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Ottobre - Federazione Trentina della Cooperazione

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go nelle miniere era una prerogativa<br />

dei locali, che si passavano il posto di<br />

padre in figlio.<br />

Nessun problema, possibile?<br />

Oh no, di problemi ce n’erano eccome.<br />

Intanto noi insistevamo affinché<br />

le famiglie raggiungessero gli uomini,<br />

smettessero di vivere in baracche,<br />

cantine e soffitte poco dignitose, si<br />

costruissero o acquistassero la loro<br />

casetta, e mettessero radici lì.<br />

Perché insistere così tanto per<br />

l’inserimento?<br />

Per dare ordine e stabilità, e quindi<br />

possibilità di felicità, alla loro vita.<br />

Saarland non era ostile, certo lo era<br />

meno <strong>della</strong> loro terra d’origine da<br />

cui erano stati costretti a scappare<br />

da povertà e violenza. Già allora,<br />

negli anni Settanta, si parlava<br />

di concedere il diritto di voto agli<br />

emigranti, almeno a livello locale.<br />

Gli immigrati godevano di tre possibili<br />

status successivi: Frendarbeiter,<br />

“lavoratore straniero”; Gustarbeiter,<br />

“lavoratore ospite”; e Ausländische<br />

Mitbürger, “concittadino straniero”.<br />

Non a caso la gente cominciò<br />

presto a prendere casa, vincendo il<br />

timore di essere allontanata. Alcuni<br />

evocavano addirittura il fantasma di<br />

Hitler: “Vedrà, padre, che presto ci<br />

cacceranno”. E noi a rassicurarli che<br />

questa Germania era del tutto diversa.<br />

Lavoravamo per l’integrazione, la<br />

fiducia e la collaborazione.<br />

E tutto filava liscio?<br />

Non sempre. Tanti maschi italiani<br />

soli, senza famiglia, venivano visti<br />

come una minaccia da alcuni tedeschi.<br />

E in effetti non mancarono<br />

dei drammi familiari. In qualche<br />

locale da ballo comparve la scritta:<br />

“Entrata proibita agli italiani”.<br />

Era una discriminazione grave nei<br />

confronti dell’intera nostra comunità,<br />

e la facevamo rimuovere. Ma<br />

il problema restava. Così cercavamo<br />

di riempire il vuoto di tanti italiani<br />

organizzando per loro feste e incontri<br />

con compaesani.<br />

39<br />

C O O P E R A Z I O N E T R E N T I N A N ° 9 - O T T O B R E 2 0 0 9<br />

CULTURA COOPERATIVA | finestra sul mondo<br />

DON LUIGI FRANzOI<br />

è nato nel 1928 a Sporminore, in Val di Non,<br />

sesto di 14 tra fratelli e sorelle. A 21 anni rimane<br />

orfano di padre e di madre. Ordinato sacerdote<br />

nel 1953, è arciprete a Sarnonico prima di rendersi<br />

disponibile, su incoraggiamento del vescovo<br />

Gargitter, per l’assistenza agli emigrati italiani<br />

in Germania. Da sempre cultore <strong>della</strong> lingua e<br />

<strong>della</strong> cultura tedesche, nel luglio del 1961 arriva<br />

in Saarland, a Saabrücken. Sarà in missione<br />

prima a Saarlouis (diocesi di Treviri) e poi a<br />

Bensheim (diocesi di Mainz). Tornato in Italia<br />

nel 1994, è fondatore e oggi presidente onorario<br />

dell’associazione “Amici del Madagascar”.<br />

E oggi?<br />

Guardando indietro, devo dire che<br />

abbiamo avuto la fortuna di vivere<br />

proprio là dove stava nascendo<br />

l’Europa, al centro del continente.<br />

Il nostro messaggio ai connazionali,<br />

in sintesi, era questo: “Non rinunciare<br />

alla cittadinanza italiana, e<br />

alle vostre tradizioni. Ma non chiudetevi.<br />

Sentitevi europei, cittadini<br />

dell’Europa che sta nascendo”.<br />

Avevate visto giusto. E da prete,<br />

come giudica i suoi trent’anni<br />

tedeschi?<br />

Spesi come meglio non potevo. Sono<br />

contento, e credo si veda. Non posso<br />

neppure dimenticare che, in anticipo<br />

sui tempi, vivevamo l’esperienza<br />

dell’ecumenismo, pregando insieme<br />

tra cattolici, protestanti e ortodossi<br />

(slavi); e incontrando anche i musulmani.<br />

Abbiamo seminato tanto…

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