Edizione del 07/04/2013 - Corriere
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Raffaele Valagara<br />
CORRI R<br />
Domenica 7 aprile <strong>2013</strong><br />
L’emigrazione in uno studio <strong>del</strong> 1880<br />
Ne la “Relazione su l’agricoltura, la pastorizia e l’economia rurale nel Principato Ulteriore”<br />
di Valagara un utile strumento per comprendere la struttura economico-sociale <strong>del</strong>l’Irpinia<br />
FIORENZO IANNINO<br />
Nel 1880 la<br />
tipografia<br />
Tulimiero<br />
di Avellinopubblicò<br />
la<br />
“Relazione su l’agricoltura,<br />
la pastorizia<br />
e l’economia rurale<br />
nel Principato Ulteriore<br />
da servire per<br />
l’inchiesta agraria governativa”. Ne<br />
era autore Raffaele Valagara (1833-<br />
1911), segretario <strong>del</strong>la deputazione<br />
provinciale dal 1869 al 1893 e pertanto<br />
strettissimo collaboratore ed ispiratore<br />
<strong>del</strong> presidente Michele Capozzi,<br />
oltre che apprezzato studioso <strong>del</strong>la<br />
realtà socioeconomica irpina e pubblicista<br />
(fu direttore de “La Gazzetta<br />
di Avellino” e redattore di altri autorevoli<br />
periodici provinciali). Il titolo<br />
<strong>del</strong> volume ne indicava chiaramente<br />
funzione e origine: era uno studio<br />
messo a punto per l’inchiesta governativa<br />
presieduta dal senatore Stefano<br />
Jacini, avviata per conoscere le<br />
reali condizioni <strong>del</strong>la realtà agricola<br />
italiana, che concluse i lavori nel<br />
1884. Il compito aveva entusiasmato<br />
Valagara: “Quando lessi il programma<br />
<strong>del</strong>la Giunta per l’inchiesta agraria governativa-<br />
leggiamo nella presentazione<br />
<strong>del</strong> libro- dissi subito a me stesso:<br />
vi ha un dovere da compiere, più<br />
che un premio a desiderare. E senza<br />
perdita di tempo mi posi lavoro; o meglio<br />
proseguii con maggiore lena quel<br />
lavoro, a cui da molti anni attendeva,<br />
per completare una monografia <strong>del</strong><br />
Principato Ulteriore, che è il mio paese<br />
natale, al quale ho sempre consacrato<br />
tutti gli studii, tutte le cure, tutte<br />
le facoltà <strong>del</strong>l’animo mio”.<br />
Il volume è ancora oggi un utile strumento<br />
per comprendere la struttura<br />
economico-sociale <strong>del</strong>l’Irpinia <strong>del</strong><br />
tempo. Ideologicamente, è lo specchio<br />
<strong>del</strong>la borghesia meridionale meno<br />
gretta, che chiedeva l’ammodernamento<br />
tecnico-economico <strong>del</strong> sistema<br />
agricolo, senza però modificare in alcun<br />
modo i rapporti di classe e le forme<br />
di controllo sociale: “adoperiamoci<br />
adunque con tutte le forze e lavoriamo<br />
a dirozzare la mente di questi<br />
contadini; estendiamo a loro vantaggio<br />
quelle cure, che furono finora circoscritte<br />
ai soli operai <strong>del</strong>le città; ed il<br />
nostro avvenire politico e sociale non<br />
ci desterà più il minimo timore […]<br />
Sotto la bandiera di Vittorio Emanuele<br />
gli italiani unificarono la loro patria;<br />
sotto la bandiera di Umberto, ne<br />
faranno uno stato prospero e tetragono<br />
a qualunque rivoluzione sociale”.<br />
L’emigrazione: una questione<br />
di polizia<br />
L’ideologia di Valagara si evidenziava<br />
pienamente nel capitolo dedicato all’emigrazione<br />
transoceanica, che in Irpinia<br />
cominciava a radicarsi proprio<br />
in quel periodo. Non volendo (o non<br />
sapendo) discutere le vere radici sociali<br />
ed economiche <strong>del</strong> nascente fenomeno,<br />
che potevano mettere in discussione<br />
i secolari ed intangibili<br />
equilibri sociali vigenti nelle campagne<br />
irpine, lo studioso sostenne prudentemente<br />
l’idea condivisa da gran<br />
parte <strong>del</strong>la classe dominante, secondo<br />
la quale l’emigrazione era un semplice<br />
e dannoso capriccio di qualche<br />
contadino inquieto, che andava assolutamente<br />
arginato. In realtà, nell’affrontare<br />
la questione, Valagara dichiarava<br />
di non saper scegliere tra “ i<br />
due campi opposti” che allora dividevano<br />
politici e studiosi <strong>del</strong> fenomeno:<br />
“da una parte si grida all’industria<br />
italiana: surge et ambula, va in cerca<br />
di nuovi porti, di nuovi mercati […]<br />
nell’altro campo l’emigrazione va giudicata<br />
come una forma malinconica<br />
di protesta contro la patria; e di là<br />
parte una voce, diretta ad arrestare gli<br />
emigranti cui dice: dove andate o<br />
sconsigliati?”. Tuttavia, chiedendosi<br />
poi se l’emigrazione italiana fosse alimentata<br />
da “uomini autorevoli per intelligenza”<br />
o da “turbe di gente, che<br />
danno di sé spettacolo doloroso, composte<br />
nella maggior parte di cenciosi<br />
ed affamati, e pel resto di uomini avidi<br />
di solleciti guadagni; e gli uni e gli<br />
altri ignoranti”, Valagara affermò che<br />
“i pochi che emigrarono di questa provincia<br />
per l’estero appartengono alla<br />
seconda <strong>del</strong>le dette categorie, come lo<br />
sono la massima parte degli emigranti<br />
italiani”. E se era così, per lui faceva<br />
bene il governo a considerare la<br />
questione soprattutto come un problema<br />
di polizia ed ordine pubblico<br />
(era questa l’idea <strong>del</strong> ministro <strong>del</strong>l’interno<br />
Nicotera, poi ripresa da Crispi).<br />
Non a caso, più avanti definirà l’emigrazione<br />
“mania”, “passo inconsulto”<br />
oppure “illusione”.<br />
Le prime avventurose partenze<br />
LA DOMENICA DEL CORRIERE<br />
In Italia, le partenze transoceaniche<br />
cominciarono ad essere fenomeno di<br />
massa dopo il 1870, inizialmente al<br />
Nord e quindi nel Mezzogiorno. In Irpinia,<br />
i primi viaggi furono registrati<br />
attorno al ’75. A questo proposito,<br />
considerandoli avventurieri, Valagara<br />
ci presenta i primi emigrati in chiave<br />
quasi romanzesca: “Negli anni 1877<br />
e 1878 avvennero <strong>del</strong>le emigrazioni in<br />
soli 13 comuni di questa provincia, e<br />
gli emigranti non superarono il numero<br />
di 114, compresovi un operaio<br />
<strong>del</strong>la provincia di Cremona, che da<br />
qualche tempo risiedeva nel comune<br />
di Cervinara. Il numero maggiore di<br />
emigranti fu dato dal comune di Lapio<br />
d’onde partirono in un sol giorno<br />
<strong>del</strong> 1877 ventinove individui, illusi<br />
dalla parola di un tal di Chiusano, il<br />
quale era tornato dall’America per vedere<br />
i suoi parenti. Dopo il detto comune,<br />
quelli che hanno dato maggiori<br />
contingenti alla emigrazione sono<br />
stati Cairano, Calabritto, Caposele e<br />
Montella”.<br />
Volendosi poi soffermare sulle motivazioni<br />
che animarono i primi partenti,<br />
lo studioso annotò che “ alcuni<br />
vi furono spinti dall’avidità di arricchirsi,<br />
lusingati dall’esempio di qualche<br />
altro, che ebbe la fortuna di ritornare<br />
alla propria casa con un discreto<br />
peculio; altri presero la detta risoluzione,<br />
per non aver trovato nei loro<br />
paesi quel lavoro onde avevano bisogno<br />
a campare giornalmente la vita.<br />
Pochissimi emigrarono per gli Stati<br />
uniti d’America col solo scopo di speculazione”.<br />
Non si era ancora notata,<br />
invece, la presenza di agenti specializzati<br />
(che poi la faranno da padroni<br />
PAGINE DI STORIA<br />
negli anni seguenti): “ non hanno<br />
contribuito affatto i consigli di speculatori<br />
partecipanti ai guadagni dei trasporti,<br />
o le suggestioni di agenti pagati<br />
dai governi interessati alle emigrazioni<br />
estere”.<br />
Riflessi sociali<br />
I pionieri <strong>del</strong>l’emigrazione irpina- aggiunse<br />
poi Valagara- partirono perlopiù<br />
“soli, lasciando le rispettive famiglie<br />
nei paesi nativi”. E poiché erano<br />
cronicamente poveri, “taluni di essi<br />
vendettero le loro terre, gli animali e<br />
perfino le masserizie; altri ipotecarono<br />
la loro proprietà fondiaria, nel fine<br />
di accumulare la somma bisognevole<br />
pel viaggio”. Non mancarono coloro<br />
che, consumati i pochi soldi disponibili<br />
nelle città portuali in attesa <strong>del</strong>l’imbarco,<br />
si erano visti costretti ad<br />
un umiliante ritorno in paese, dove<br />
ora vivevano in condizioni ancor più<br />
miserabili di prima.<br />
Intanto, al governo che intendeva sapere<br />
se il fenomeno avesse prodotto<br />
mutamenti di qualche conto nella<br />
struttura economica e sociale <strong>del</strong>la<br />
provincia, Valagara rispose che “per<br />
la ragione <strong>del</strong> piccol numero degli emigranti,<br />
nessun effetto positivo fu prodotto<br />
dal loro allontanamento sulla<br />
misura dei salari, sul valore venale<br />
<strong>del</strong>le terre, ed in generale sulla economia<br />
agricola <strong>del</strong> paese”. Lo studioso<br />
colse anzi l’occasione per ricordare<br />
che, mentre di recente i pochi operai<br />
irpini avevano goduto di un qualche<br />
rialzo salariale, il già misero potere<br />
d’acquisto <strong>del</strong>la classe contadina <strong>del</strong>la<br />
provincia di Avellino si era ridotto<br />
18<br />
ulteriormente, tanto che non si riusciva<br />
più a “far fronte ai bisogni giornalieri,<br />
che si sono accresciuti in maggiore<br />
proporzione”. La condizione<br />
peggiore era quella dei braccianti: eppure,<br />
annotò quasi a voler sostenere<br />
la giustezza <strong>del</strong>le sue idee, “ nessuno<br />
di essi si trova nel numero degli emigrati”.<br />
Valagara non appare influenzato dalle<br />
idee che intanto andavano maturando<br />
in alcuni dei migliori esponenti <strong>del</strong><br />
meridionalismo liberale ( Fortunato,<br />
Sonnino ecc), che nell’emigrazione<br />
vedevano una via “spontanea e naturale”<br />
per la soluzione <strong>del</strong>la questione<br />
meridionale e per il concreto avvio di<br />
un processo di distensione sociale. Di<br />
più, non avendone comprese le ragioni<br />
di fondo, immaginò ( o sperò)<br />
che almeno per l’Irpinia il fenomeno<br />
si sarebbe ben presto arrestato: “ per<br />
le ragioni esposte fin dal principio <strong>del</strong><br />
presente lavoro – disse in chiusura- l’emigrazione<br />
non avrà mai numerosi<br />
seguaci nel territorio di questa provincia.<br />
Oltre di che, gl’illusi ebbero a soffrire<br />
<strong>del</strong>le lezioni assai severe: uno dei<br />
50 partiti nel 1877 morì per via, e parecchi<br />
altri rimpatriarono dopo aver<br />
sofferto moltissime privazioni nel viaggio,<br />
nonostante i soccorsi ricevuti dalle<br />
loro famiglie”.<br />
Essendo vissuto fino al 1911, egli stesso<br />
dovette rendersi conto di essersi<br />
sbagliato nella previsione, visto che<br />
l’emigrazione transoceanica rappresentò<br />
poi un epico e doloroso capitolo<br />
<strong>del</strong>la nostra storia.<br />
Il mercato di braccia<br />
in piazza Libertà<br />
Su richiesta <strong>del</strong>la commissione Jacini,<br />
Valagara si occupò anche <strong>del</strong>la emigrazione<br />
temporanea, che in Irpinia<br />
aveva radici antiche. “L’emigrazione<br />
temporanea – scrisse in proposito- avviene<br />
soltanto in alcuni comuni <strong>del</strong>la<br />
provincia, e varia di proporzione in<br />
ciascun anno; specialmente a seconda<br />
<strong>del</strong>le richieste che si hanno dai possidenti<br />
<strong>del</strong>la vicina provincia di Capitanata.<br />
Nel territorio di Avellino, quantunque<br />
la popolazione sia moltissimo<br />
numerosa in rapporto al suo territorio,<br />
pure fino ad oggi non vi è stata emigrazione<br />
temporanea. Che anzi da 7<br />
ad 8 anni in qua nei tempi <strong>del</strong>la preparazione<br />
<strong>del</strong> terreno per le seminagioni<br />
primaverili ed autunnali ed in<br />
quello <strong>del</strong>la vendemmia, buon numero<br />
di contadini da Terra di Lavoro vengono<br />
in questa città e trovano da lavorare<br />
nelle sue campagne. Dai paesi<br />
posti sulle falde <strong>del</strong> Partenio molti<br />
contadini vanno nelle Puglie a lavorare<br />
al tempo <strong>del</strong>la mietitura <strong>del</strong> grano.<br />
Quando manca lavoro nei due comuni<br />
di Montoro, i contadini vanno a<br />
cercarlo alla Piana di Salerno. Il territorio<br />
di S. Martino V.C. offre pure <strong>del</strong><br />
lavoro ai braccianti, che colà vanno<br />
dai paesi vicini. In alcuni tempi <strong>del</strong>l’anno,<br />
la piazza <strong>del</strong>la Libertà di Avellino<br />
si converte in un mercato di braccia.<br />
Una quantità di villici sani, robusti<br />
e pieni <strong>del</strong>la voglia di lavorare fanno<br />
capannelli seduti a terra, o si riposano<br />
sulla scalinata <strong>del</strong>la chiesa di<br />
San Francesco; e quivi attendono che<br />
siano <strong>del</strong>la loro opera richiesti dai possidenti<br />
o fittaioli avellinesi. Quelli che<br />
non trovano a lavorare prendono la<br />
via <strong>del</strong>la Capitanata”.