Scuola e Cultura - Ottobre 2007 - scuola e cultura - rivista
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<strong>Ottobre</strong> - Novembre - Dicembre <strong>2007</strong> 14<br />
weil sich auf ihm oft in zerstreuter Pause<br />
die Hand, die nie an keiner Glut verkohlt,<br />
die unverwundbare, geschmückt, erholt -<br />
Und Knaben, Hoffnungen aus altem Hause,<br />
gehn wie an Gift an meinem Mund zugrund 30 .<br />
Forse ricordandosi delle poesie di Torquato Tasso che, per<br />
esempio, invidia il cagnolino che siede in grembo a<br />
Lucrezia d'Este, Rilke «accosta e combina le più squisite<br />
immagini offerte da Venezia, per riconoscervi la cortigiana,<br />
nella cui regale ed impassibile bellezza la città dei dogi si<br />
avvia verso il suo fatale tramonto» 31 . Con gli<br />
enjambement, che giungono persino a rompere la struttura<br />
architettonica del sonetto, Rilke crea dei "ponti semantici",<br />
correlando l'immagine, la cortigiana, il suo contenitore,<br />
Venezia, e l'azione, la corruzione di giovani di antiche<br />
famiglie, un'immagine quest'ultima che certamente sarà<br />
piaciuta moltissimo a Piccolo e a Tomasi per il suo<br />
coinvolgere l'idea di aristocrazia, del trascorre del tempo,<br />
del tramonto e della crisi. Vi sono poi le costruzioni<br />
temporali introdotte per lo più da "quando", così care a<br />
Rilke che apre tante sue liriche con il programmatico Wen":<br />
«Wenn ich einmal im Lebensland», che in tedesco può<br />
anche avere il significato di "se", o «Wenn es nur einmal /<br />
so ganz stille wäre».<br />
È comunque la deoggettivazione della parola-oggetto a<br />
rendere con una vaghezza di significati l'atmosfera, con l'io<br />
poetante intento, nel silenzio notturno, a riflettere<br />
sull'inconsistenza dell'essere e sulla irrefrenabile fuga del<br />
tempo. Vi è in questo motivo un ascendente leopardiano,<br />
ma rilkiano (del Rilke più maturo) è il non dirlo direttamente,<br />
il farlo trapelare dall'oggetto/parola. La tensione lirica deriva<br />
dal contrasto tra le estreme capacità reattive del poeta, la<br />
sua acuta sensibilità, il suo desiderio di eternità e la<br />
consapevolezza che l'unica eternità possibile per l'uomo è<br />
quella racchiusa entro il processo della ripetizione<br />
generazionale che ha la sua documentazione nelle arti. Per<br />
Rilke significativa in proposito è la lirica Gesang der Frauen<br />
an den Dichter dalla raccolta Neue Gedichte<br />
Sieh, wie sich alles auftut: so sind wir,<br />
denn wir sind nichts als solche Seligkeit.<br />
Was Blut und Dunkel war in einem Tier,<br />
das wuchs in uns zur Seele an und schreit<br />
als Seele weiter. Und es schreit nach dir.<br />
Du freilich nimmst es nur in dein Gesicht<br />
als sei Landschaft: sanft und ohne Gier.<br />
Und darum meinen wir, du bist es nicht,<br />
nach dem es schreit. Und doch, bist du nicht der,<br />
an den wir uns ganz ohne Rest verlören?<br />
Und werden wir in irgend einem mehr?<br />
Mit uns geht dan Unendliche vorbei.<br />
Du aber sei, du Mund, dass wir er hören,<br />
du aber, du Uns-Sagender: du sei 32 .<br />
Fondamentale, sia in Rilke che in Piccolo, è la certezza che<br />
al poeta è concesso di andare oltre l'apparenza della cosa<br />
per giungere a percepire (nella solitudine della notte),<br />
seppure vagamente, indistintamente, forze e tensioni<br />
elementari che la cosa in sé nella sua apparenza non<br />
manifesta. Si tratta a volte del respiro del vento o del mare,<br />
di sussurri di rocce o di alberi, del bisbigliare dei fiori e degli<br />
angoli dei parchi o della casa. Sono naturalmente<br />
sensazioni prodotte dalla reattività dell'io che riesce poi a<br />
ritrasmetterle attraverso una parola attiva in una duplice<br />
valenza: a) come segno che richiama la cosa in sé, b)<br />
come segno inserito in una catena di segni con i quali<br />
interagisce dando corpo a sequenze ritmiche da cui si<br />
sprigionano tonalità sublimi e significative appunto nel<br />
succedersi di suoni situati oltre ogni peso delimitante e, in<br />
un certo senso, oppressivo proprio della comunicazione<br />
diretta. La plumelia, il gelsomino, il tulipano ecc. ricevono<br />
una esistenza che è contemporaneamente quella propria<br />
del fenomenico e quella che si pone oltre il fenomenico,<br />
invenandosi di significazioni per interazioni sia interne (i<br />
segni tra loro) sia esterne (le competenze <strong>cultura</strong>li e del<br />
mondo del lettore). Elaboratissimo risulta l'intreccio di cose<br />
e d'impressioni da cui scaturiscono vaghi significati<br />
metafisici. Inserita nel vortice poetico, la cosa è «zu wenig<br />
Ding und doch nog Ding genug» come la palla gettata in<br />
alto consiste nel suo essere «zwischen Fall und Flug»<br />
nell'attimo di assenza di movimento che precede<br />
immediatamente la ricaduta, man mano più veloce, verso il<br />
basso in cui si chiude il processo di trasformazione della<br />
cosa, la quale, una volta nelle mani che l'afferrano,<br />
ridiventa la cosa in sé, la palla (Der Ball da Neue<br />
Gedichte) 33 .<br />
Per Piccolo si può rileggere, tenendo conto di questa<br />
angolatura, Gioco a nascondere, ma credo che sia tipico<br />
della sua poesia il muoversi tra due spazi: uno che rinvia al<br />
mondo fenomenico l'altro che sembra negarlo per<br />
immergersi in spazi indefiniti ed in fondo indefinibili.<br />
L'immagine del poeta come un vaso che riceve in sé e<br />
chiarifica le immagini e le impressioni, è centrale sia in<br />
Rilke che in Piccolo.<br />
Le metafore, le catene sintagmatiche costitutive dei<br />
processi in atto dell'espressione poetica, oltrepassano la<br />
"siepe", l'oggettivo riuscendo così ad alludere «a qualcosa<br />
che non è possibile esprimere razionalmente e la cui<br />
comprensione non esaurirà il contenuto in esse celato» 34 .<br />
Come per Leopardi e per Rilke, per Lucio Piccolo la poesia<br />
è «un poetico, rotto e ripreso, ma continuo discorso<br />
sull'Essere, su tutto ciò che è, di cui brama e paventa e<br />
rivuole una conoscenza crescente, anche se, invece di<br />
andargli incontro, sembra attendere passivamente» 35 . Vi è<br />
in entrambi i poeti la ricerca di una profondità espressiva,<br />
unita ad una certa inerzia, immobilità. Amoroso ha parlato a<br />
proposito della poesia di Piccolo di «termini del reale,<br />
dilatati fino a latitudini cosmiche» 36 , una frase questa che si<br />
potrebbe utilizzare benissimo anche per Rilke. Comune è<br />
un'assoluta dominanza e centralità dell'io poetante. Ogni<br />
parola è monologicamente ripiegata su se stessa e<br />
rimanda sempre all'io, sia che ne manifesti vibrazioni<br />
spirituali sia che si rivolga al mondo, dato che sarà sempre<br />
l'angolatura dell'io e la sua percezione a venirne privilegiata<br />
e perciò a determinarla. Tale processo di soggettivazione<br />
del reale, con il conseguente concepire la sua esistenza<br />
solo come possibile nel momento di compenetrazione e<br />
ricezione/accettazione da parte dell'io - processo che porta<br />
Rilke a superare (dall'interno) le strettoie del decadentismo<br />
e dell'impressionismo -, si ripete in Piccolo, rafforzato dalle<br />
letture dei filosofi tedeschi degli anni Trenta, Husserl e<br />
Heidegger in particolare. Nel poeta siciliano la<br />
deoggettivazione del segno raggiunge forme estreme<br />
(risentendo anche della lezione dei simbolisti francesi e di<br />
poeti come Guillén, Rebora, Ungaretti, Montale e Yeats 37 ),<br />
per cui le sue parole risultano cariche di connotazioni e di<br />
simboli di denso spessore. Riesce così a conferire<br />
all'oggetto uno «splendore magico» 38 , come fa Rilke sia<br />
con i suoi castelli o conventi, sia con i sobborghi popolari di<br />
Parigi; entrambi si affacciano oltre il limite (Gioco a<br />
nascondere), oltre la cosa in sé, sino a raggiungere una<br />
realtà «senza spazio e senza tempo» 39 . Si considerino i<br />
versi seguenti:<br />
Voce umile e perenne<br />
sommesso cantico<br />
del dolore nei tempi,<br />
che ovunque ci giungi<br />
e ovunque ci tocchi,