterbo, alla pesca con l’amo sul lago di Bolsena. A lui erano riservate intere riserve di caccia,<br />

dove faceva strage di cinghiali e di cervi. In Autunno Leone X trascorreva quasi tutto ottobre, ma<br />

anche due o tre mesi, tutto assorto nella caccia […]. Più di tutto nella caccia agli uccelli provava<br />

diletto nel contemplare, per ore ed ore come i rapaci appositamente addestrati soffocavano a morte<br />

quaglie, pernici, fagiani. In quelle battute si abbattevano anche lepri, cinghiali ed altri capi di<br />

selvaggina. Un momento culminante della nobile arte venatoria era quando a Santa Marinella entro<br />

una “trappola per selvaggina” fatta a regola d’arte, si sospingevano i cervi in mare, dove poi dei<br />

gentiluomini o dei chierici, in agguato sulle barche, potevano comodamente abbatterli. Sua santità<br />

in persona dava con uno spiedo il colpo di grazia ai cervi catturati nelle reti. […]. Il papa Leone X<br />

non lesinava spese quando si trattava del suo sport sanguinario. E se, di regola, andava a caccia solo<br />

con un seguito di alcune centinaia di accompagnatori, cardinali, inservienti, musicisti, letterati,<br />

intrattenitori di corte (buffoni) e qualcosa come 160 guardie del corpo, si organizzavano battute di<br />

caccia frequentate perfino da due o tremila cavalieri. Dato che il pontefice amante del lusso non<br />

badava ad economie nemmeno per le feste e il suo palazzo era divenuto piuttosto il palcoscenico di<br />

una scintillante scenografia, la cornice di un festival senza pause, furono colossali le spese fatte da<br />

Leone X, un vero talento naturale nel dissipare denaro. Solo per la cerimonia del “sacro Possesso”<br />

(festa impareggiabile per l’inserimento nella carica papale), Leone X fu disposto a versare 100.000<br />

ducati […]. Ed in soli due anni ebbe esaurito completamente tutto il suo patrimonio, in una città, la<br />

cui pubblica indigenza gridava vendetta al cielo non meno del suo lusso privato. […]. Sotto Leone<br />

X, lo sperpero fu esorbitante. Egli e la sua corte dilapidarono somme leggendarie. Si sono calcolate<br />

le entrate statali pontificie nel marzo 1517 ― ricavate da dazi fluviali e dogane, dalle miniere di<br />

alluminio di Tolfa, dalle saline di Cervia, dalle riscossioni di Spoleto, di Ancona, ecc. ― che<br />

ammontavano allora a 420.000 ducati. Inoltre, i cosiddetti “ricavi spirituali” che fruttavano circa<br />

200.000 ducati annui; gli uffici in vendita, creati ad hoc, che papa Leone X moltiplicò fino alla sua<br />

morte da un migliaio di membri a 2150, un valore capitale di circa 3.000.000 di ducati. A ciò si<br />

aggiungevano gli introiti delle decime, dei giubilei e delle indulgenze utilizzati a dismisura,,<br />

transazioni gigantesche, i denari derivavano dalle sempre crescenti nomine cardinalizie e quelli che<br />

affluivano dalle confische e da altre speculazioni finanziarie della curia. Questi capitali venivano<br />

prelevati tanto rapidamente quanto rapidamente spesi. Si era perciò costretti a fare dei prestiti,<br />

pagando talvolta fino al 40% di interessi; si dovevano pagare i tappeti del papa, le più costose statue<br />

di santi, l’argenteria, i gioielli della corona. […] Durante il suo pontificato operarono a Roma trenta<br />

banche fiorentine per cui fioccarono debiti su debiti. Solo con la banca Bini il debito ammontava a<br />

200.000 ducati. I cardinali Ridolfi e Ragnoni avevano sacrificato tutti i loro beni per procacciare<br />

denaro, il cardinale Salviati ci aveva rimesso 80.000 ducati, il cardinale Pucci 150.000, il cardinale<br />

Armellini aveva impegnato l’intero suo patrimonio. Alla morte di papa Leone X pencolavano tutti<br />

quanti sull’orlo della bancarotta. […]. Papa Leone X aveva speso durante il suo regnoquattro<br />

milioni e mezzo di ducati, lasciando per di più 400.000 ducati di debiti…» (cfr. Deschner K.: Op.<br />

cit., Reinbek Hamburg, 2004). «…In una lettera indirizzata al cardinale Bembo […] aveva lasciato<br />

intravedere con chiarezza il pensiero più intimo della Chiesa cattolica quando scrisse “Si sa da<br />

tempi remoti quanto ci sia stata utile la favola di Gesù Cristo”…» (cfr. Rodríguez P.: «Mentiras<br />

fundamentales de la Iglesia católica», Barcellona, 1997), questo stesso Papa nel 1517, allo scopo di<br />

accumulare ricchezza con le indulgenze (ossia la remissione dei peccati ed il condono delle colpe,<br />

compresi i delitti più orrendi, a coloro che erano in grado di pagare determinate somme), emise la<br />

famosa Taxa Camarae, corredata dal relativo tariffario (13) che esprime il massimo della<br />

corruzione (cfr. Dacio J.: «I papi da Pietro a Giovanni XXIII», 1963) e, sotto il suo pontificato, nel<br />

1514 a Bormio furono arse vive 30 donne accusate di stregoneria ed altre 80 furono arse vive in<br />

Valcamonica nel 1518 per lo stesso motivo<br />

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