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Chiesa e povertà nel terzo mondo: il caso di una missione cattolica ...

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CHIESA E POVERTÀ NEL TERZO MONDO: IL CASO DI UNA MISSIONE CATTOLICA IN BRASILE.<br />

Le strade lì non sono asfaltate: sono <strong>di</strong> <strong>una</strong> terra rossa, polverosa e piena <strong>di</strong> buche.<br />

Ma immagina cosa doveva essere quella strada se oggi la strada è così. C'erano più buche e<br />

pioveva <strong>di</strong> più. Quando pioveva non potevi… (Una volta) Siamo state per circa quin<strong>di</strong>ci giorni<br />

isolatissime. Non c'era ness<strong>una</strong> macchina che poteva transitare. Anche la jeep non poteva. (Int.<br />

N. 12, p. 8)<br />

Con queste <strong>di</strong>stanze c’è anche <strong>il</strong> pericolo <strong>di</strong> nascere in macchina, mentre si corre in<br />

ospedale; magari con l’aiuto <strong>di</strong> un sobbalzo dovuto a <strong>una</strong> buca poco più profonda delle<br />

altre.<br />

Il primo parto che ho fatto sulla macchina, che non era mia, mi hanno chiamato per quella<br />

donna che lavora in casa da noi anche adesso. Era venuto <strong>il</strong> marito "bebedo" (ubriaco) a<br />

chiamarmi. Non c'era ancora la luce. E neanche a farlo a posta, io non so perché, ma i bambini<br />

nascono più <strong>di</strong> notte che <strong>di</strong> giorno. Me lo sono chiesta tante volte però non ho la spiegazione.<br />

Vengono a chiamarmi e mi <strong>di</strong>cono Suor Giovanna c'è, (…) Maria (…) "Si sente male, è venuto<br />

<strong>il</strong> marito ubriaco. "Ma che cos'ha?" chiedo. "Ma non lo so, non si sente bene". Siccome sapevo<br />

che era incinta, ho preso i guanti e sono andata là. L'ho trovata là per terra. Lui ubriaco. Allo<br />

scuro. Alla luce <strong>di</strong> <strong>una</strong> candela. E allora ho fatto anch'io un "toque" per esplorare. Il bambino<br />

era alto. E <strong>di</strong>co <strong>di</strong> andare subito all'ospedale. Però la strada era piena <strong>di</strong> buche. Ogni buco era<br />

tossitocina pura perché ogni buco è uno spingere. Subito ho detto al marito <strong>di</strong> interessarsi dei<br />

bambini perché se <strong>il</strong> parto era rapido, con lui ubriaco poteva succedere <strong>di</strong> tutto. Ho chiamato<br />

quello del posto <strong>di</strong> gasolina (benzinaio) con la macchina. Dico "Paulo, accellera e vai". Io mi<br />

sono seduta vicino a lei. Signore aiutami signore aiutami mi ripetevo. Però mi era portata tutto<br />

<strong>il</strong> necessario: pacchetti <strong>di</strong> garza ster<strong>il</strong>e, guanti… Ma con la speranza che arrivasse là. Abbiamo<br />

fatto un 15 ch<strong>il</strong>ometri circa, succede. Meno male che cento metri avanti c'era e c'è un posto<br />

dove si fermano le macchine. Ho detto: "Paulo, Paulo fermati subito lì!" lui ha capito subito.<br />

Ha avvicinato la macchina alla casa e poi se l'è data a gambe. Era buio. Si vede che ha<br />

chiamato <strong>una</strong> donna. La donna è venuta lì. Le ho chiesto per cortesia un posto per poter<br />

assistere questa donna. Capisci che un parto sporca, per via del sangue. E lei si vede che era<br />

andata a preparare. Io non la vedevo mai arrivare. Chiedo alla Maria: "Ti senti <strong>di</strong> stare in<br />

pie<strong>di</strong>"? E lei mi risponde <strong>di</strong> sì. Allora siamo uscite dalla macchina. Io ho preso <strong>il</strong> bambino e lei<br />

<strong>di</strong>etro. Con <strong>il</strong> bambino ancora attaccato alla mamma. Facciamo tutto <strong>il</strong> giro della casa al buio.<br />

Intanto ho visto <strong>una</strong> porta aperta con un lume lì vicino. Sono entrata. Ho coricato la donna. Ho<br />

tagliato <strong>il</strong> cordone. Ho messo a posto <strong>il</strong> bambino. Dopo <strong>di</strong>eci minuti è venuta fuori la placenta.<br />

Ho fatto i massaggi che dovevo fare. Eravamo a metà strada: se andavamo a casa c'era <strong>il</strong> marito<br />

bebedo, non sappiamo dove mettere <strong>il</strong> bambino e lì c'è davvero <strong>il</strong> rischio <strong>di</strong> infezioni. Siamo<br />

andate all'ospedale. Arrivate lì, <strong>di</strong>co che <strong>il</strong> parto era fatto e che dovevano assistere la donna. È<br />

stata un giorno o due lì poi è tornata. (Int. N. 12, p. 6)<br />

Non è certo un <strong>caso</strong> isolato, a quanto pare capita spesso su quelle strade.<br />

E un'altra ha fatto la stessa cosa. Una ragazza giovane. Lì mi sono stupita. Era <strong>il</strong> traballare della<br />

macchina sui buchi che ha favorito <strong>il</strong> parto. Io guidavo. Lei pregava <strong>il</strong> signore <strong>di</strong> aiutarla. A un<br />

certo punto urla "suora si fermi suora si fermi". Sbucava la testolina. Ho chiamato <strong>una</strong> donna<br />

che passava <strong>di</strong> lì. Le ho spiegato che <strong>il</strong> bambino era nato lì. Come si è adoperata quella donna!<br />

Ci ha portato subito in casa. Ha preparato <strong>il</strong> letto. E gli uomini fuggivano. Dico "non no, venite<br />

qua, aiutatemi!". Uno l'ha presa per le spalle, un altro per la gamba. Da ridere. Messa sul letto,<br />

finito <strong>il</strong> parto, con questa sono tornata in<strong>di</strong>etro. Perché aveva <strong>una</strong> casetta piccola però ci si<br />

poteva stare. Alla fine del parto ho messo bene a posto. La donna aveva <strong>il</strong> posto per lavare <strong>il</strong><br />

bambino. Ed Angela è tornata a casa con <strong>il</strong> bambino in braccio. (Int. N. 12, p. 7)<br />

Sembra quasi la norma nascere così, senza l’aiuto degli uomini che spesso se la danno a<br />

gambe o sono troppo ubriachi per capire cosa sta succedendo.<br />

4.1.6 L’ospedale: <strong>una</strong> speranza in più<br />

Le suore sono ricordate a Pavão principalmente proprio per l’ospedale (nato <strong>nel</strong> 1977) e<br />

l’assistenza sanitaria che hanno prestato ai più bisognosi, come <strong>di</strong>mostra un articolo<br />

pubblicato <strong>nel</strong> bollettino della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Teof<strong>il</strong>o Otoni “Nossa Igreja”:

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