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Visualizza la rivista - Padri Dehoniani

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N oi<br />

Ubaldo Pacel<strong>la</strong><br />

La missione<br />

<strong>la</strong> conosciamo bene, ma da soli<br />

non siamo in grado di evitar<strong>la</strong>: è <strong>la</strong><br />

fame. Prima emergenza umanitaria<br />

del mondo, quel<strong>la</strong> che lega indissolubilmente<br />

con <strong>la</strong> stessa sottile trama dell’indigenza<br />

centinaia di milioni di persone<br />

in ogni continente, ben oltre le statistiche<br />

del<strong>la</strong> ricchezza, dei beni prodotti,<br />

dei consumismi. Troppi ignorano che si<br />

soffre per <strong>la</strong> fame negli Stati Uniti come<br />

in Africa, in Brasile come in Italia, in India<br />

come in Russia. È un’esigenza che accomuna<br />

uomini di origini e culture diverse,<br />

tutti sono uguali per chi è costretto a<br />

provar<strong>la</strong>: bianchi e neri, asiatici o meticci,<br />

<strong>la</strong> fame par<strong>la</strong> a tutti con lo stesso primordiale<br />

linguaggio. Diverse ci raccontano<br />

un gruppo di amici sono le risposte, <strong>la</strong><br />

solidarietà, <strong>la</strong> condivisione. Purtroppo<br />

quest’ultima non è in linea con le reali<br />

possibilità economiche. Analisi, statistiche<br />

e denunce dimostrano che i popoli<br />

ricchi non sono i donatori migliori. La crisi<br />

economica è un ulteriore fattore drammatico<br />

di povertà che sembra accanirsi<br />

con i più deboli, le fragili comunità, i popoli<br />

che nul<strong>la</strong> hanno avuto dal dissennato<br />

sviluppo del<strong>la</strong> finanza e che oggi vedono<br />

a rischi anche le poche briciole che<br />

cadono dalle tavole dei potenti.<br />

Il recente summit del<strong>la</strong> FAO, svoltosi<br />

a Roma nel novembre scorso, ha infatti<br />

sancito questa triste realtà. Sono mancati<br />

i leader delle grandi economie e agli<br />

oltre 60 capi di stato convenuti non è<br />

restato da spendere che parole, impegni,<br />

progetti e richiami, ma non si sono<br />

visti i 44 miliardi di dol<strong>la</strong>ri l’anno richiesti<br />

dal<strong>la</strong> FAO per l’agricoltura, ne trova<br />

tangibile riscontro l’impegno di sradicare<br />

definitivamente <strong>la</strong> fame dal nostro<br />

pianeta entra il 2025.<br />

L’obiettivo fissato dal Direttore Generale<br />

del<strong>la</strong> FAO Jacques Diouf era quello<br />

di tornare al livello degli anni ’80,<br />

quando all’agricoltura veniva destinato<br />

il 17% degli aiuti, in proporzione proprio<br />

di 44 miliardi di dol<strong>la</strong>ri oggi ipotizzati,<br />

ma quel<strong>la</strong> soglia resta drammaticamente<br />

lontana perché nel 2009 lo sviluppo a-<br />

Oggi ancora,<br />

<strong>la</strong> fame<br />

gricolo resta <strong>la</strong> misera del 5% del totale<br />

degli aiuti finanziari messi in campo.<br />

Alto e forte si è levato l’invito di Benedetto<br />

XVI contro il perdurare del<strong>la</strong> fame<br />

nel mondo. Un richiamo etico capace<br />

di raggiungere il cuore di ogni uomo,<br />

senza alcuna distinzione perché le necessità<br />

non fanno sconti e soccorrere il<br />

prossimo è un imperativo morale che<br />

nessuno può ignorare. Un passaggio<br />

delicato che affronteremo in altra sede<br />

quando approfondiremo i temi toccati<br />

dal summit del<strong>la</strong> FAO.<br />

Oggi vorremmo ricordare solo alcuni<br />

frammentati elementi per capire quale<br />

sia <strong>la</strong> situazione attuale. Le contraddizioni<br />

sono <strong>la</strong>ncinanti come tutto ciò che<br />

spesso avviene in aree marginali del<br />

pianeta, <strong>la</strong>ddove si concentrano le spinte<br />

eversive dell’economia mondiale.<br />

Il continente più povero, l’Africa, è percorsa<br />

attualmente da un vento di rinnovamento<br />

che deve suscitare attenzione, per<br />

capire quali scenari è in grado determinare.<br />

Da un <strong>la</strong>to resta <strong>la</strong> fame, le sofferenze e<br />

l’indigenza, dall’altro corrono gli affari.<br />

I cinesi hanno fatto da apripista in<br />

questa riscoperta del continente nero dagli<br />

inizi del millennio – come ha sottolineato<br />

recentemente La Stampa, con un<br />

reportage del giugno scorso -. Ora arrivano<br />

francesi, americani, indiani e sudcoreani.<br />

Portano investimenti, proposte,<br />

progetti e una gran voglia di fare affari.<br />

Certo, hanno già iniettato nel<strong>la</strong> so<strong>la</strong> Ango<strong>la</strong><br />

cinque miliardi di euro e si sono assicurati<br />

il 70% dei contratti, con migliaia di<br />

chilometri di strade, ferrovie, oltre ai<br />

quartieri residenziali. A cui provvedono<br />

ottantami<strong>la</strong> <strong>la</strong>voratori arrivati da Pechino<br />

che sudano sotto il sole vampante a trasformare<br />

un paese che fino a poco tempo<br />

fa era uno dei più sciagurati del pianeta.<br />

Il terzo gigante<br />

mondiale<br />

Soud Ba’a<strong>la</strong>wi, che guida il Dubai<br />

group, tesse gli elogi dell’Africa: «Negli<br />

ultimi vent’anni il continente ha cono-<br />

A proposito del summit del<strong>la</strong> FAO<br />

sciuto una buona crescita, il Pil è buono<br />

e per noi questo è molto interessante».<br />

Già: ecco l’Africa che non ti aspetti. Mentre<br />

l’Occidente trema per <strong>la</strong> recessione il<br />

continente tenuto in vita dal<strong>la</strong> “rendita<br />

umanitaria”, attardato attorno ai fuochi<br />

dei suoi bivacchi preistorici, crescerà<br />

quest’anno del 2,8% e le previsioni per il<br />

2010 sono del 4,5%. Javier Santino capo<br />

economista dell’Ocse quantifica: «L’Africa<br />

è il terzo apporto al<strong>la</strong> crescita mondiale<br />

dopo <strong>la</strong> Cina e India e il differenziale<br />

di crescita con i paesi ricchi resta positivo<br />

anzi si accresce». E <strong>la</strong> direttrice generale<br />

del<strong>la</strong> Banca mondiale, Ngozi<br />

Okonjo-Iwea<strong>la</strong> rincara: «Il continente più<br />

povero del pianeta appare come più<br />

propizio per gli investimenti che numerose<br />

altre regioni del mondo».<br />

Il miracolo<br />

dell’Ango<strong>la</strong><br />

Qui il Brasile ha aumentato del 500%<br />

i suoi scambi, il Canada è arrivato con<br />

un miliardo di dol<strong>la</strong>ri di credito aperto<br />

per entrare nel Grande Gioco. Nel nuovo<br />

Kuwait petrolifero africano tornano<br />

Jacques Diouf<br />

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