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spiega Tassinari – in cui ci spiegano<br />
che o concediamo gli aumenti richiesti,<br />
oppure non ci danno più la<br />
merce. Segno che hanno già qualcuno<br />
pronto a comprarla a prezzi<br />
più alti. Altre industrie, nel campo<br />
della molitura, ci hanno chiesto aumenti<br />
del 55%”.<br />
Dal suo osservatorio anche <strong>Coop</strong><br />
conferma che alcune richieste di aumento<br />
sono in parte più che giustificabili.<br />
Il problema di fondo è che<br />
però dall’insieme degli elementi oggi<br />
disponibili deriva una previsione che,<br />
sul comparto alimentare, determinerà<br />
una spinta inflazionistica del 2%<br />
nel solo ultimo quadrimestre 2007.<br />
Un dato che travolge le previsioni<br />
fatte sino a metà anno. Tra l’altro, le<br />
stime sul 2007 sono tutte in fase di<br />
revisione anche per effetto della crisi<br />
finanziaria legata ai mutui Usa, per<br />
cui sia il Prodotto interno lordo europeo<br />
che quello italiano, cresceranno<br />
al di sotto delle previsioni.<br />
Il ruolo del governo<br />
Ma più che il 2007 è il 2008 a preoccupare.<br />
“Perché se la spinta di quest’ultimo<br />
quadrimestre è quella che vedia-<br />
“Mi sento lasciato fuori<br />
dalla società”<br />
Il senso d’esclusione in Italia<br />
è il più alto nell’Ue<br />
ITALIA 21 %<br />
LITUANIA 19 %<br />
UNGHERIA 18 %<br />
AUSTRIA 13 %<br />
BELGIO 11 %<br />
INGHILTERRA 11 %<br />
EUROPA A 25 9 %<br />
FRANCIA 9 %<br />
REP. CECA 9 %<br />
GERMANIA 8 %<br />
ESTONIA 7 %<br />
SLOVACCHIA 7 %<br />
GRECIA 6 %<br />
IRLANDA 6 %<br />
PORTOGALLO 6 %<br />
FINLANDIA 6 %<br />
SVEZIA 6 %<br />
SPAGNA 5 %<br />
POLONIA 5 %<br />
DANIMARCA 4 %<br />
OLANDA 4 %<br />
SLOVENIA 2 %<br />
Fonte Eurobaromestro, nov. 2006<br />
ottobre 2007<br />
in primo piano<br />
mo, ciò significa – prosegue Tassinari<br />
– che la previsione per il 2008 è di una<br />
inflazione sugli alimentari, pari al<br />
5,2% su base annua”. Cifre davvero<br />
allarmanti, soprattutto se si pensa che<br />
gli aumenti riguardano prodotti che<br />
sono ogni giorno sulle tavole degli italiani,<br />
come pasta, latte, burro, cereali,<br />
farine e altri derivati. E su tanti di questi<br />
prodotti l’incidenza delle materie<br />
prime sul costo finale è decisamente<br />
superiore al 50-60%.<br />
Evidente che in un clima di questo<br />
tipo, possano innescarsi anche feno-<br />
La ripresa non<br />
La fotografia del paese nel ra<br />
Che dopo la lunga stagione di crisi della prima parte del decennio e la timida<br />
ripresa del 2006, il 2007 rappresenti per l’economia italiana un anno di<br />
consolidamento e di ripresa dei consumi è un dato inoppugnabile. Ma la<br />
ripresa non è uguale per tutti. Anzi. I dati del Rapporto <strong>Coop</strong> sui consumi e la distribuzione<br />
(presentati a Milano e illustrati dal vicepresidente di Ancc-<strong>Coop</strong> Enrico<br />
Migliavacca) restituiscono il quadro di un’Italia nella quale più di 7 persone su<br />
10 ritengono di non guadagnare abbastanza per potersi permettere semplicemente<br />
una vita dignitosa. E ben 2 italiani su 10 si sentono addirittura “esclusi” dalla<br />
società (il dato più alto tra i paesi europei, più del doppio della media europea pari<br />
al 9 per cento). Alla ripresa si è accompagnata inoltre una crescita delle diseguaglianze<br />
sociali e un aumento del divario fra ricchi e poveri. Le difficoltà economiche<br />
non sono una sensazione. Non sono nemmeno una turba psichica di chi va a<br />
fare la spesa sapendo che tornerà a casa con il borsello vuoto e il sacchetto meno<br />
pieno del solito. Chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese denuncia soprattutto<br />
problemi con il pagamento delle spese per l’energia elettrica, il gas e l’acqua. Ma<br />
non sono da meno le spese mediche e quelle per la casa, affitto o mutuo che sia.<br />
In compenso, dal 1970 ad oggi l’incidenza della spesa alimentare sui consumi<br />
degli italiani è passata dal 32,9 al 14,9 per cento, mentre sono enormemente aumentate<br />
le spese per l’abitazione, per i trasporti e per i servizi in genere.<br />
Prezzi sù stipendi giù<br />
E i salari? Sono aumentati o sono diminuiti? A spulciare i numeri che registrano<br />
l’andamento delle nostre entrate c’è da rimanere sconcertati. Un dato su tutti: in<br />
oltre 15 anni (dal 1991 al 2007), la crescita dei salari reali, quelli che determinano<br />
12<br />
meni puramente speculativi, che c’è<br />
da augurarsi siano monitorati e stoppati<br />
in primo luogo da una azione di<br />
controllo che il governo sembra intenzionato<br />
a promuovere, visti i tavoli<br />
di concertazione con le associazioni<br />
economiche e produttive, che sono<br />
già stati convocati. Anche perché, altrimenti,<br />
il rischio è quello di un effetto<br />
valanga. Di un fenomeno, cioè,<br />
che quando parte è piccolo, ma si ingrossa<br />
via via sempre di più. E diventa<br />
quindi difficile, se non impossibile, da<br />
controllare e bloccare. <br />
Diseguaglianze nella distribuzione del reddito<br />
Rapporto tra il reddito del 20% della popolazione con il reddito più elevato e il<br />
20% della popolazione con il reddito più basso. più è alta la cifra più è alto il<br />
tasso di povertà.<br />
1995 2000 2005<br />
UE25 4,5 4,9<br />
UE15 5,1 4,5 4,8<br />
GERMANIA 4,6 3,5 4,1<br />
SPAGNA 5,9 5,4 5,4<br />
FRANCIA 4,5 4,2 4,0<br />
ITALIA 5,9 4,8 5,7<br />
REGNO UNITO 5,2 5,2 5,5<br />
Fonte Eurostat<br />
di Aldo Bassoni