Ottobre - Federazione Trentina della Cooperazione

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CULTURA COOPERATIVA L’INTERVISTA Silvano Rauzi, presidente “storico” della Federazione Allevatori, RAUzI: La terra ha salvato il trentino (e lo farà ancora…) di Franco de Battaglia 34 C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 9 - O T T O B R E 2 0 0 9 testimone di tante battaglie civili e cooperative in una Val di Sole che si è sempre proposta come laboratorio montano a servizio di tutto il Trentino, è per la prima volta vicepresidente della Cooperazione Trentina in rappresentanza del settore agricolo nel suo complesso: lattiero-caseario, vinicolo, orto-frutta. E’ un riconoscimento alla tenacia dell’uomo, al suo ottimismo ideale, alla capacità di convivere con le situazioni più difficili. Vicepresidente Rauzi, la sua nomina è un omaggio allo spirito di sacrifico di tutti gli allevatori trentini. Un riconoscimento dell’importanza strategica dei pascoli, delle malghe, delle stalle, del latte, del formaggio nel Trentino. Come affronta questa responsabilità? Affronto l’incarico con apprensione. Mai come in questo momento i settori dell’agricoltura sono stati in tante difficoltà. Con i prezzi di oggi non si salvano neppure le mele, che in passato hanno sempre portato una boccata d’ossigeno. Le mele: venti centesimi al chilo. Ecco. Ma la nostra forza è la Cooperazione. I magazzini. Le celle frigo. Lo stoccaggio che permette una forza di mercato. Con le cose che vanno male per tutti in campagna, la patata bollente è stata posta nella mani di chi ha più dimestichezza con le difficoltà? In giugno, quando sono stato nominato, certe difficoltà non si vedevano ancora. Per il vino e il latte certamente sì. Per le mele no. Ma c’è un ulteriore problema. L’ortofrutta, ad ogni annata agraria, riprende da capo, inizia una nuova stagione. Un anno va male, l’anno dopo va meglio. Ma con il vino e il formaggio è diverso. Rimangono le giacenze. La crisi di un anno si ripercuote su più anni. Non c’è quindi una soluzione immediata all’attuale crisi. No. Ci sarà un lungo trascinamento. SILVANO RAUzI è nato nel 1938. Sposato, con tre figli. E’ presidente della Federazione Provinciale Allevatori dal 1980. A giugno è stato nominato vicepresidente della Federazione Trentina della Cooperazione per il settore agricolo.
“ Nel Trentino il latte costa 62 centesimi, solo a produrlo. Dall’estero arriva a 17 centesimi. ” Abbiamo fatto il passo più lungo della gamba? No. Siamo invasi da prodotti che provengono da tutto il mondo per niente. Nel Trentino il latte costa 62 centesimi, solo a produrlo. Dall’estero arriva a 17 centesimi. La schiavitù, di fatto, c’è ancora, nelle campagne in Africa, nei paesi asiatici, nei cantieri di Dubai, nei latifondi dell’America Latina. Lo sfruttamento. Non possiamo competere con la schiavitù. Certo, ma nell’attesa della solidarietà internazionale, di un riscatto sociale globale, non possiamo soccombere. Franerebbe non solo il nostro patrimonio territoriale, ma la nostra immagine, i nostri prodotti tipici, la manualità, l’innovazione che abbiamo introdotto sul territorio. Cadrebbe lo scenario turistico. Chi lavora nella terra sente questa responsabilità verso un bene comune che ricade poi su tutti. La zootecnia ha affrontata la crisi per prima. Sono 15 anni che il settore soffre. L’ultima annata buona è stata il 1996. E come ha fatto il settore a resistere 15 anni, contro il mercato? Perché sui pascoli e nelle stalle c’è una grande volontà di resistere, esistenzialmente, prima che economicamente. Voglia di vivere, con una grande partecipazione delle famiglie. C’è orgoglio. E poi l’attenzione della Provincia, sia diretta che attraverso i premi per chi produce meglio. Il presidente Dellai capisce l’importanza strategica della zootecnia, di tutta l’agricoltura per il Trentino. Ma la molla vera è il legame con la terra. La terra che ha “ 35 CULTURA COOPERATIVA Non è solo produrre, è provare la soddisfazione per ciò che si offre. salvato il Trentino, che salverà l’Italia. L’ha detto Giuseppe De Rita al Festival dell’Economia. Un nostro allevatore è andato a salutarlo con le lacrime agli occhi. E gli ha detto: “Sono commosso. Lavoro ogni mattina nella mia stalla. Sono orgoglioso del lavoro che ho scelto”. E’ un orgoglio che vale quanto un contributo finanziario. occorre restituire stima sociale a chi lavora nelle stalle, nel bosco, nei campi. Tutti riconoscono l’importanza dell’agricoltura per il mantenimento del territorio. La zootecnia con le malghe, certo. Ma che sarebbe la Val di Cembra senza le vigne? La Val di Non e la Valsugana senza i meleti? Al primo punto sta quindi il territorio, ma al secondo punto vengono i prodotti. Vanno estese le produzioni qualificate, Dop (denominazione di origine protetta). Certo deve esserci un impegno, nostro, di non tradire il consumatore. I disciplinari, il loro rispetto, sono fondamentali. Non un obbligo, ma un orgoglio da fare proprio. Non è solo produrre, è provare la soddisfazione per ciò che si offre. Di fronte alla crisi il modello va forse un po’ rivisto. Sul fronte della qualità, semmai va potenziato. Ogni valle, ogni zona dovrebbe avere la sua specialità: il Puzzone di Moena, la Spressa delle Giudicarie, il Casolét in Val di Sole. L’orotofrutta ha problemi minori ma crescenti. Tranne Melinda il settore ha un’immagine un po’ appannata. Anche perché l’esperienza Melinda non è automaticamente esportabile. Andrebbe detto un grazie a Guido Ghirardini per Melinda. C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 9 - O T T O B R E 2 0 0 9 E’ anche un suo amico. Lo sanno tutti e ne vado orgoglioso. Ma i Nonesi non riuscivano a mettersi d’accordo, e i Solandri li hanno aiutati. Dovrebbe essere così per tutte le valli trentine, che si aiutino. Ci sono problemi grossi. La grande distribuzione che appiattisce la frutta, i ristoranti con sempre meno bottiglie sul tavolo per il “palloncino”… Poi tutti sanno che non viene dal vino, lo sballo. E il latte? E’ folle ciò che sta accadendo. Una campagna pubblicitaria controproducente, una confusione di prodotti con differenze di prezzo minime, le panetterie che si permettono di non vendere lo yogurt trentino. Un prodotto eccezionale lasciato andare allo sbando. Il prodotto era ottimo, l’immagine era ottima, l’affezione dei consumatori trentini verso il loro latte grande. Rimedieremo allo smarrimento. Non dobbiamo abbandonarci all’idea di miseria. Dobbiamo lottare, trovare la nostra strada. Se ci appiattiamo sulla trasformazione industriale siamo finiti. Abbiamo un patrimonio territoriale e produttivo enorme. Occorre orgoglio di territorio, prima che volontà di produrre. I giovani non fuggono dalle campagne, ci sono, ma occorre mettere a punto un programma per il loro futuro. Dare prospettive e trasferire competenze, manualità e passione. L’innovazione nasce da questo “mix”. Ce la faremo. L’autonomia c’è per questo. E la Cooperazione anche. ”
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