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DIALOGO SULLA LETTERATURA - Comune di Livorno

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GIORGIO CAPRONI<br />

a cura <strong>di</strong> V. Masselli e G.A. Cibotto, “Antologia popolare<br />

<strong>di</strong> poeti del Novecento”, vol. II, Vallecchi, Firenze 1964<br />

Come si fa a parlare della propria vita e del proprio lavoro... Quando ho<br />

detto che sono nato a <strong>Livorno</strong> il 7 gennaio del 1912 e che dall’età <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci<br />

anni fino alla maturità ho vissuto soprattutto a Genova (con la guerra<br />

<strong>di</strong> mezzo), per poi venire qui a Roma con la moglie e due figli, mi par <strong>di</strong><br />

aver detto tutto, e nulla.<br />

Una vita infatti o la si riassume nei dati anagrafici, più gli altri documenti<br />

<strong>di</strong> rito, o la si monta in un romanzo (ad averne voglia e genio:<br />

che chiunque ha materia per scrivere le proprie Confessioni), o, come ho<br />

fatto io, la si vive, e zitti.<br />

Non mi sono mai sognato, questo posso <strong>di</strong>rlo, <strong>di</strong> «far lo scrittore». Pensavo<br />

<strong>di</strong> fare il violinista, questo sì, e la musica era il mio «ideale»; «ciò<br />

che avrei voluto fare da grande». Invece, dopo aver strimpellato un po’<br />

i due Mazas, più il Kreutzer e il Fiorillo, dovetti impiegarmi (oggi fo<br />

l’insegnante), e i versi furono per me il surrogato della musica tra<strong>di</strong>ta,<br />

mosso per la prima volta a tentarne, coi pantaloni corti, per dare una<br />

voce a certi miei elementari esercizi <strong>di</strong> composizione musicale.<br />

Non ho mai fatto il poeta <strong>di</strong> professione. Non ho mai capito come lo si<br />

possa fare, giacché ho sempre pensato, in genere, che l’esser poeti sia,<br />

prima <strong>di</strong> tutto, una qualità fisiologica, non commerciabile, come l’avere<br />

un naso camuso o aquilino. Una qualità che non <strong>di</strong>pende – secondo le<br />

leggi della natura – da noi, e attraverso la quale nulla possiam fare, in<br />

quanto se è vero che oggi una progre<strong>di</strong>ta chirurgia plastica è in grado <strong>di</strong><br />

trasformarci il naso avuto in dotazione in un altro <strong>di</strong> maggior gra<strong>di</strong>mento,<br />

in poesia ogni prova del genere (<strong>di</strong>co l’innesto artificiale d’un naso<br />

poetico su un altro <strong>di</strong> qualità <strong>di</strong>versa) non pare aver dato finora risultati<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti; visto che chiunque ci tenga, Dio sa perché, a sembrar<br />

poeta senza esserlo (e quel chiunque potrei impersonarlo io), preferisce<br />

al rischio d’un’operazione, <strong>di</strong> cui rimane sempre dubbio il risultato, il<br />

ricorso a un naso posticcio <strong>di</strong> cartapesta.<br />

Con tutto questo non nego che chi – naturalmente dotato d’un naso camuso<br />

o aquilino, o d’un naso-poesia – voglia <strong>di</strong> tale naso far pubblica<br />

esposizione, non abbia il dovere <strong>di</strong> ricorrere, come meglio può e meglio<br />

sa, all’arte; affinché, con l’aiuto <strong>di</strong> questa, tale naso non venga non <strong>di</strong>co<br />

alterato, ma anzi favorito nel suo essere veramente un naso camuso o<br />

aquilino; o un naso-poesia, se è <strong>di</strong> quest’ultimo che l’interessato ha deciso<br />

<strong>di</strong> far pubblica mostra. Scherzi a parte, è soltanto in tal senso che<br />

ho sempre inteso l’intervento della volontà sulla voglia <strong>di</strong> far poesia,

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