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Visualizza la rivista - Padri Dehoniani

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!<br />

Bastano quindi poche piogge per provocare<br />

una tragedia. Il nostro Paese paga<br />

un altissimo prezzo per aver devastato il<br />

territorio con enormi e incontrol<strong>la</strong>te co<strong>la</strong>te<br />

di cemento. E’ dunque necessario insistere<br />

per risalire alle responsabilità e tornare<br />

sul<strong>la</strong> necessità di investire nel<strong>la</strong> manutenzione<br />

del territorio. Non c’è parte<br />

del territorio italiano che non abbia conosciuto<br />

nel tempo gli effetti del<strong>la</strong> cattiva<br />

gestione del suolo. Ma quel che è più grave,<br />

è che da nessuna parte appaiono positivi<br />

segnali di cambiamento. Eppure è necessaria<br />

una forte assunzione di responsabilità<br />

e una chiara volontà politica per<br />

cambiare indirizzo. La pianificazione del<br />

territorio è in molti casi da ripensare e<br />

modificare in nome dell’equilibrio idrogeologico,<br />

del<strong>la</strong> sicurezza e del<strong>la</strong> sostenibilità,<br />

e dell’unica, urgente e necessaria<br />

grande opera pubblica: <strong>la</strong> messa in sicurezza<br />

del territorio. «Occorre un piano serio<br />

che investa, piuttosto che in opere faraoniche,<br />

per garantire <strong>la</strong> sicurezza in<br />

queste zone del paese, o si potranno avere<br />

altre sciagure», ha detto il presidente<br />

del<strong>la</strong> Repubblica Giorgio Napolitano che<br />

ha <strong>la</strong>nciato l’al<strong>la</strong>rme sul<strong>la</strong> «situazione di<br />

diffuso dissesto idrogeologico, in gran<br />

parte causato da abusivismo, nel messinese<br />

e in tante altre parti d’Italia». Eppure<br />

nel<strong>la</strong> finanziaria 2008 ai fondi, già insuffi-<br />

cienti, per <strong>la</strong> protezione del territorio sono<br />

passati dai 510,5 milioni di euro nel<br />

2008 ai 93,2 previsti per il 2011. Un taglio,<br />

di 241,4 milioni di euro al programma di<br />

mitigazione del rischio idrogeologico per<br />

quest’anno, di cui 151 milioni sottratti<br />

proprio agli interventi specifici previsti in<br />

Sicilia e Ca<strong>la</strong>bria, tra le aree più a rischio<br />

d’Italia anche perché le loro partico<strong>la</strong>ri caratteristiche<br />

morfologiche richiedono costanti<br />

interventi di manutenzione. Ovvia-<br />

Res publica<br />

Secondo <strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione del Ministero dell’Ambiente<br />

Nel Lazio il 97% dei comuni a rischio idrogeologico<br />

Nel Lazio 366 comuni, il 97<br />

per cento del totale (378),<br />

sono c<strong>la</strong>ssificati a rischio idrogeologico<br />

dal ministero dell’Ambiente. Un dato<br />

drammatico, che pone il Lazio al sesto<br />

posto nel<strong>la</strong> graduatoria nazionale<br />

del dissesto, dopo Ca<strong>la</strong>bria, Umbria,<br />

Val d’Aosta, Marche e Toscana. È<br />

quanto si legge su Ecosistema rischio<br />

2008, l’ultimo dossier di Legambiente,<br />

che attinge e rie<strong>la</strong>bora i dati del ministero.<br />

Ben 234 comuni del Lazio sono<br />

a rischio frana, altri 129 a rischio sia di<br />

frana che alluvione. Numeri che fanno<br />

paura. Evocano Messina, l’alluvione di<br />

Firenze (1966), <strong>la</strong> frana di Sarno (1998,<br />

160 morti). Nel Lazio, basta tornare a<br />

meno di un anno fa, dicembre 2008,<br />

quando Prima Porta, Iso<strong>la</strong> Sacra e San<br />

Basilio a Roma finirono sotto un metro<br />

d’acqua. Ad aggravare le cose contribuiscono<br />

l’abusivismo edilizio, il disboscamento,<br />

le dighe di rifiuti nei<br />

torrenti. Il 75 per cento dei comuni <strong>la</strong>ziali<br />

ha nel proprio territorio abitazioni<br />

in aree golenali, ossia in prossimità degli<br />

alvei dei fiumi e in aree a rischio frana.<br />

Quasi il 60 per cento conta in tali<br />

zone anche fabbriche industriali. Inutile<br />

ricordare che le norme nazionali<br />

vietano l’edificazione di un solo mattone<br />

in queste zone. Ma non basta. Solo<br />

il 59 per cento dei comuni è dotato<br />

di un piano di emergenza, solo il 48<br />

per cento lo ha aggiornato negli ultimi<br />

due anni, solo il 16 per cento ha organizzato<br />

esercitazioni con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

in caso di ca<strong>la</strong>mità. La metà dei comuni<br />

<strong>la</strong>ziali, insomma, non fa praticamente<br />

nul<strong>la</strong> per prevenire alluvioni e<br />

frane. Nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssifica regionale di Ecosistema<br />

rischio, <strong>la</strong> maglia nera tocca a<br />

Vicovaro in provincia di Roma: urbanizzazione<br />

su aree a rischio, nessun<br />

piano di emergenza, nessuna informazione<br />

agli abitanti, nessuna struttura<br />

di Protezione civile. Note partico<strong>la</strong>rmente<br />

negative anche per Morlupo<br />

(provincia di Roma), Piglio (provincia<br />

di Frosinone), Cori (provincia di Latina),<br />

Rieti, Poggio Moiano (Rieti), Amatrice<br />

(Rieti), Antrodoco (Rieti). Perfino i<br />

pochi interventi di messa in sicurezza,<br />

sottolinea Legambiente, continuano<br />

spesso a seguire filosofie tanto vecchie<br />

quanto inefficaci: «Si vedono sorgere<br />

argini senza un serio studio sull’impatto<br />

che possono portare a valle,<br />

si assiste al<strong>la</strong> cementificazione degli<br />

alvei e all’alterazione delle dinamiche<br />

naturali dei fiumi. Inoltre, gli effetti dei<br />

mutamenti climatici in atto, ormai riconosciuti<br />

dal<strong>la</strong> comunità scientifica,<br />

comportano una drammatica alternanza<br />

di periodi di scarsissime precipitazioni<br />

e di piogge eccezionali in periodi<br />

di tempo molto brevi, e amplificano<br />

il pericolo di esondazioni dei corsi<br />

d’acqua, di frane, di smottamenti».<br />

mente stiamo par<strong>la</strong>ndo di spiccioli, o poco<br />

più, se si pensa che ogni anno si spendono<br />

miliardi di euro per riparare i danni<br />

causati dal dissesto idrogeologico. Senza<br />

par<strong>la</strong>re del costo in vite umane. Ma sono<br />

opere che costano varie centinaia di milioni<br />

di euro l’anno.<br />

in un rapporto sul rischio frane e alluvioni,<br />

redatto da Protezione civile e Legambiente<br />

nel novembre 2008.<br />

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