indice cronologico maggio 2001 - Swif - Università degli Studi di Bari
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Paul Ricoeur, Riflession fatta. Autobiografia intellettuale<br />
Questi due spettri della filosofia contemporanea rappresentano gli ambiti delle più ampie<br />
<strong>di</strong>vagazioni dell'opera <strong>di</strong> Ricoeur: il confronto con alcune elaborazioni strutturali <strong>di</strong> matrice<br />
francese e quello con alcuni esponenti della scuola anglosassone della filosofia del<br />
linguaggio. Non senza qualche preoccupazione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne critico, Ricoeur pone l'analisi<br />
strutturale come limite minore della sua indagine sul soggetto nella problematicità o Cogito<br />
lacerato: "Da una parte, ho sempre avuto gran cura <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociare lo strutturalismo, in quanto<br />
modello universale <strong>di</strong> spiegazione, dalle analisi strutturali legittime e fruttuose [...] D'altra<br />
parte, mi adoperavo ad eliminare dalla mia concezione del soggetto pensante, agente e<br />
senziente, tutto ciò che avrebbe potuto rendere impossibile incorporare una fase <strong>di</strong> analisi<br />
strutturale all'operazione riflessiva" (p. 45). La sponda offerta dallo strutturalismo, me<strong>di</strong>ata<br />
da un lungo attraversamento della tematica psicoanalitica e dal confronto con Freud, apre lo<br />
spazio per assumere la filosofia del linguaggio quale limite <strong>maggio</strong>re dell'indagine sul<br />
soggetto-nello-scarto da sé: "Ora, lo strutturalismo non mi sembrava mettere in questione la<br />
nozione <strong>di</strong> soggetto a titolo <strong>di</strong> ermeneutica del sospetto, bensì in quanto astrazione<br />
oggettivante, attraverso cui il linguaggio si troverebbe ridotto al funzionamento <strong>di</strong> un sistema<br />
<strong>di</strong> segni senza ancoraggio soggettivo [...] I limiti mi sembravano quelli stessi della nozione <strong>di</strong><br />
segno... Mi sembrava che, in questo modo, si perdesse <strong>di</strong> vista ciò che Emile Benveniste<br />
aveva, <strong>di</strong> contro, perfettamente riconosciuto, e cioè il fatto che la prima unità <strong>di</strong> senso del<br />
linguaggio non è il segno lessicale ma la frase, che egli chiama istanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso [...] La<br />
frase, insegnava Benveniste, contiene quanto meno l'atto sintetico della pre<strong>di</strong>cazione.<br />
Appoggiandomi parimenti su Roman Jakobson, proponevo allora la seguente definizione del<br />
<strong>di</strong>scorso: qualcuno <strong>di</strong>ce qualcosa a qualcuno su qualche cosa secondo delle regole" (p. 51).<br />
In tal modo si recuperano e mettono in luce "la <strong>di</strong>mensione intersoggettiva" e l'"ambizione<br />
referenziale" del linguaggio (p. 52).<br />
Questo intreccio dell'or<strong>di</strong>ne linguistico porta Ricoeur all'in<strong>di</strong>viduazione del "fenomeno<br />
dell'innovazione semantica", ossia <strong>di</strong> quella "produzione <strong>di</strong> un senso nuovo attraverso<br />
procedure del linguaggio" (p. 58). La qualità regolata <strong>di</strong> quest'atto creativo del linguaggio<br />
riaggancia l'analisi sul piano strutturale al livello più elementare della questione etica. D'altro<br />
lato, la sua applicazione porta ad ampliare l'unità semantica fondamentale dalla frase al<br />
testo. Il primo punto sarà svolto da Ricoeur in Sé come un altro, il secondo rappresenta<br />
l'asse portante <strong>di</strong> Tempo e racconto. Il raccordo fra le due opere è dato dalla ricaduta<br />
ontologica dell'incremento semantico me<strong>di</strong>ante l'analisi della referenza metaforica, svolta<br />
nella costruzione <strong>di</strong> una teoria pratica del testo in Tempo e racconto: "Spiegavo l'operazione<br />
veritativa della metafora nel modo seguente: nello stesso modo in cui il senso metaforico<br />
risulta dall'emergenza <strong>di</strong> una nuova pertinenza semantica sulle rovine della pertinenza<br />
semantica letterale, la referenza metaforica procede dal crollo della referenza letterale. Al<br />
fine <strong>di</strong> sottolineare bene la portata ontologica della tesi, proponevo <strong>di</strong> far corrispondere al<br />
‘vedere-come' dell'enunciato metaforico un ‘essere-come' <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne extralinguistico rivelato<br />
dal linguaggio poetico" (p. 61). L'atto che me<strong>di</strong>a questa qualità ontologica dell'incremento<br />
semantico nello spazio del testo è "l'atto <strong>di</strong> lettura" (p. 61). La riconfigurazione del mondo<br />
come possibile più proprio del soggetto, regolata dalla configurazione del testo, apre quin<strong>di</strong><br />
a un'ontologia che non sia più semplicemente irrelata e a latere della stessa configurazione<br />
del soggetto: "Il mondo del lettore offre il sito ontologico delle operazioni <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong><br />
referenza che una concezione puramente immanentistica del linguaggio vorrebbe ignorare"<br />
(p. 62).<br />
http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/<strong>2001</strong>-05/ricoeur.htm (3 of 5) [09/11/2005 21.25.42]