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I flussi e le rotte della tratta dall'est Europa - ER Sociale - Regione ...

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Le rego<strong>le</strong> grammaticali dell’italiano nel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> del<strong>le</strong> vittime o in quel<strong>le</strong> dei<br />

loro sfruttatori barcollano, ma dobbiamo fare l’abitudine a questa prosa<br />

scombinata, a volte colorita, altre volte francamente volgare – che<br />

ovviamente verrà depurata dal<strong>le</strong> sue espressioni più oscene o triviali – di<br />

frequente incontrata negli atti giudiziari. Quello che conta per noi non è<br />

certo la purezza dello sti<strong>le</strong>, ma il contenuto, <strong>le</strong> informazioni che <strong>le</strong> cose dette<br />

per te<strong>le</strong>fono e registrate dagli inquirenti o raccontate direttamente in tribuna<strong>le</strong><br />

o nel<strong>le</strong> denunce ci danno.<br />

Senza <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> del<strong>le</strong> vittime non si potrà avere il senso di angoscia e di<br />

impotenza che investe queste donne dinnanzi ai ricatti di chi minaccia<br />

ritorsioni sui familiari rimasti a casa, spesso figli o genitori anziani, in ogni<br />

caso persone deboli e senza difese. Seppure i loro cari siano distanti, in<br />

Albania, in Romania, in Moldavia, in Ucraina <strong>le</strong> donne sanno bene che i loro<br />

carnefici sono in grado di tenere fede al<strong>le</strong> loro minacce; è capitato già molte<br />

volte ad altre donne – e loro lo sanno per averlo sentito dire – e capita<br />

anche a queste donne. E non si potrà neanche cogliere il senso di solitudine,<br />

o di smarrimento, di vero e proprio spaesamento di giovani donne catapultate<br />

in Italia, in un paese sconosciuto di cui ignorano la lingua e <strong>le</strong> abitudini,<br />

prive come sono di ogni documento di identità, e dunque senza un<br />

nome, un cognome ed un luogo di nascita.<br />

Come definire <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> pronunciate da una giovane rumena che conversando<br />

per te<strong>le</strong>fono con un suo connaziona<strong>le</strong> che si informava come<br />

andasse il suo lavoro sulla strada a Rimini, gli dice: “Mi sono comprato un<br />

grande orsacchiotto e dormo con lui”? Fanno tenerezza, ma nello stesso<br />

tempo sono paro<strong>le</strong> agghiaccianti che da so<strong>le</strong>, in modo diretto ed immediato,<br />

ci dicono <strong>della</strong> solitudine e <strong>della</strong> immensa disperazione di una giovane<br />

donna. Eppure era venuta in Italia con ben altra speranza. Attraversando la<br />

frontiera che divide la Slovenia dall’Italia aveva avuto un moto di gioia:<br />

“Quando ho visto la scritta in italiano, credevo di sognare”.<br />

I racconti <strong>della</strong> quotidianità<br />

Sono percorsi personali, storie individuali che sommate l’una all’altra ci<br />

danno anche la dimensione umana, quotidiana, privata, del moderno<br />

fenomeno <strong>della</strong> <strong>tratta</strong> e <strong>della</strong> prostituzione. I racconti del<strong>le</strong> ragazze sono utili<br />

anche perché ci descrivono concretamente la riduzione in schiavitù nella sua<br />

attualità, la trasformazione di un essere umano in una merce che, come i<br />

prodotti inanimati, può essere venduta e comprata, barattata, scambiata,<br />

esposta e ‘battuta’ in un’asta pubblica che si tiene all’estero, in appositi<br />

luoghi, ma che sempre più di frequente si svolge in Italia, nel<strong>le</strong> nostre città.<br />

Una ragazza albanese ha raccontato come all’inizio di questi mil<strong>le</strong>nnio i suoi<br />

sfruttatori l’abbiano portata a Bologna dove in un bar,“sedute ai tavolini, vi<br />

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