indice cronologico maggio 2001 - Swif - Università degli Studi di Bari

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Sini, Carlo, Idoli della conoscenza Università degli Studi di Bari - Laboratorio di Epistemologia Informatica e Dipartimento di Scienze Filosofiche Sini, Carlo, Idoli della conoscenza Milano, Cortina, 2000, pp. 263, Lit. 35.000 Recensione di Filippo Trasatti - 18/02/2001 Indice - L'autore - Links [Parole chiave: conoscenza, scienza, significato, relativismo] E' bello vedere che la filosofia come esercizio dell'interrogazione dopo 2500 anni gode di buona salute e riesce ad affrontare ancora questioni decisive quando è praticata da filosofi come Carlo Sini , ordinario di filosofia teoretica e da qualche decennio maestro artigiano della pratica filosofica all'Università Statale di Milano, che nel suo ultimo saggio, Idoli della conoscenza, affronta da par suo in modo magistrale la questione della conoscenza attraverso un lungo e affascinante percorso che ci porta da Platone a Putnam. "Idoli" della conoscenza rimanda a diversi significati: a Bruno e a Bacon per la critica degli idola, fantasmi, simulacri, pregiudizi della conoscenza, in altre parole per denominare ciò che induce in errore; dall'altra a eidolon come immagine, modello, forma della conoscenza, con un significato più neutro, ma non meno impegnativo se si pensa alla densità semantica che ha l'eidos nella filosofia occidentale. In questo libro si possono scorgere in filigrana le tappe che hanno segnato l'itinerario filosofico dell'autore: la formazione fenomenologica alla scuola di Enzo Paci di Milano e soprattutto decisiva la meditazione sulla Crisi delle scienze europee che, a mio parere, fa da sfondo all'intero percorso; Heidegger e la questione dell'essere e dell'evento; gli studi sul pragmatismo americano e in particolare l'incontro con la "semiotica" di Charles S. Peirce; la cosmologia e negli ultimi anni l'interesse per la scrittura e l'alfabeto, alle origini della nostra pratica filosofica. Seguiamo ora il percorso di Sini. La domanda che muove l'intera ricerca sulla conoscenza ci viene proposta attraverso le parole dell'incipit : "La cosa più incomprensibile dell'universo è la conoscenza" , firmato Albert Einstein, l'idolo della scienza del Novecento, colui che molto più facilmente di altri può incarnare l'immagine dello scienziato geniale che elabora una nuova immagine rivoluzionaria del mondo. Dunque chi meglio di lui può essere l'interlocutore di questa interrogazione che prima di ogni altra cosa riguarda la conoscenza scientifica? Il padre della relatività è particolarmente adatto allo scopo di questa discussione perché nell'ambito della scienza del XX secolo ha assunto posizioni al tempo stesso problematiche sull'enigma della conoscenza http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2001-05/sini.htm (1 of 7) [09/11/2005 21.25.48]
Sini, Carlo, Idoli della conoscenza umana e dall'altra , in contrapposizione a diverse interpretazioni dei nuovi risultati scientifici, ha sostenuto la tesi del realismo: la scienza si approssima a ciò che è reale, che esiste veramente nel mondo. Detto altrimenti, l'enigma della conoscenza è proprio questo che le teorie, che sono costrutti concettuali, fatti di parole , numeri e metafore descrivano com'è la realtà in sé, realtà che non è fatta di parole, numeri e metafore. Com'è possibile che questo iato venga colmato progressivamente dall'impresa scientifica? La scienza , in questo ( e in poco d'altro ) solidale con il senso comune non pensa questo problema, anzi non lo vede affatto come un problema: ci vive dentro come in una casa abitata da tempo immemorabile, l'unica casa conosciuta. Ma qui sorge il conflitto (e il dialogo) con la filosofia che è anche , si potrebbe dire, una sorta di irrequietezza dell'abitare, per la quale ciò che è dato dev'essere interrogato, ciò che ovvio deve diventare problema. E fin dall'inizio comincia a chiedere: che è scienza? Com'è che l'uomo conosce? Fin dove può spingersi la conoscenza? Esistono gradi diversi della conoscenza? E così via interrogando, il filosofo si guadagna la fama dell'eterno e inconcludente rompiscatole e perdigiorno che invece di occuparsi della "realtà", gira e rigira i suoi problemi filosofici senza arrivare mai a capo di nulla. Questa ricerca sulla conoscenza è anche un ritorno continuo dell'interrogazione filosofica su se stessa , perché "la domanda filosofica, a differenza di quella scientifica, è sempre autoreferenziale". Ponendosi la domanda sulla conoscenza, si va alla ricerca anche della provenienza di un certo modo di impostare il problema della conoscenza, all'interno della tradizione della filosofia occidentale. La domanda sulla conoscenza, infatti, non è una domanda tra le altre. Non è come si dice nell'ambito di altri stili filosofici, un problema poniamo accanto a quello etico, estetico e così via. E non è nemmeno che la domanda sia motivata dal fatto che la conoscenza scientifica è diventata, per così dire, l'immagine della conoscenza dominante, almeno nel mondo occidentale. E' che nel cuore della domanda stessa possiamo cogliere ciò che è proprio del gesto filosofico fin dalla sua nascita. E la prospettiva da cui si può cogliere questo gesto è quello della genealogia. "Ogni filosofia è un'auto-bio-grafia, non in un senso meramente psicologico, ma nel senso per cui si può dire che in ogni sapere (saper fare, dire, scrivere) è compresa una genealogia, che è l'autobiografia di quel sapere"(p.127). Ciò a cui ci invita Sini è la ricostruzione genealogica delle operazioni costruttive che ci portano a pensare come pensiamo, a porre i problemi che poniamo, a costruire i concetti che poi adoperiamo come se fossero ovvietà o peggio ancora specchi riflettenti, a vedere il mondo come un'ovvietà indiscutibile. In queste tematiche è possibile sentire l'eco delle ultime ricerche husserliane della Crisi delle scienze europee delle scienze europee: la scienza ha smarrito il senso delle proprie origini e della propria destinazione. Essa dimentica di costruire sulle ovvietà del "mondo della vita" (Lebenswelt) che ci sono a portata di mano; ignora o non vuol sapere che il mondo obiettivo e vero della scienza è una costruzione teorica che presuppone e rinvia al "mondo della vita" che condividiamo. "Husserl parlava della necessità, per lo scienziato, di tenere conto del "mondo alla mano" che sempre circonda e sorregge le nostre più svariate prassi, comprese le prassi teoriche" (p.243). Ma a quale scienza si rivolge Sini con il suo discorso genealogico se, come sosteneva provocatoriamente Feyerabend, non c'è qualcosa come la scienza? A quel nucleo duro della http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2001-05/sini.htm (2 of 7) [09/11/2005 21.25.48]
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