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Scuola e Cultura - Ottobre 2007 - scuola e cultura - rivista

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<strong>Ottobre</strong> - Novembre - Dicembre <strong>2007</strong><br />

comunità (dirigenza, docenti, studenti, famiglie, etc.);<br />

attori che interagiscono in funzione dei significati che<br />

attribuiscono agli eventi, al loro cooperare e agli<br />

scopi verso il quale esso è diretto, in definitiva in<br />

funzione del senso che danno al contesto. Una tale<br />

prospettiva porta a pensare alla dispersione o, in<br />

positivo, alle strategie di motivazione degli allievi<br />

come ad una questione che non concerne un singolo<br />

ma la <strong>cultura</strong> in cui è iscritto. In questo senso, il modo<br />

più efficace per implicare gli allievi nei setting di<br />

insegnamento/apprendimento è “far funzionare bene<br />

la <strong>cultura</strong> della <strong>scuola</strong>” (Salvatore, Scotto Di Carlo,<br />

2005).<br />

Per concludere…<br />

Speriamo che quanto proposto in queste pagine dia<br />

conto di come la professione psicologica possa<br />

caratterizzarsi nell’ambito scolastico per la pluralità di<br />

problemi che affronta ed allo stesso tempo per<br />

l’unitarietà metodologica della propria<br />

competenza/funzione.<br />

Abbiamo suggerito alcune linee guida per orientare<br />

l’intervento psicologico a <strong>scuola</strong>; linee che, in<br />

definitiva, ci sembra possibile ricondurre a due<br />

strategie di fondo:<br />

• sviluppare la relazione con il cliente (possedere<br />

quindi una funzione psicologica orientata al cliente);<br />

• agevolare la lettura dei contesti (elaborando<br />

un’interpretazione del mondo scolastico come<br />

dinamica di costruzione di senso).<br />

Ciò ci ha permesso di prospettare il profilo di una<br />

professione che si definisce in ragione dei problemi<br />

del mondo scolastico, piuttosto che in rapporto alla<br />

costruzione autoreferenziale dei fenomeni su cui<br />

interviene. La nostra ipotesi dunque è quella di una<br />

professione che gioca il proprio sviluppo sulla<br />

capacità di orientarsi alla domanda, di lavorare non<br />

semplicemente nella <strong>scuola</strong> ma per la <strong>scuola</strong>, di<br />

operare cioè al servizio dello sviluppo del sistema<br />

scolastico (Cavalieri, 2002) promuovendo la presa in<br />

carico dei problemi/processi da parte degli attori<br />

chiamati a gestirli.<br />

Ciò che abbiamo osservato in questi anni è che in<br />

diverse scuole la proposta di un siffatto modello di<br />

funzione psicologica ha consentito la costruzione di<br />

un’interazione tra psicologo e attori scolastici<br />

produttiva per entrambi i membri della relazione;<br />

inoltre questo metodo ha provveduto (in svariati casi<br />

in maniera autonoma) ad estendere le conoscenze<br />

acquisite superando l’evento che aveva motivato la<br />

richiesta di intervento. Abbiamo considerato questo<br />

un segnale di successo sia per l’iniziativa contingente<br />

sia per la psicologia scolastica, il che ci incoraggia a<br />

proseguire sulla strada intrapresa.<br />

Piergiorgio Mossi<br />

Sergio Salvatore<br />

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