qui - maria vita romeo

una forma superiore, di un universale etico-politico che dimorò, per secoli,
nella res publica. E la risposta del grande filosofo tedesco non si fa attendere:
è vero, Roma seppe domare con la forza l’italico individualismo, lo mise
in ginocchio, lo costrinse al silenzio per secoli, tuttavia non riuscì a realizzare
in profondità un’educazione
morale e civile.
Sicché, una volta crollato
l’istituto universale romano,
quella molla dell’eterno
individualismo italico,
per secoli compressa,
scattò ancor più energicamente
e con effetti devastanti
sempre crescenti.
Certo, rimane nel carattere
italiano una traccia della
«salda personalità» degli
antichi romani, ma è
una personalità che spicca
soprattutto nel negativo.
Infatti, nulla è rima-
sto del l’orgoglio e della
gravità del civis romanus:
Note etico-politiche nel Gesuita Moderno di Gioberti 39
F. Fabbi, La morte di Anita Garibaldi.
questi italiani, indegni eredi di Roma, non combattono per la loro libertà,
anzi si offrono spontaneamente al dominio straniero. E per di più sono
tanto cinici da scherzarci sopra.
E anche quando «il loro estremo egoismo, degenerato in ogni sorta di
delitti» trovò una mitigazione nella cultura e nelle grandi opere d’arte, gli
italiani, secondo Hegel, s’innalzarono bensì dalla verde e selvaggia vitalità
egoistica alle vette dello Spirito con l’attività estetica, ma giammai realizzarono
l’equilibrio e la sintesi del momento razionale dello Spirito. Non meraviglia,
perciò, che nella terra italiana, accanto a grandiose forme di religiosità,
convivano la sensualità più sfrenata, la più grande gioia di vivere e
la genialità artistica più raffinata: tutti ingredienti che non portano affatto
all’eticità dello Stato hegeliano!