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DIALOGO SULLA LETTERATURA - Comune di Livorno

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premessA<br />

con la città natale. Ma, forse, quel che più interessa è che questo brano<br />

cronologicamente si collochi proprio all’inizio (anzi: appena prima!) <strong>di</strong><br />

quella fase poetica <strong>di</strong> cui l’autore stesso ha fissato le date fra il 1950 e il<br />

1960 (fatti salvi alcuni componimenti ante e post quem) in cui nascono<br />

i Versi livornesi. E così questa lunga e ricca pagina <strong>di</strong> giornale sembra<br />

proporsi come un canovaccio, forse perfino un repertorio, dei temi sentimentali<br />

e memoriali che daranno linfa alla stagione <strong>di</strong> una raccolta delle<br />

più note e amate dai lettori, proprio Il seme del piangere <strong>di</strong> cui i Versi<br />

livornesi rappresentano il nocciolo più compatto e organico.<br />

Da questo tempo in poi Caproni attingerà più volte ai suoi ricor<strong>di</strong> livornesi,<br />

il cui momento <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento è segnato dalla morte della madre<br />

nel febbraio 1950, alla quale una buona parte (certo la più intensa)<br />

della sua poesia degli anni Cinquanta appare de<strong>di</strong>cata. A parte il testo<br />

<strong>di</strong> Ad portam inferi, dove il poeta incontra la madre anziana spaurita e<br />

smarrita, al tavolino <strong>di</strong> una stazione ferroviaria (e bene si può immaginare<br />

dove la porterà il treno che sta per arrivare), nelle poesie per la<br />

madre Annina, raffigurata come una giovinetta vitale e appassionata, si<br />

rievoca il tempo lontano dell’infanzia livornese <strong>di</strong> Giorgio, un’infanzia<br />

felice nell’affetto dei genitori e sullo sfondo <strong>di</strong> quella elegante città che<br />

era la <strong>Livorno</strong> del primo Novecento, ancora non sfregiata dalle <strong>di</strong>struzioni<br />

del secondo conflitto bellico.<br />

Anche questo tema è al centro dello scritto del 1948 Io genovese <strong>di</strong> <strong>Livorno</strong>.<br />

È uno scritto importante, in qualche modo segnala uno spartiacque:<br />

da questo momento inizia per il poeta una fase psicologica e letteraria<br />

in cui l’immaginazione intorno alla città natale comincia a liberarsi e<br />

a prendere corpo in un significativo percorso testuale. Alcune sue <strong>di</strong>chiarazioni<br />

che riguardano la vicenda biografia rivelano che nell’estate<br />

del 1949 Giorgio si reca a <strong>Livorno</strong>, per “cercare e visitare la tomba dei<br />

nonni per desiderio <strong>di</strong> mamma”. Nello stesso periodo la madre si ammala,<br />

e morirà nel febbraio dell’anno dopo, a Palermo, dove era ospite<br />

della figlia Marcella. Per la poesia <strong>di</strong> Giorgio questo periodo coincide<br />

con una vera svolta, o meglio con una accelerazione e maturazione <strong>di</strong><br />

motivi che erano già in nuce, se è vero che per la prima volta la figura<br />

della madre compare in “L’ascensore”, poesia dall’autore datata 1948 in<br />

una lettera all’amico Luigi Sur<strong>di</strong>ch (anno che altre volte è accompagnato<br />

da un punto interrogativo <strong>di</strong> incertezza, ma che sembra tuttavia<br />

assai probabile). È stato osservato come la figura e il ricordo del padre<br />

sia presente con grande continuità nei testi <strong>di</strong> Caproni; ma alla madre<br />

egli ha de<strong>di</strong>cato nei Versi livornesi – dall’autore datati, si ricor<strong>di</strong> ancora

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