Edizione del 07/04/2013 - Corriere
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CORRI R<br />
Domenica 7 aprile <strong>2013</strong> STORIA DEL TERRITORIO<br />
Cisterne romane - particolare muratura (foto Mario Spagnuolo)<br />
volte appaiono perfettamente<br />
conservate e sono ancora<br />
visibili le tracce lignee <strong>del</strong>le<br />
centine che ne hanno consentito<br />
la realizzazione.<br />
Le gallerie sono collegate tra<br />
di loro da quattro stretti passaggi<br />
(portelline), la cui larghezza<br />
è di circa 60 centimetri<br />
e la cui altezza si aggira<br />
intorno al metro e mezzo.<br />
Gli archi <strong>del</strong>le portelline sono<br />
realizzati con blocchi di<br />
travertino di Villamaina (una<br />
località vicina). Subito a sinistra<br />
<strong>del</strong>la scala d’ingresso<br />
vi è un’apertura più stretta e<br />
più alta <strong>del</strong>le altre, evidentemente<br />
praticata in un momento<br />
successivvo. Il pavimento<br />
di ogni galleria ha<br />
una pendenza <strong>del</strong>l'uno per<br />
cento circa in direzione sud.<br />
Lungo il muro che costeggia<br />
la scala e che separa le due<br />
gallerie vi è un piccolo cana-<br />
le scoperto in cui viene convogliato<br />
un rivolo d’acqua<br />
che scorre sul fondo.<br />
Nella galleria adiacente a<br />
quella d'ingresso vi è un'apertura<br />
in alto che si affaccia<br />
sulla piazzetta antistante a<br />
livello <strong>del</strong> piazzale esterno.<br />
Sulla parete perimetrale <strong>del</strong>la<br />
galleria più esterna verso<br />
ovest vi sono dei contrafforti,<br />
edificati contemporaneamente<br />
all'intero complesso.<br />
Nelle murature che separano<br />
una galleria dall’altra, verso<br />
il fondo, sono praticate <strong>del</strong>le<br />
piccole aperture di dimensione<br />
di circa 10x15 centimetri<br />
a un’altezza di 80-90 centimetri<br />
dal pavimento, ognuna<br />
<strong>del</strong>le quali ha una pietra<br />
un po' più lunga e piatta <strong>del</strong>le<br />
altre collocata nella parte<br />
alta con funzione di architrave.<br />
Sul fondo tutte le gallerie<br />
presentano una muratura di<br />
chiusura che fino all’imposta<br />
<strong>del</strong>le volte è realizzata con le<br />
stesse modalità <strong>del</strong>le restanti<br />
parti, mentre il settore<br />
emicircolare ha una fattura<br />
diverso, segno evidente che<br />
le originarie aperture – prese<br />
di aria o di luce – sono<br />
state chiuse in un secondo<br />
momento.<br />
L'intera opera, compreso il<br />
pavimento e a parte alcuni<br />
elementi secondari inseriti in<br />
epoche successive, è realizzata<br />
con paramento esterno<br />
in opus incertum e nucleo<br />
interno in opus caementicium.<br />
La pietra usata per il paramento<br />
esterno <strong>del</strong>le murature<br />
è la cosiddetta pietra di<br />
Frigento (la denominazione<br />
si deve a Salvatore Forgione,<br />
che ha studiato il materiale<br />
frigentino in tutti i suoi<br />
aspetti), un<br />
flysch galestrino<br />
costituito<br />
da da un<br />
complesso<br />
calcareo-marnoso-argillitico-arenaceo<br />
variamente silicizzato.<br />
I<br />
minerali presenti<br />
nella<br />
pietra con<br />
una percentualemaggiore<br />
sono il<br />
manganese e<br />
il ferro, che le<br />
conferiscono<br />
il colore in<br />
base al prevalere<br />
<strong>del</strong>l'uno<br />
o <strong>del</strong>l'altro,<br />
con sfumature<br />
che vanno<br />
dal grigio al<br />
nero e dal<br />
giallo al rosso.<br />
Il tenore<br />
di silicio è responsabile<br />
<strong>del</strong>la maggiore o<br />
minore durezza <strong>del</strong>la pietra,<br />
che generalmente è molto<br />
elevato. La pietra di Frigento<br />
tende a fratturarsi, dando<br />
luogo a forme piane o concave<br />
<strong>del</strong>imitate da margini<br />
taglienti e con estremità appuntite<br />
e presenta una particolare<br />
struttura cipolliforme,<br />
per la capacità di sfaldarsi in<br />
strati. Essa è utilizzata in<br />
edilizia in blocchetti, che si<br />
presentano a punta di diamante.<br />
La costruzione <strong>del</strong>le Cisterne,<br />
unitamente alla cinta<br />
muraria, al foro e alla curia<br />
viene attribuita al quinquennale<br />
Q. Valgo da un’epigrafe<br />
di epoca repubblicana, testimonianza<br />
questa che dà corpo<br />
all’ipotesi di un massiccio<br />
intervento finalizzato a creare<br />
o a meglio organizzare il<br />
centro civico (per l’analisi<br />
<strong>del</strong>le testimonianze d’età romana<br />
a Frigento fondamentali<br />
sono le ricerche di Vito<br />
Giovanniello). Su un’altra<br />
epigrafe, che si tramanda sia<br />
stata ritrovata nel Settecento<br />
su una colonna posta all’interno<br />
<strong>del</strong>le stesse Cisterne, è<br />
menzionato un Antistius architetto,<br />
quasi certamente<br />
l’ideatore e realizzatore <strong>del</strong>l’opera.<br />
La gens Antistia era<br />
fra le famiglie rinomare di<br />
Compsa, come attestano due<br />
epigrafi ritrovate nei pressi<br />
<strong>del</strong> foro<br />
È testimoniata la presenza a<br />
Frigento di strutture che presentavano<br />
una fattura analoga<br />
a quella <strong>del</strong>le Cisterne.<br />
Fabio Ciampo, studioso frigentino<br />
(1760-1846), docente<br />
di fisica e medicina presso<br />
l'università <strong>del</strong> Regno di<br />
Napoli, nella sua Dissertazione<br />
su' pozzi di Frigento<br />
nel 1799 affermava che nel<br />
sottosuolo <strong>del</strong>la cittadina esistessero<br />
almeno altre undici<br />
fabbriche che possedevano<br />
caratteristiche analoghe, tutte<br />
connesse in qualche modo<br />
fra di loro e che”…quei<br />
che avevano servito alle cennate<br />
fabbriche, persone che<br />
sono anche oggi vive, dicono<br />
di aver preso da questo<br />
pozzo ogni mattina circa dugento<br />
barili di acqua…” Poiché<br />
un barile equivaleva a<br />
43,63 litri, si tratta di oltre<br />
8000 litri.<br />
È quasi certo che le Cisterne<br />
siano nate in funzione <strong>del</strong>la<br />
via Appia, che si ritiene sia<br />
stata realizzata, nel tratto da<br />
Benevento a Venosa, all’indomani<br />
<strong>del</strong>la guerra annibalica<br />
e che quasi concordemente<br />
si ritiene passasse ai<br />
piedi <strong>del</strong> promotorio frigentino,<br />
lungo la dorsale <strong>del</strong>lo<br />
spartiacque (odierna S.S.<br />
303), a poco più di 600 metri<br />
di distanza e a una quota<br />
di circa 100 metri più bassa.<br />
Lungo le pendici <strong>del</strong> colle<br />
frigentino sono stati rilevati<br />
vari tratti di antichi acquedotti,<br />
che verisimilmente<br />
collegano le Cisterne ad alcune<br />
fontane ubicate nelle<br />
adiacenze <strong>del</strong>l’antica strada,<br />
nel tratto compreso fra le località<br />
Cerasulo e Duzoli (toponimo<br />
derivato da ductus,<br />
acquedotto). Una significativa<br />
prova <strong>del</strong> passaggio <strong>del</strong>l’Appia<br />
nella zona è data<br />
dall’iscrizione di età giulioclaudia<br />
attualmente nella<br />
chiesa di San Marciano, dove<br />
si fa riferimento a un magistrato<br />
di nome Bovius Numerius<br />
che aveva lastricato<br />
“la via” per 57-58 miglia, distanza<br />
questa grosso modo<br />
corrispondente al tratto compreso<br />
fra le stazioni di Eclano<br />
e Venosa indicate nella<br />
Tabula Peutingeriana.<br />
Nel 1958 l’insigne archeologo<br />
Giovanni Oscar Onorato,<br />
sovrintendente archeologico,<br />
procedette a una pulizia <strong>del</strong>le<br />
Cisterne, convogliando le<br />
acque che si raccoglievano<br />
al loro interno in un’antica<br />
conduttura localizzata nella<br />
vicina via San Giovanni. Nel<br />
1998, in occasione <strong>del</strong>lo scavo<br />
per la realizzazione <strong>del</strong><br />
metanodotto, si rinvennero<br />
in via San Giovanni, a una<br />
profondità di circa tre metri<br />
dal livello stradale e a una<br />
distanza di circa 20 metri<br />
uno dall’altro, tre antichi<br />
pozzetti realizzati in pietra<br />
arenaria legata da malta giallastra,<br />
attraversati da un canale<br />
ricoperto da bipedali<br />
collocati a cappuccina, secondo<br />
modalità tipiche <strong>del</strong>la<br />
tecnica acquedottistica romana.<br />
Nell’occasione si potette<br />
accertare che in origine<br />
le Cisterne si estendevano<br />
verso via San Giovanni per<br />
almeno altri 13-14 metri.<br />
Un'ulteriore esplorazione assieme<br />
a piccoli lavori di ristrutturazione<br />
fu effettuata<br />
nel 2002: nell’occasione fu<br />
eseguito un saggio nel giardino<br />
soprastante le cisterne,<br />
ubicato in corrispondenza<br />
<strong>del</strong>la quarta galleria, e venne<br />
individuato l'estradosso<br />
<strong>del</strong>la volta, che risultò essere<br />
ben conservato.<br />
Non vi è dubbio che le Cisterne<br />
siano state concepite<br />
e realizzate come punto di<br />
raccolta <strong>del</strong>le acque, distribuite<br />
attraverso canalizzazioni<br />
in una vasta area circostante.<br />
Ma non pochi inter-<br />
rogativi si pongono sul loro<br />
funzionamento. È da scartare<br />
l’ipotesi che esse identifichino<br />
un serbatoio posto al<br />
punto terminale di un acquedotto,<br />
per il semplice<br />
motivo che sono ubicate nel<br />
punto più alto <strong>del</strong> promonto-<br />
rio, dove non è possibile<br />
convogliare acqua per gravità.<br />
È da escludere che siano<br />
- malgrado il nome con<br />
cui sono note - vere cisterne<br />
destinate alla raccolta di acqua<br />
piovana, ciò per essere<br />
il possibile bacino di raccolta<br />
molto ridotto, per la pendenza<br />
dei pavimenti verso<br />
l’esterno e per l’assenza di<br />
intonaco in cocciopesto alle<br />
pareti. È anche da escludere<br />
che siano struutture drenanti,<br />
per la palese inutilità di<br />
tutte le gallerie non a diretto<br />
contatto col terreno e per l’inesistenza<br />
di falde sulla<br />
sommità <strong>del</strong> pianoro.<br />
L’anomala ubicazione <strong>del</strong>le<br />
Cisterne, poste nel punto più<br />
alto <strong>del</strong> pianoro, che le avvicina<br />
più al cielo che alla terra,<br />
offre forse la chiave <strong>del</strong><br />
mistero. Il pensiero corre alle<br />
sabbie roventi dei deserti<br />
d’Africa o d’Arabia, i territori<br />
apparentemente inospitali<br />
dove l’uomo per soddisfare i<br />
propri bisogni primari interagisce<br />
con l’ambiente circostante<br />
trandone tutto ciò di<br />
cui necessita senza alterarlo<br />
e lasciandolo intatto per le<br />
successive generazioni, alle<br />
quali trasmette di generazione<br />
in generazione le proprie<br />
conoscenze, spesso acquisite<br />
dall’attenta osservazione<br />
<strong>del</strong>la natura.<br />
Nel deserto la via per arrivare<br />
all’acqua, fonte primaria<br />
di vita, non è facile. A volte<br />
è il volo in cerchio degli uccelli,<br />
a volte è un’erba selvatica<br />
o un minuscolo arbusto<br />
spontaneo a indicare una zona<br />
umida, dove è possibile<br />
bere o seminare. Ma a volte<br />
l’acqua bisognava trovarla<br />
anche dove non c’è.<br />
L’uomo per vincere il deserto<br />
ha ben presto compreso che<br />
la preziosissima acqua è presente<br />
anche nell’aria torrida<br />
e ha imparato a catturarla:<br />
vicino alle piante colloca<br />
mucchi di pietre in modo<br />
che l’aria che penetra negli<br />
interstizi a temperatura più<br />
bassa rilasci le gocce d’acqua<br />
destinate alle sottostanti<br />
radici. Per bere, ricorre alla<br />
pratica semplice e geniale,<br />
nata nel Neolitico e diffusa<br />
in tutto il Mondo, di collocare<br />
sapientemente pietre a<br />
secco per raccogliere l’umidità,<br />
pratica che si riconduce<br />
a uno stesso mo<strong>del</strong>lo: al<br />
di sopra di una piccola buca<br />
si realizza un cumolo di pietre,<br />
tutte leggermente inclinate<br />
verso il centro, disposte<br />
a strati; di giorno l’umidità<br />
trasportata dal vento viene<br />
intrappolata negli interstizi a<br />
temperatura più bassa e precipita<br />
in piccole gocce sul<br />
fondo; di notte il processo si<br />
inverte, con la condensazione<br />
che avviene all’esterno e<br />
l’acqua che scivola verso<br />
l’interno.<br />
Sulla base di questo princi-<br />
Cisterne romane - Sezioni (S. Abbondandolo)<br />
pio, l’uomo ha realizzato capolavori<br />
impensabili, per trovare<br />
l’acqua dove l’acqua<br />
non c’è. È nato così il miracolo<br />
<strong>del</strong>le oasi, che si sviluppano<br />
intorno a una piccola<br />
palma trapiantata in una buca.<br />
Sono nati così gli orti circondati<br />
con muri di mattoni<br />
17<br />
cotti al sole e disposti secondo<br />
geometrie di singolare<br />
bellezza che, oltre a fungere<br />
da barriera, hanno la precisa<br />
funzione di sottrarre di notte<br />
al vento l’umidità che trasporta<br />
per restituirla di giorno<br />
alle piante. Sono nate così<br />
nel sottosuolo <strong>del</strong> deserto<br />
africano le foggara, gallerie<br />
artificiali che si diramano<br />
per migliaia di chilometri<br />
con la funzione di raccogliere<br />
le acque che di notte bagnano<br />
la sabbia e di giorno<br />
scivolano negli interstizi sottostanti.<br />
Sono nate così, in<br />
cima alla diga sul fiume<br />
Dhana presso Marib nello<br />
Yemen, le grandi fortificazioni<br />
con doppia parete, che costituiscono<br />
costituire le camera<br />
di condensazione destinate<br />
a catturare l’umidità<br />
trasportata dal vento e a restituirla<br />
nell’invaso.<br />
Oggi il principio <strong>del</strong>la condensa<br />
è perfettamente inquadrato<br />
nella Fisica moderna,<br />
che ha messo a punto le<br />
relazioni matematiche fra le<br />
variabili <strong>del</strong> fenomeno, riconducibili<br />
al semplice principio<br />
che nell’aria è sempre<br />
disciolta una certa quantità<br />
d’acqua, sotto forma di vapore;<br />
più è alta la temperatura,<br />
maggiore è la quantità di<br />
acqua che può essere contenuta<br />
nell’aria (ad esempio a<br />
una temperatura di 30 gradi<br />
un metro cubo di aria contiene<br />
circa 20 grammi di acqua);<br />
se la temperatura <strong>del</strong>l’aria<br />
improvvisamente scende,<br />
ad esempio perché l’aria<br />
passa attraverso ambienti a<br />
temperatura più bassa, parte<br />
<strong>del</strong> vapore acqueo torna<br />
repentinamente allo stato liquido<br />
e può essere raccolta.<br />
Ora proviamo a chiederci se<br />
questo semplice fenomeno<br />
fisico, in base al quale si è<br />
trae l’acqua e con essa la vita<br />
dalle sabbie infocate <strong>del</strong><br />
deserto, non sia lo stesso in<br />
base al quale sono state<br />
ideate e realizzate le grandi<br />
gallerie in pietra che attraversano<br />
da una parte all’altra<br />
nel punto più elevato il<br />
colle di Frigento. Si spiegherebbe<br />
così quello che sembra<br />
essere un miracolo biblico,<br />
con l’acqua che sgorga<br />
limpida e copiosa dalla montagna<br />
nel punto dove la terra<br />
sembra toccare il cielo.<br />
In tal caso ci troveremmo in<br />
presenza di uno straordinario<br />
capolavoro <strong>del</strong>l’ingegneria<br />
romana: grandi camere di<br />
condensa dove l’aria calda<br />
penetra da una parte, si raffredda<br />
attraversandole, rilascia<br />
l’umidità in eccesso e<br />
infine rifluisce all’esterno; in<br />
cui l’acqua si raccoglie sulle<br />
frastagliate pareti di pietra,<br />
scivola in basso verso il pavimento<br />
e da lì s’avvia verso<br />
le vicine condotte.<br />
Sono forse proprio questo le<br />
Cisterne Romane di Frigen-<br />
to: una “macchina” finora<br />
impensabile, creata per attingere<br />
l’acqua direttamente dal<br />
cielo, vera e propria macina<br />
<strong>del</strong>l’aria: possente, docile, silenziosa,<br />
eterna, che dona<br />
vita e benessere, senza nulla<br />
sottrarre al Mondo circostante.