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Letteratura italiana Due itinerari di lettura - Mondadori Education

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2 <strong>Letteratura</strong> <strong>italiana</strong>. Un metodo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

capo del <strong>di</strong>staccamento armato nascosto al suo interno. Dopo la caduta <strong>di</strong> Troia, il<br />

viaggio verso Itaca, costellato <strong>di</strong> ostacoli e <strong>di</strong>savventure infinite, rivela in Ulisse un<br />

navigatore intrepido e coraggioso (grazie all’astuzia, riesce a sottrarsi all’ira del ciclope<br />

Polifemo), un esploratore abile e pragmatico, un maestro nell’arte del racconto,<br />

fedele e tenace negli affetti, quanto spietato nella vendetta, fino al felice ritorno in<br />

patria (con lo sterminio dei Proci che gli hanno invaso il palazzo, pretendenti al suo<br />

regno e alle nozze con sua moglie).<br />

L’Ulisse dantesco, nel canto xxvi dell’Inferno, è punito nel cerchio viii (fraudolenti),<br />

bolgia 8 a (consiglieri fraudolenti, politici ingannatori, or<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> fro<strong>di</strong>, peccatori<br />

per abuso d’intelligenza, per spregiu<strong>di</strong>cata acutezza dell’ingegno). È dunque condannato<br />

in eterno, perché ha praticato la frode, perché in lui l’audacia temeraria e<br />

l’orgoglio dell’intelligenza procedono senza la grazia <strong>di</strong>vina e vanno incontro alla<br />

morte, non<strong>di</strong>meno è figura che grandeggia straor<strong>di</strong>nariamente, perché, per ardore <strong>di</strong><br />

conoscenza, rinuncia al ritorno in patria e vince anche il richiamo degli affetti più<br />

cari (che pure sente intensamente). S’impone, tra i dannati nell’Inferno, con la maestosa<br />

grandezza d’un uomo che ha avuto il coraggio <strong>di</strong> sfidare l’ignoto. Incita i suoi<br />

compagni non in nome della gloria che può coronare la loro impresa, ma in nome<br />

del loro dovere, della loro <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> esseri umani.<br />

Ulisse narra «a Dante, non le colpe, gli inganni e le fro<strong>di</strong>, per cui si trova punito<br />

con Diomede nell’inferno, sì la storia del suo estremo inconsapevole errore, allorché<br />

da vecchio, bramoso <strong>di</strong> sempre nuove esperienze, si indusse con pochi compagni<br />

a varcare le colonne <strong>di</strong> Ercole lanciandosi nell’oceano aperto alla ricerca <strong>di</strong> terre sconosciute,<br />

e giunse bensì a intravederle da lungi, ma solo per perire subito dopo travolto<br />

dalle onde, come piacque a Dio. Magnanima senza dubbio e ammirevole la sua<br />

sete inesausta <strong>di</strong> virtù e <strong>di</strong> conoscenza […], ma è la sconfitta della ragione abbandonata<br />

alle sue sole forze» (Sapegno 1955, pp. 284-285). Il personaggio dantesco<br />

(<strong>di</strong>versamento dal racconto omerico), non ritorna a Itaca e non muore nella sua isola,<br />

ma s’in<strong>di</strong>rizza verso il mare aperto, verso l’oceano, e scompare in un naufragio. Si<br />

rammenti che nell’Eneide (ii 164), Ulisse è lo «scelerum […] inventor» (‘ideatore<br />

d’inganni’) e che la cultura del tempo <strong>di</strong> Dante e dell’età a lui subito successiva non<br />

si estende alla lingua greca (i poemi omerici sono conosciuti da Petrarca e da<br />

Boccaccio per il tramite <strong>di</strong> una traduzione latina, approntata, per iniziativa <strong>di</strong><br />

Boccaccio, dal letterato calabrese Leonzio Pilato). Dante può avere conosciuto<br />

l’O<strong>di</strong>ssea (ma non è certo) soltanto tramite sunti me<strong>di</strong>evali. Altri autori latini<br />

(Cicerone, Seneca, Orazio) vedono invece, concordemente, in Ulisse una figura<br />

esemplare per sete e ardore <strong>di</strong> conoscenza. Incontrovertibile è il fatto che nel<br />

Me<strong>di</strong>oevo si propongono varie ipotesi in merito alla morte <strong>di</strong> Ulisse. La risposta data<br />

da Dante in questo canto (a tale questione molto <strong>di</strong>battuta) è del tutto originale (il<br />

che spiega, ai vv. 65-69 qui non riprodotti, la forte insistenza <strong>di</strong> Dante per parlare<br />

con la fiamma a doppia punta, perché soprattutto vuol sapere come è morto Ulisse).<br />

E<strong>di</strong>zioni: La Comme<strong>di</strong>a secondo l’antica vulgata, a cura <strong>di</strong> Giorgio Petrocchi, Milano, <strong>Mondadori</strong>,<br />

1965-1967, 4 voll.

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