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DIALOGO SULLA LETTERATURA - Comune di Livorno

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Come in musica 5<br />

il segnale grafico o acustico della parola resta stretto alla lettera e alla<br />

pura e semplice informazione, nel linguaggio poetico la parola stessa<br />

conserva sì il proprio senso letterale ma si carica anche <strong>di</strong> una serie<br />

pressoché infinita <strong>di</strong> significati armonici (e <strong>di</strong>co armonici usando il termine<br />

così come è usato nella fisica e nella musica) che ne formano la sua<br />

peculiare forza espressiva. Ricorro a un esempio molto grossolano. Ai<br />

miei tempi in caserma i segnali venivano trasmessi da una cornetta. La<br />

cornetta squillava il segnale del rancio e il marmittone, che conosceva il<br />

co<strong>di</strong>ce, prendeva la gavetta e andava alla <strong>di</strong>stribuzione. Ma supponiamo<br />

che un estroso ufficiale <strong>di</strong> picchetto avesse fatto suonare quello stesso<br />

segnale, invece che dalla solita tromba, da un famoso flautista; il soldato<br />

sì avrebbe egualmente capito che quello era il segnale del rancio,<br />

ma avrebbe anche sentito qualcosa d’altro (il valore musicale <strong>di</strong> quel<br />

segnale), e sarebbe rimasto interdetto (incantato ad ascoltarlo), anziché<br />

precipitarsi subito a prendere la gamella. Un altro esempio più attinente.<br />

Pren<strong>di</strong>amo gli stupen<strong>di</strong> versi dei “Sepolcri” <strong>di</strong> Foscolo: “Felice<br />

te che il regno ampio dei venti, Ippolito, ai tuoi ver<strong>di</strong> anni correvi”. Sul<br />

piano della normale comunicazione o informazione la frase <strong>di</strong>ce poco:<br />

“Beato te che da giovane viaggiavi tanto”, ma sul piano della poesia<br />

quale profonda e ineguagliabile musica! E quale forza espressiva. Anche<br />

la presenza della rima con la sua funzione portante è fortemente espressiva<br />

(anche se la rima non è davvero obbligatoria) come per esempio nel<br />

primo canto dell’Inferno dove la sola rima basta a dar la chiave <strong>di</strong> quel<br />

canto: la vita-smarrita (insieme con la <strong>di</strong>ritta via), la paura-dura-scura<br />

(insieme con la selva). Sì penso anch’io che la poesia sia almeno in assoluto,<br />

intraducibile».<br />

Non mi è ancora chiaro però chi sia realmente per lei il poeta...<br />

«Il poeta è un minatore che scava nel proprio io (in quelle che Antonio<br />

Machado chiama “las secretas galerias del alma”) sino a raggiungere<br />

una tale profon<strong>di</strong>tà dove quel suo io è l’io <strong>di</strong> tutti e si trasforma in un<br />

noi. Fino a mettere a giorno in sé, voglio <strong>di</strong>re, quei no<strong>di</strong> <strong>di</strong> luce che tutti<br />

gli uomini possiedono ma che non tutti sanno <strong>di</strong> possedere o riescono a<br />

in<strong>di</strong>viduare. Mi pare che sia stato Proust a <strong>di</strong>rlo: quando uno legge un<br />

poeta non fa che leggere se stesso».<br />

Allora la poesia è come una bella addormentata che ha bisogno <strong>di</strong> un principe<br />

per essere svegliata?<br />

«Proprio così».

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