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Scuola e Cultura - Ottobre 2007 - scuola e cultura - rivista

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<strong>Ottobre</strong> - Novembre - Dicembre <strong>2007</strong> 32<br />

confondesse nella stessa fascinazione suo padre che la<br />

guidava e quel mago di favole fantastiche che alla fine si<br />

accontentava di rare offerte.<br />

Così, su questa storia delle marionette ci incontrammo e<br />

le fu facile, poi, superare le diffidenze, le differenze. Da<br />

allora fu lei a guidarmi, a suggerirmi quasi come fare per<br />

poter continuare a vederci, finché cominciò con molto<br />

sussiego a parlarmi dell’importanza che aveva per noi<br />

fare la Trasatura. A San Giuseppe, proprio il giorno di<br />

San Giuseppe. Dovevamo fare la Trasatura se<br />

volevamo non avere problemi, non cercare più<br />

sotterfugi. E’ dialetto vostro, naturalmente; non sai<br />

cos’è? Figurati che ci capivo io, allora: non ero sicuro<br />

neppure con l’Italiano! Dunque, dovevo andare per la<br />

prima volta a casa sua a conoscere i genitori,<br />

nell’ufficialità di un pranzo. Era un aggiustamento,<br />

mancavano, infatti, i miei per una normale Trasatura ed<br />

era peccato non dover mostrare il corredo ai futuri<br />

suoceri – non tutti se lo potevano permettere, un<br />

corredo così –. Tanti sacrifici e non farlo vedere! Per il<br />

meritato vanto della famiglia, per la soddisfazione della<br />

sua mamma. Ecco, almeno le tovaglie, le belle tovaglie<br />

ricamate dalle signorine Ciotola, sistemate sui letti, sui<br />

cassoni, esposte per parenti e vicini di casa. Così mi<br />

diceva in quei giorni, come per convincermi della<br />

giustezza della sua decisione; così ha sempre ripetuto,<br />

come legata ad un vecchio disco, tanto che anch’io,<br />

vedi, non posso raccontarlo che con le sue parole. Oggi<br />

non si usa più, ma allora era un rito inevitabile, ho<br />

saputo in seguito: ufficializzare il fidanzamento e<br />

mostrare la dote della ragazza.<br />

Fu stabilito tutto e con mille sue raccomandazioni<br />

sull’ora, su cosa dovevo dire e, soprattutto, ciò che non<br />

dovevo dire. Naturalmente non avrei dovuto parlare del<br />

Fascismo e di Mussolini, neppure genericamente,<br />

figuriamoci pronunciare “Mussolini, marionetta di Hitler”,<br />

come si diceva tra di noi. Suo padre era un fedele<br />

monarchico e, pur di salvare i Savoia, avrebbe salvato<br />

anche la Repubblica di Salò.<br />

Tutto preparato, invece quel giorno, proprio quel giorno<br />

si visse nel nostro quartier generale, posto nella <strong>Scuola</strong><br />

Elementare, una giornata frenetica, picchetti d’onore,<br />

rassegna dei reparti schierati, perché era arrivato il<br />

generale del nostro Corpo d’Armata: visita breve, ma<br />

importante. Anders inaugurava le nuove formazioni di<br />

brigata, in cui si inserivano quelli come me, Polacchi sì,<br />

ma obbligati dagli occupanti Tedeschi all’arruolamento<br />

forzoso nella Wermacht. Eravamo stati doppiamente<br />

disgraziati, avevamo dovuto combattere anche contro i<br />

nostri connazionali che erano dall’altra parte, nella 5°<br />

Armata, ma, una volta catturati, venivamo integrati nei<br />

loro reparti. Era un momento importante per noi. Per me<br />

fu significativo come un battesimo, così la giornata<br />

particolare mi aveva fatto dimenticare il mio<br />

appuntamento a pranzo da Nina. Non dimenticato, ma<br />

certamente ne avevo sottovalutato l’importanza: era<br />

solo un pranzo per me. Ci andai il pomeriggio senza<br />

chiedermi l’ora, senza capire che l’orario differito<br />

avrebbe avuto implicazioni tanto terribili. Allora, io<br />

conoscevo altre tragedie.<br />

Mi accolse come se avessi commesso un delitto, non mi<br />

fece entrare, anzi, mi allontanò dalla sua casa con una<br />

circospezione per me incomprensibile. Non voleva<br />

ascoltare la mia giustificazione, figuriamoci crederci.<br />

L’unico varco attraverso il quale sembrava potesse<br />

passare la mia salvezza, cioè la straordinarietà della<br />

visita di Anders, era anche quello che di più la<br />

insospettiva: chi era questo Anders? Non poteva essere<br />

vero che un personaggio importante, quanto io<br />

sostenevo, fosse arrivato senza che in paese se ne<br />

sapesse nulla, e via di seguito. Forse perché non<br />

sapevo spiegare bene le mie ragioni, oppure perché le<br />

sue erano più brucianti, fatto sta che quella battaglia lei<br />

la vinse facilmente, lasciando me sorpreso, disorientato<br />

e solo. Molto, molto tempo dopo ho capito che i suoi<br />

genitori erano rimasti molto male, imbarazzati nei<br />

confronti dei parenti che avevano coinvolto in quel<br />

pranzo e, soprattutto avviliti per aver fatto inutilmente un<br />

grosso sacrificio economico. Nonostante le ristrettezze<br />

causate dalla guerra, erano riusciti a preparare un vero<br />

pranzo, come nella tradizione per S. Giuseppe: ciciri e<br />

tria – che la farina per la tria non si trovava, nemmeno a<br />

pagarla – e, persino due polli erano riusciti a comprare.<br />

Volevano fare una buona figura con l’ospite, ma anche<br />

la figlia, quella sua giornata doveva ricordarsela bene,<br />

guerra o non guerra.<br />

Non voleva vedermi più. Tutta colpa di quei ceci,<br />

preziosi potevo anche crederci, visto che a noi Polacchi<br />

erano sconosciuti, ma non tanto da giustificare una<br />

simile fine per il nostro amore che fin lì era sembrato<br />

importante e serio. Pensa che, nell’italianizzarmi, i ceci<br />

sono entrati molto facilmente nella mia dieta – ottimo<br />

legume, li mangio con gusto e non solo di San<br />

Giuseppe; Nina sapeva il segreto per una buona cottura<br />

– però non ho mai potuto fare a meno di pensarli una<br />

divina mannaia, il discrimine tra la vita e la morte…,<br />

come nei Vespri Siciliani. Vedi quanto sono diventato<br />

italiano, anche l’Opera lirica mi piace, perché piaceva<br />

tanto a Nina.<br />

Eh! Quante cose!<br />

Con la complicità della cugina le feci arrivare un<br />

pacchettino con saponi, cioccolata e sigarette per suo<br />

padre. Niente ringraziamenti, né l’appuntamento<br />

sperato. Capì, allora, che non ero stato io a cercare lei,<br />

ma il contrario. Infatti, per quanto mi affannassi, non<br />

riuscivo più a vederla, almeno per spiegarmi perché<br />

fosse finita così.<br />

Poche settimane dopo finì la guerra. Per noi Polacchi<br />

era tutto da decidersi. Ben presto, però, non sembrò<br />

scontato il ritorno in Patria e, intanto, si organizzavano<br />

per chi lo volesse corsi di studio in diversi paesi qui<br />

intorno, ognuno con un indirizzo differente. Io riprendevo<br />

i miei studi classici, perciò mi trasferivo nella sede di<br />

Alessano. Furono sei mesi densi e positivi, ma mi<br />

accorsi che non potevo non pensare a Nina, tanto che<br />

nel nuovo paese non cercai alcun contatto con la gente<br />

del posto, indubbiamente più disponibile con noi che<br />

altrove.<br />

Finalmente trovai il modo di farle giungere un biglietto,<br />

nel quale le chiedevo di muovere lei i fili della mia vita.<br />

Dovevo tornare in patria o restare? Restai.<br />

Vedi, racconto con nostalgia. Il passato, com’è<br />

rassicurante…, ed erano tragedie enormi! E’ il futuro<br />

che è sempre spaventoso. Senza Nina ritornano tutte le<br />

paure dei vuoti del mio destino.<br />

Cristina Martinelli<br />

1 Lo storico teatro dei burattini della Compagnia<br />

AURORA della famiglia Dell’Aquila a Canosa.

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