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22 MODULO 5 Il sistema tributario italiano IL GETTITO DELLE IMPOSTE DIRETTE redditi d’impresa ha sempre permesso la documentazione di spese che diminuiscono sensibilmente l’imponibile e alleggeriscono il carico fiscale per le altre due principali imposte sui redditi, che, per tutto il periodo di esistenza dell’Ilor, erano Irpef o Irpeg. Coerentemente con quest’ultima ragione, l’Ilor era stata strutturata come imposta reale, per la quale erano ammesse soltanto limitate deduzioni per le piccole imprese. Progressivamente – ma non senza un defatigante contenzioso – l’esenzione dall’Ilor era stata estesa anche ai lavoratori autonomi e a quelle categorie di imprese in cui l’attività lavorativa dei titolari risultasse determinante, come nelle imprese artigiane. In ultima analisi si può dunque ritenere che l’Ilor assolvesse alla funzione di discriminare qualitativamente i redditi, funzione che nessun altro tributo di fatto svolgeva – e svolge – nel sistema tributario italiano. Per quanto riguarda invece la funzione di assicurare incassi autonomi agli enti locali, si è registrata una totale frustrazione delle aspettative, perché il gettito è stato saldamente tenuto dallo Stato, alle prese con la vertiginosa crescita del deficit e del debito. Gli enti locali hanno quindi continuato a doversi accontentare delle assegnazioni di risorse decise e gestite dall’Amministrazione centrale. L’Ilor è stata soppressa, con effetto dal 1998, e il Titolo III del Tuir abrogato, al momento dell’introduzione dell’Irap. Va pure messo in evidenza che nemmeno l’attuale testo del Tuir esaurisce la disciplina delle imposte sui redditi: l’accertamento, la riscossione e le sanzioni sono regolati in altre norme, valide anche per altri tributi. Inoltre l’assetto normativo non è affatto stabile; ogni anno la Legge finanziaria apporta modifiche più o meno rilevanti, che vanno a incidere sugli aspetti più variegati delle imposte suddette, dalla determinazione dell’imponibile, alla variazione delle aliquote, a seconda della manovra che di volta in volta viene varata dall’Esecutivo in carica. Le imposte dirette forniscono un consistente gettito alle casse dell’erario. Le due maggiori imposte, Irpef e Ires, hanno garantito da sole, nel 2006, circa il 90% degli incassi dello Stato per imposte dirette, il che equivale a dire poco meno della metà del totale delle entrate tributarie. La quota restante è frazionata fra una ventina di voci riferite a condoni, a diversi tipi di tributi sostitutivi e a vecchie imposte dirette che continuano a produrre un LE IMPOSTE DIRETTE NELL’ANALISI ECONOMICA DEGLI INCASSI TRIBUTARI ESPOSTI NEL BILANCIO DELLO STATO (miliardi di lire per 1990 – milioni di euro per 2000 e 2007) Tributi Irpef Ires Ilor Ritenute sui redditi di capitale Imposta sul patrimonio netto delle imprese Ritenuta di acconto o di imposta sugli utili distribuiti dalle persone giuridiche Condoni Altre TOTALE IMPOSTE DIRETTE IMPOSTE SUCCESSORIE 1990 (Lit.) 111.384 17.507 21.745 30.447 0 2.404 65 738 184.290 729 dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese, Volume III, appendice statistica, anni diversi 2000 (€) 117.449 29.023 164 13.687 283 250 74 6.329 167.259 929 2007 (€) 153.832 51.111 16 13.244 6 539 79 4.975 223.802 128
10. Le imposte dirette gettito, anche se sono state soppresse, in ragione dei forti ritardi con cui le controversie tributarie costringono l’erario a incassare i crediti. Si noti, peraltro, che fra questi tributi minori le ritenute sui redditi da capitali valgono da sole più del 5% del totale delle imposte dirette (il 2,8% del totale del gettito tributario). 2. Le imposte dirette, le Regioni e le autonomie locali DIFETTI DEL SISTEMA TRIBUTARIO – CARENZA DI IMPOSTE PATRIMONIALI KALDOR, NICHOLAS Ungheria–Stati Uniti, 1908–1986 Fra le imposte dirette vanno considerati anche alcuni importanti tributi il cui incasso non compare nel bilancio dello Stato. Condizioni politiche ed economiche hanno impedito che l’Ilor svolgesse la funzione di sostenere effettivamente l’autonomia finanziaria – e, appunto, politica – degli enti locali. La questione è però rimasta nell’agenda delle forze rappresentate in Parlamento e, a partire dall’inizio degli anni Novanta, si registrano alcune significative innovazioni che portano alla contemporanea soluzione di due importanti debolezze del sistema. A differenza dei sistemi tributari di altri Paesi europei paragonabili all’Italia per popolazione e sviluppo economico, nell’ordinamento italiano si registravano sia la carenza di imposte patrimoniali, sia l’inadeguatezza di tributi di diretta competenza degli enti locali. La carenza di imposte patrimoniali priva il sistema tributario di strumenti utili per: ◆ perfezionare il controllo amministrativo contro l’evasione; ◆ garantire l’equità della tassazione in base alla capacità contributiva; ◆ ridistribuire la ricchezza, riducendo le disuguaglianze economiche; ◆ incentivare l’impiego delle risorse patrimoniali in investimenti produttivi. L’esistenza di un’imposta patrimoniale permette, anzi costringe, l’Amministrazione tributaria a raccogliere e accertare informazioni sulle situazioni, appunto, patrimoniali dei contribuenti, sicuramente utili anche per combattere l’evasione delle imposte sui redditi. Sono facilmente intuibili i motivi: chi nasconde ricchezza difficilmente ha convenienza economica a lasciarla inutilizzata, ma, in qualche modo, la investe in titoli mobiliari, in immobili, in beni preziosi. La capacità contributiva si esprime attraverso differenti manifestazioni della ricchezza, fra le quali la proprietà di uno stock di beni o di moneta. È di comune esperienza osservare o essere indirettamente a conoscenza dell’esistenza di patrimoni di piccole dimensioni, come pure di patrimoni di enorme valore. La capacità contributiva dei soggetti in possesso di consistenti stock di risorse può rivelarsi perfino superiore a quella di contribuenti di reddito medio e alto. Si deve a N. KALDOR un esempio estremamente chiaro e fondato su un caso limite: in mancanza di un’imposta sul patrimonio, possono trovarsi a non pagare alcuna imposta diretta tanto un individuo poverissimo, privo di redditi, quanto una persona estremamente ricca, che non svolge alcuna attività, ma è proprietaria di oro e gioielli per un ingente valore. Il reddito di questi due soggetti risulta identico, ossia zero, ma ovviamente non è certo identica la loro capacità contributiva. Merita anche ricordare che la redistribuzione della ricchezza non è esclusivamente un fondamentale obiettivo sociale e politico, ma lo stesso sistema economico può trarre vantaggio dall’aumento della capacità di spesa dei soggetti con reddito più basso e, conseguentemente, con propensione al consumo più elevata. Questo effetto positivo risulta ancora più consistente se l’imposta colpisce stock di beni 23
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