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36 MODULO 5 Il sistema tributario <strong>it</strong>aliano<br />

→<br />

pef sono abbastanza rigidi, mentre la spinta a evadere poggia principalmente sulla possibil<strong>it</strong>à di<br />

farlo senza grossi rischi e costi, più che sulla differenza marginale che deriverebbe da una minore<br />

aliquota.<br />

Ma i contro sono maggiori dei pro<br />

Più convincenti paiono invece i motivi di perpless<strong>it</strong>à. Data per necessaria e utile (in ultima analisi<br />

anche ai fini produttivi) un’azione redistributiva del bilancio pubblico, un «sistema tributario informato<br />

a cr<strong>it</strong>eri di progressiv<strong>it</strong>à» (come prescrive la nostra Cost<strong>it</strong>uzione) non può non poggiare su<br />

un’Irpef progressiva, considerato che le altre imposte vigenti sono essenzialmente proporzionali<br />

se non regressive.<br />

Anche la copertura del gett<strong>it</strong>o che un’aliquota unica Irpef genererebbe cost<strong>it</strong>uisce un problema importante.<br />

Contrariamente alle tesi di “autofinanziamento” che secondo alcuni sosten<strong>it</strong>ori una riduzione<br />

dell’Irpef mediante la flat tax conseguirebbe, un recente studio di Mankinw e Weinzierl, consulenti<br />

del presidente Bush, giunge alla conclusione, sotto specifiche e favorevoli ipotesi, che un<br />

taglio delle imposte su cap<strong>it</strong>ale e lavoro può portare, ma solo nel lungo periodo, a un recupero tra<br />

il 50% e il 17%, a seconda della natura del redd<strong>it</strong>o. Si può perciò arguire che anche per i più accesi<br />

sosten<strong>it</strong>ori delle riduzioni fiscali sui redd<strong>it</strong>i personali è preventivabile una netta perd<strong>it</strong>a di gett<strong>it</strong>o,<br />

che andrebbe recuperata o con altre tasse, o con la riduzione di servizi e trasferimenti pubblici (o,<br />

come avvenuto in Italia, con aumenti dei defic<strong>it</strong>, che si lim<strong>it</strong>ano a spostare sulle generazioni future<br />

gli oneri e i problemi).<br />

Qualche considerazione va infine fatta, per la rilevanza delle conseguenze, sulla tesi che la contrarietà<br />

alla flat tax non ha ragione di esistere ove essa fosse accompagnata da deduzioni e detrazioni<br />

che la rendessero progressiva. Si ricorderà che tale tesi ha permeato le riforme Irpef delineate da<br />

Tremonti e approvate dal Parlamento, oltre che qualche intervento e proposta dall’opposizione. È<br />

indubbio che l’introduzione di una franchigia esente, o di deduzioni o detrazioni, fisse o decrescenti,<br />

rende progressiva anche un’imposta con una sola aliquota: se ad esempio i primi € 10.000 sono<br />

esenti e l’aliquota è del 30%, chi guadagna € 20.000 deve un’imposta di € 3.000, mentre chi<br />

guadagna il doppio, cioè € 40.000, deve un’imposta di € 9.000, che è il triplo di € 3.000.<br />

Tuttavia resta centrale stabilire il grado di progressiv<strong>it</strong>à e di azione redistributiva che l’Irpef svolgerebbe;<br />

da questo punto di vista, l’azione svolta da scaglioni e aliquote è generalmente più potente e<br />

più flessibile delle franchigie e/o deduzioni-detrazioni. Per redd<strong>it</strong>i elevati al di sopra di € 200.000,<br />

ad esempio, è quasi irrilevante quali siano le franchigie o deduzioni, mentre è fondamentale qual è<br />

l’aliquota massima applicata: con una flat tax al 25-30%, questi redd<strong>it</strong>i contribuirebbero al finanziamento<br />

della spesa pubblica in maniera nettamente inferiore a quanto fanno ora con l’aliquota<br />

marginale massima al 43%.<br />

Troppo complicati i correttivi per la progressiv<strong>it</strong>à<br />

Ma l’introduzione di consistenti correttivi per la progressiv<strong>it</strong>à annullerebbe anche uno dei vantaggi<br />

attribu<strong>it</strong>i alla flat tax, quello della semplificazione, della percepibil<strong>it</strong>à e della economia di gestione<br />

dell’imposta: basta pensare all’Irpef <strong>it</strong>aliana vigente, con detrazioni e doppie deduzioni decrescenti<br />

con due diverse formule, che rendono oltremodo difficile per il contribuente medio (e anche per<br />

qualche addetto ai lavori) intuire quale sarebbe l’aliquota marginale effettiva che pagherebbe su un<br />

eventuale incremento di redd<strong>it</strong>o. D’altro canto, una struttura Irpef ad aliquote e scaglioni che comprendesse<br />

anche l’aliquota zero conterrebbe di fatto una franchigia senza la necess<strong>it</strong>à di prevedere<br />

detrazioni o deduzioni. In conclusione, sebbene pare convincente che aliquote personali basse sul<br />

redd<strong>it</strong>o siano (a par<strong>it</strong>à di altre condizioni) in qualche misura di incentivo alla produzione, le inev<strong>it</strong>abili<br />

conseguenze in termini di maggiori altre imposte o minori servizi pubblici rendono questa strategia<br />

di dubbio effetto, mentre appare pressoché certo l’indebolimento della fondamentale azione<br />

redistributiva del bilancio pubblico, a causa sia della minore progressiv<strong>it</strong>à delle imposte, sia della<br />

minore presenza di spesa pubblica “sociale”.<br />

È forse principalmente per questi motivi che i Paesi dell’Europa occidentale, supportati da un ampio<br />

consenso dei c<strong>it</strong>tadini, hanno mantenuto strutture dell’imposta personale ben ancorate a scaglioni<br />

e aliquote che vanno dallo 0% al 50% e oltre.<br />

liberamente tratto da FERNANDO DI NICOLA, Perché no alla flat tax,<br />

apparso su una rivista telematica

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