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indice cronologico maggio 2001 - Swif - Università degli Studi di Bari

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Francesco Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />

Critica della ragion pura, un'interpretazione che evidenzi una linea scettica nella riflessione<br />

<strong>di</strong> Kant non pare poi tanto inverosimile, soprattutto se si tiene conto della lettera dello stesso<br />

Kant a Garve del 21 settembre 1798. In essa si legge: "Il punto dal quale sono partito non è<br />

stata l'indagine sull'esistenza <strong>di</strong> Dio, sull'immortalità dell'anima ecc. ma l'antinomia della<br />

ragion pura [...]. Fu essa a destarmi dal sonno dogmatico ed a spingermi alla critica della<br />

ragione stessa" (cit. a p. 82). Il libro non giunge alla pretesa <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> Kant uno scettico.<br />

Come <strong>di</strong>ce infatti il filosofo <strong>di</strong> Koenigsberg: "lo scetticismo è un posto <strong>di</strong> riposo per la ragione<br />

umana, nel quale essa può riflettere sulle sue peregrinazioni dogmatiche e farsi uno schizzo<br />

del paese in cui si trova, per poter scegliere ormai la sua via con <strong>maggio</strong>r sicurezza, non già<br />

un luogo abitabile e stabile <strong>di</strong>mora" (cit. a p. 106). In altre parole, lo scetticismo è un metodo<br />

che consente un esame dei problemi, ma poi va superato.<br />

Dopo Kant ritorna, nella narrazione <strong>di</strong> Tampoia, il nome <strong>di</strong> Enesidemo, o meglio<br />

Aenesidemus. Il filosofo scettico tedesco Gottlob Ernst Schulze inserì infatti il nome nel<br />

lungo titolo della propria opera <strong>maggio</strong>re (Enesidemo o dei Fondamenti della Filosofia<br />

elementare presentata dal sig. prof. Reinhold <strong>di</strong> Jena con una <strong>di</strong>fesa dello Scetticismo<br />

contro le pretese della Critica della ragione). Lo scetticismo viene presentato, proprio in<br />

queste pagine del libro, in una forma che da un lato è accattivante: "è il sale del sapere, è il<br />

fermento del rigore scientifico e speculativo, è lo strumento della purificazione della mente<br />

umana" (p. 111). Dall'altro lato, gli argomenti a favore dello scetticismo sembrano piuttosto<br />

soli<strong>di</strong>. Ad esempio, la critica <strong>di</strong> incoerenza che pare potersi muovere contro lo scetticismo, in<br />

quanto questi pare ammettere delle verità nel momento in cui afferma l'assenza <strong>di</strong> verità<br />

ultime, viene messa in crisi da Schulze. Egli afferma la natura puramente convenzionale e<br />

provvisoria dei vocaboli, dei concetti, <strong>di</strong> cui si serve lo scetticismo, mostrando così<br />

l'infondatezza dell'obiezione (cfr. p. 116). Inoltre, la stessa <strong>di</strong>stinzione tra fenomeno e<br />

noumeno ammessa da Kant è erronea perché un oggetto o si conosce, o non si conosce:<br />

per in<strong>di</strong>viduare corrispondenze è necessario avere accesso al noumeno. Che esistano<br />

conoscenze non è poi oggetto <strong>di</strong> dubbio scettico, piuttosto lo è la possibilità <strong>di</strong> instaurare un<br />

nesso necessario e stabile tra soggetto e pre<strong>di</strong>cato; non vi è insomma alcun accesso al<br />

noumeno che consenta una fondazione ultima del conoscere. Anzi, la stessa nozione <strong>di</strong><br />

noumeno è inammissibile come anche quella <strong>di</strong> rappresentazione (ammessa invece da<br />

Reinhold) che richiama implicitamente alla <strong>di</strong>stinzione fenomeno/noumeno.<br />

Il capitolo su Hegel sembra un onore delle armi reso all'ultima grande sintesi filosofica del<br />

pensiero occidentale. La stessa concezione della filosofia hegeliana è però già la<br />

rappresentazione <strong>di</strong> un tramonto decadente nel quale la filosofia è raffigurata dalla celebre<br />

immagine della nottola <strong>di</strong> Minerva (p. 131).<br />

Seguono due capitoli rispettivamente su Nietzsche, "lo scriba del caos", e su Heidegger. Le<br />

loro filosofie <strong>di</strong> rottura e <strong>di</strong> crisi, tanto ra<strong>di</strong>cali da coinvolgere sia la metafisica sia la scienza,<br />

aprono lo scenario dell'ultima parte del volume che, negli ultimi due capitoli, si sofferma<br />

soprattutto su Popper, Wittgenstein e Rorty. Il pensiero <strong>di</strong> Popper nasce dalla severa critica<br />

humiana dell'induttivismo. Ne segue che l'e<strong>di</strong>ficio della scienza non si appoggia su una<br />

solida roccia, ma è precariamente fondato come su palafitte. Il criterio <strong>di</strong> demarcazione tra<br />

scienza e non-scienza è il principio <strong>di</strong> falsificabilità (il testo riporta erroneamente<br />

"falsificazione", p. 168). Esso è una forma <strong>di</strong> razionalità non fondativa, dato che la possibilità<br />

<strong>di</strong> una falsificazione non consente alcun giu<strong>di</strong>zio ultimo <strong>di</strong> certezza. La crisi della razionalità<br />

scientifica positivista aperta da Popper viene ulteriormente a complicarsi col <strong>di</strong>battito postpopperiano<br />

e in particolare coi contributi <strong>di</strong> Lakatos, Feyerabend e Kuhn. Con Wittgenstein<br />

lo scetticismo pare essere giunto all'estrema conclusione: "la filosofia non può darci quanto<br />

http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/<strong>2001</strong>-05/tampoia.htm (2 of 4) [09/11/2005 21.25.46]

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