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DIALOGO SULLA LETTERATURA - Comune di Livorno

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60<br />

ii sezione<br />

Veniamo alla sua amata Genova: lei ha tradotto forse una delle più belle<br />

liriche che siano mai state scritte per una città, mi riferisco al “Silenzio <strong>di</strong><br />

Genova” <strong>di</strong> André Frenaud. Cosa ha rappresentato per lei questa città e la<br />

scelta <strong>di</strong> questa traduzione?<br />

«I maggiori laterizi per la costruzione delle mie metafore – a parte la<br />

parentesi del Seme del piangere dove <strong>di</strong> proposito torno alla <strong>Livorno</strong> della<br />

mia infanzia – me le ha fornite, se così si può <strong>di</strong>re, Genova: città dove<br />

mi sono formato (anzi, che mi ha formato), e che ancor oggi continua a<br />

essere la mia vera unica città, dal mare mercantile e portuale su, su fino<br />

ai monti e alle foreste dell’Alta Val Trebbia. Quanto al carissimo amico<br />

Frenaud la ragione prima che mi spinse a tradurre il suo bellissimo<br />

“Silenzio <strong>di</strong> Genova” (1961-62) fu la strana consonanza tra il finale <strong>di</strong><br />

quel poème (“Salivano, bontà chiassosa, fino in para<strong>di</strong>so / fra gli ortaggi<br />

del convento, tra i fichi, / o ti portava la funicolare / verso la morte, <strong>di</strong><br />

stagione in stagione?”) con il mio Ascensore e, soprattutto, con le mie<br />

Stanze della funicolare, entrambi da me scritti più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni prima.<br />

Questo è stato il mio sogno o silenzio <strong>di</strong> Genova».

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