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PIETRO RAITANO / ALTRECONOMIA<br />

| internazionale | etiopia e kenia |<br />

Le troppe spine<br />

delle rose africane<br />

| 58 | valori | ANNO 7 N.50 | GIUGNO 2007 |<br />

PIETRO RAITANO / ALTRECONOMIA<br />

UNA RICERCA DI “PARTE”<br />

| internazionale |<br />

L’ANALISI DELL’IMPATTO AMBIENTALE DI UN PRODOTTO può diventare un “arma” comunicazionale.<br />

“Perché le rose dal Kenya sono più verdi dei fiori olandesi”: questo il titolo molto ad effetto del Times<br />

del 10 febbraio scorso che spiega come una rapporto comparativo svolto dall’Università di Cranfield<br />

evidenzi che i costi ambientali della coltivazione delle rose nelle serre in Olanda sia molto più impattante<br />

dei corrispondenti prodotti importati dal Kenya. La firma del report è autorevole, anche se purtroppo<br />

l’articolo del Times non la riporta preferendo dare spazio a delle affrettate dichiarazioni del Segretario<br />

di Stato allo Sviluppo Internazionale, Hilary Benn, che invitava i consumatori a non boicottare i fiori<br />

africani in occasione di San Valentino. Più che di un vero e proprio studio, si tratta di un’analisi<br />

comparativa condotta dal Adrian Williams (foto), ricercatore del dipartimento risorse naturali<br />

dell’Universitò di Cranfield ed esperto di analisi di impatto ambientale. Cranfield ha analizzato solo<br />

ed esclusivamente l’impatto in termini di emissioni di gas ad effetto serra comparando la produzione<br />

di fiori in serra in Olanda, e il trasporto in Gran Bretagna, esclusivamente con i consumi di CO2<br />

nella produzione keniota con i relativi impatti per raggiungere via aereo l’Inghilterra. Non si tratta<br />

di un vero studio del ciclo di vita (Life cycle assessment) così come stabilito anche dalla regolamentazione<br />

ISO che prevede che vengano tenute in considerazione tutti gli input e output di una produzione: nessuna<br />

analisi, quindi, delle problematiche connesse al consumo di acqua piuttosto che all’impatto nella<br />

produzione, trasporto e utilizzo dei pesticidi. Se si considerano solo<br />

ed esclusivamente le emissioni di gas ad effetto serra, lo studio evidenzia<br />

che le rose che arrivano dal Kenya, considerando anche il trasporto aereo,<br />

producono il 17% della CO2 originata dalle coltivazioni olandesi: in termini<br />

assoluti per carico di fiori recisi quelle keniane determinano 6000 kg di anidride<br />

carbonica equivalente contro i 35000 kg della produzione in Olanda.<br />

Di questa CO2 il 99% delle rose olandesi è originato dalla coltivazione a fronte<br />

di un corrispettivo del 7,3% per far crescere i fiori in Kenya. ads<br />

La coltivazione dei fiori recisi destinati ai Paesi occidentali è la seconda industria del Kenya. Una forma di neocolonialismo alimentato dal saccheggio delle risorse e da incentivi statali. La floricultura è la seconda industria per fatturato in valuta estera.<br />

di Cristina Artoni<br />

Sopra, una serra per la coltivazione<br />

delle rose. In Kenya rimane ben poco,<br />

i fiori vengono esportati in Europa.<br />

COMINCIARE A RAGIONARE SUL LIVELLO GLOBALE: il sistema diventerà<br />

insostenibile. Chi ha bisogno dei fiori se li coltivi. Così com’è il siste-<br />

«DOBBIAMO<br />

ma è distruttivo anche del tessuto sociale e umano e mina la società del<br />

Sud del mondo. Un po’ tutto il commercio deve essere ripensato. Dopo<br />

i fiori si passerà al tè e al caffè, mercati controllati da multinazionali<br />

potentissime, con strettissimi rapporti con il governo». Le parole sono<br />

di Alex Zanotelli, che per anni ha condiviso la sua vita con gli abitanti<br />

di Korogocho, una delle più grandi bidonville alla periferia di Nairobi.<br />

Nella prefazione al libro Rose & lavoro - dal Kenya all’Italia l’incredibile<br />

viaggio dei fiori curato da Pietro Raitano e Cristiano Calvi per le edizioni<br />

di Altreconomia, il padre comboniano mette a fuoco le ingiustizie<br />

di un mercato che divora le società più indifese che sono nello stesso<br />

tempo tra le più bisognose di sviluppo. Avviene così un processo di<br />

neocolonizzazione da parte dei paesi Occidentali nei confronti di un<br />

Sud del mondo, dove il saccheggio delle materie prime viene fatto attraverso<br />

lo sfruttamento delle risorse, di forza lavoro con la complicità<br />

dei governi locali. Ma non solo. La neocolonizzazione avviene anche<br />

con gli incentivi a coltivazioni finalizzare solo all’esportazione.<br />

Piantagioni sterminate<br />

È il caso nel continente africano delle rose, coltivate in sterminate pian-<br />

tagioni in Kenya e in Etiopia, di proprietà di multinazionali, e poi destinate<br />

al mercato europeo. Un affare da milioni di euro, che prosegue<br />

da circa vent’anni. Come rivela il libro di inchiesta di Raitano e Calvi le<br />

rose del Kenya sono destinate al mercato europeo in enormi quantità: il<br />

60% della produzione arriva in Olanda, il 23% in Gran Bretagna e il restante<br />

è rivolto a Germania e Francia. Da marzo di quest’anno inoltre è<br />

stato avviato anche il commercio diretto con l’Italia, che fino a questo<br />

momento si affidava a grossisti olandesi.<br />

In Kenya nell’ultimo decennio, dai primi anni ‘90, la floricoltura<br />

è diventata la seconda industria per fatturato in valuta estera, superata<br />

solo dalla produzione di tè e più importante del<br />

turismo e del caffè. Un business da 500 milioni di<br />

SPESA FIORI RECISI<br />

euro l’anno che fino ad ora aveva dato lavoro direttamente<br />

a centomila persone e indirettamente a<br />

700 mila. Non poco, se si considera che il tasso di MARZO 06<br />

disoccupazione nel paese si attesta sul 40%, su una APRILE 06<br />

forza lavoro di dieci milioni di persone. Il costo so- MAGGIO 06<br />

ciale e ambientale di questa produzione è molto al- GIUGNO LUGLIO 06<br />

to: fino a poco tempo fa il 65% dei lavoratori, no- AGOSTO SETTEMBRE 06<br />

ve donne su dieci, non ha goduto del benchè mi- OTTOBRE NOVEMBRE 06<br />

nimo diritto sindacale e di tutela sanitaria. I salari DICEMBRE 06<br />

GENNAIO FEBBRAIO 06 130.290.275<br />

285.160.159<br />

421.308.053<br />

550.664.440<br />

691.828.764<br />

845.412.165<br />

1.093.428.593<br />

1.253.781.887<br />

per anni si sono attestati di media sui 15 euro al mese, per un impiego<br />

svolto in condizioni disumane: «ho personalmente visitato tante<br />

serre - racconta Alex Zanotelli - soprattutto nella zona del lago Naivasha<br />

che si sta lentamente prosciugando perché così tanta acqua è<br />

usata per la coltivazione dei fiori. Ho visto con i miei occhi come i lavoratori,<br />

le lavoratrici (sono soprautto donne che vengono impiegate<br />

per tali lavori) sono trattati, come sono usati e abusati. Una delle<br />

cose che mi avevano impressionato di più era vedere come le donne<br />

venivano sistemate, impacchettate quasi, in roulotte (anche in sei per<br />

ciascuna!) che dovevano essere le loro case».<br />

Mobilitazione internazionale<br />

A mobilitarsi in questi anni sono state tante Ong<br />

e in particolare l’organizzazione Kenya Human Rights<br />

che ha denunciato centinaia di casi di cecità,<br />

malattie della pelle, sterilità dovute all’esposizione<br />

ai pesticidi. Molte aziende per anni hanno scaricato<br />

nei laghi e nei campi ogni tipo di sostanza<br />

velenosa anche grazie agli accordi stipulati con il<br />

governo centrale. Gli stessi lavoratori sono stati<br />

costretti ad inalare pesticidi per dodici ore nelle<br />

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