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Visualizza la rivista - Padri Dehoniani

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Il 4 novembre 1966 <strong>la</strong> Toscana<br />

fu sconvolta da un’alluvione, uno degli<br />

esempi più c<strong>la</strong>morosi del dissesto idrogeologico<br />

dell’Italia. Oggi, a quarantatre<br />

anni da quell’episodio, siamo ancora a<br />

fare i conti con quel rischio che Gaia<br />

Checcucci, segretario generale dell’Autorità<br />

di Bacino dell’Arno, definisce come<br />

<strong>la</strong> seconda emergenza nazionale dopo<br />

il Vesuvio. Affermazione che accompagna<br />

il dossier sul<strong>la</strong> pericolosità idraulica<br />

e da frana del bacino dell’Arno. Tabelle<br />

e numeri che ci dicono che circa il 22<br />

per cento dell’intera superficie del bacino<br />

sono minacciati dal<strong>la</strong> pericolosità idraulica,<br />

corrispondente in buona parte<br />

alle aree di pianura. In partico<strong>la</strong>re il 15<br />

per cento del<strong>la</strong> «pericolosità idraulica» –<br />

in pratica a rischio alluvioni – rientra nel<strong>la</strong><br />

fascia tra «media» e «molto elevata».<br />

Comuni come Ponte Buggianese e Chiesina<br />

Uzzanese, in provincia di Pistoia,<br />

hanno l’intero territorio in aree a pericolo<br />

alluvione, Campi Bisenzio è al 90 per<br />

cento, a Pisa <strong>la</strong> superficie a rischio sfiora<br />

il 68 per cento, il 50% a Empoli. Rischio<br />

che a Firenze scende al 40% per quelle<br />

zone che già furono colpite nel ’66.<br />

L’accordo di programma firmato da<br />

Matteoli e Martini nel 2005 prevede un<br />

memoria dei superstiti, pronta a riemergere<br />

quando non te l’aspetti. Legambiente<br />

lo aveva denunciato già 16 mesi<br />

fa, nel rapporto choc “E se piovesse come<br />

allora?”, a dieci anni esatti dal<strong>la</strong> tragedia<br />

di Sarno, il 5 maggio 1998, quando<br />

<strong>la</strong> montagna travolse interi paesi, seppellendo<br />

160 persone sotto il fango. Eppure<br />

in Italia nemmeno questo basta. Si<br />

costruisce ancora senza regole, segna<strong>la</strong><br />

<strong>la</strong> Corte dei conti. «Emergono non poche<br />

perplessità», scrivono i magistrati<br />

contabili riferendosi ai <strong>la</strong>vori di sistemazione<br />

di alvei e versanti mai appaltati dal<br />

lontano 2002. «Risulta ovvio chiedersi<br />

come possano essere considerati urgenti<br />

interventi che, a distanza di anni, non<br />

sono stati nemmeno avviati». Senza par<strong>la</strong>re<br />

di quelli ancora in fase di progettazione<br />

e di quelli abusivi. Addirittura nel<strong>la</strong><br />

stessa Sarno, pochi giorni dopo <strong>la</strong> frana<br />

si scavavano le fondamenta di una casa<br />

non autorizzata. Un’altra era già in costruzione<br />

nel luogo dove c’era stata <strong>la</strong><br />

prima vittima, un bambino. E l’elenco è<br />

lungo, come quello dei morti.<br />

Piano di interventi costituito da più di<br />

30 opere tra casse di espansione e alcune<br />

sistemazioni arginali che dovrebbero<br />

consentire di stoccare circa 65 milioni<br />

di metri cubi di acqua, e contribuire a<br />

mitigare i fenomeni di alluvione in maniera<br />

sostanziale. La realizzazione degli<br />

interventi, previsti e programmati dall’Autorità<br />

di bacino, è assegnata agli enti<br />

locali e dovrebbe essere completata<br />

nel 2013. Il condizionale è d’obbligo<br />

perché già nel 1999 si era pensato a un<br />

progetto per limitare i danni in tutta <strong>la</strong><br />

zona che corre lungo il fiume fino a Pisa.<br />

Un progetto poi considerato superato e<br />

«faraonico», non al<strong>la</strong> portata del bi<strong>la</strong>ncio<br />

pubblico. Il progetto sostitutivo prevede<br />

le prime casse d’espansione in Casentino,<br />

<strong>la</strong> Poppi 2 e Bibbiena 2. Nel Valdarno<br />

superiore è prevista <strong>la</strong> cassa di Padulette,<br />

efficace per preservare l’area a<br />

valle di Montevarchi. Altre quattro casse<br />

sono previste nel territorio del comune<br />

di Figline considerate essenziali per ridurre<br />

i rischi per Firenze. Più a valle le<br />

più importanti opere programmate, sono<br />

le casse di Roffia e Scaletta, il sistema<br />

di casse in Valdera e l’adeguamento dello<br />

Scolmatore. Attualmente è in corso <strong>la</strong><br />

realizzazione delle casse di espansione<br />

Res publica<br />

A 43 anni dall’alluvione di Firenze<br />

Al<strong>la</strong>rme frane: in al<strong>la</strong>rme il 10% del bacino dell’Arno<br />

di Roffia e di Figline e di alcune sistemazioni<br />

arginali, per circa 65 milioni di metri<br />

cubi di acqua invasare. I <strong>la</strong>vori dovrebbero<br />

finire entro quest’anno. Il resto<br />

andrà in appalto nel 2010. I progetti,<br />

anche i soldi ci sarebbero, almeno 90<br />

milioni di euro dei 270 preventivati (erano<br />

200 nel 2005). Il problema è un altro:<br />

«non sempre le risorse vengono spese –<br />

spiega Gaia Checcucci – perché i livelli<br />

di progettazione sono eccessivamente<br />

arretrati rispetto al<strong>la</strong> possibilità di usare<br />

i fondi. È necessario un cambio di passo».<br />

Cambio di passo già auspicato tempo<br />

fa da Erasmo De Angelis, presidente<br />

del<strong>la</strong> commissione ambiente del Consiglio<br />

regionale. «Molte cose sono state<br />

fatte – spiegava – ma questo è il momento<br />

di accelerare al massimo su progettazioni<br />

e cantierizzazioni». «Ci sono<br />

troppi enti che si occupano dell’Arno. I<br />

comuni fanno i progetti, ma si può capire<br />

che i loro uffici tecnici in certi casi non<br />

hanno le competenze necessarie. E poi<br />

ci sono ci sono alcune resistenze locali<br />

che ritardano <strong>la</strong> firma degli accordi».<br />

Soldi che ci sono o non ci sono, progetti<br />

fatti e rifatti, troppe competenze e resistenze<br />

a vari livelli. A quarantatre anni<br />

dal novembre 1966 ancora si discute.<br />

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