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Letteratura italiana Due itinerari di lettura - Mondadori Education

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<strong>Due</strong> <strong>itinerari</strong> <strong>di</strong> <strong>lettura</strong><br />

«Si metta»: dovevo venire nel Lager per accorgermi che è la stessa espressione <strong>di</strong> prima,<br />

«e misi me». Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una osservazione<br />

importante. Quante altre cose ci sarebbero da <strong>di</strong>re, e il sole è già alto, mezzogiorno<br />

è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.<br />

Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca:<br />

Considerate la vostra semenza:<br />

fatti non foste a viver come bruti,<br />

ma per seguir virtute e conoscenza.<br />

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo <strong>di</strong> tromba, come la<br />

voce <strong>di</strong> Dio. Per un momento, ho <strong>di</strong>menticato chi sono e dove sono.<br />

Pikolo mi prega <strong>di</strong> ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo<br />

del bene. O forse è qualcosa <strong>di</strong> più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento<br />

pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che<br />

riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo<br />

ragionare <strong>di</strong> queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle.<br />

Umberto Saba<br />

(Trieste, 1883-Gorizia, 1957)<br />

La lirica Ulisse chiude la raccolta Me<strong>di</strong>terranee (1946), che transita nell’e<strong>di</strong>zione<br />

1948 del Canzoniere. L’eroe omerico, ripreso in chiave autobiografica e attraverso i<br />

ricor<strong>di</strong> dell’infanzia, <strong>di</strong>venta espressione d’un io che, nonostante i molti anni vissuti,<br />

non trova sosta nella sua ansia <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> conoscere. La vecchiaia incombe, ma il<br />

desiderio non s’è acquietato (come in Leopar<strong>di</strong>, Il tramonto della luna, vv. 45-48:<br />

«estremo / <strong>di</strong> tutti i mali […] / la vecchiezza, ove fosse / incolume il desio, la speme<br />

estinta»). Il porto tranquillo è destinato «ad altri» (v. 11), non a chi è spinto al largo<br />

(nonostante l’età) da un «non domato spirito» (v. 12).<br />

In relazione al v. 1, merita il conto citare un lungo passo del poeta, dalla Lettera<br />

all’e<strong>di</strong>tore (l’amico Alberto <strong>Mondadori</strong>), in apertura a Me<strong>di</strong>terranee (Milano,<br />

<strong>Mondadori</strong>, 1946). Il passo, al <strong>di</strong> là del caso contingente, illustra un aspetto rilevante<br />

della nostra tra<strong>di</strong>zione letteraria:<br />

Ero seduto con lui [Aldo Borlenghi, 1913-1978, critico e poeta fiorentino] al<br />

Caffè; egli leggeva alcune delle Me<strong>di</strong>terranee, che avevo appena, con amorosa<br />

cura, or<strong>di</strong>nate e trascritte. Ulisse era una <strong>di</strong> queste poesie. La poesia, nel suo<br />

complesso, gli piacque. Ma ecco che, come ne rileggeva il primo verso, [lo] vi<strong>di</strong><br />

fermarsi ed arricciare il naso. […] Gli chiesi il perché del suo visibile <strong>di</strong>sappunto.<br />

Mi rispose che il verso [«Nella mia giovanezza ho navigato»] non era «bello»;<br />

lo trovava anche troppo «scoperto». Ora quel verso (tecnicamente ineccepibile)<br />

non è, in sé stesso preso, né bello né brutto; è solo un inizio, che vive in funzio-<br />

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