detto che tu non gli creda al figliuolo di Pietro Bernardoni, e che tunon ti affatichi in lagrime e in orazioni, però che tu se' dannato?Che ti giova affligerti mentre tu se' vivo, e poi quando tu morraisarai dannato?". E subitamente frate Ruffino risponde: "Apri labocca; mo' vi ti caco". Di che il demonio isdegnato, immantanentesi partì con tanta tempesta e commozione di pietre di monteSubasio ch'era in alto, che per grande spazio bastò il rovinio dellepietre che caddono giuso; ed era sì grande il percuotere chefaceano insieme nel rotolare, che sfavillavano fuoco orribile per lavalle; e al romore terribile ch'elle faceano, santo <strong>Francesco</strong> con licompagni con grande ammirazione uscirono fuori del luogo avedere che novità fosse quella; e ancora vi si vede quella ruinagrandissima di pietre. Allora frate Ruffino manifestamente s'avvideche colui era stato il demonio, il quale l'avea ingannato. E tornato asanto <strong>Francesco</strong> anche da capo, si gitta in terra e riconosce la colpasua. <strong>San</strong>to <strong>Francesco</strong> il riconforta con dolci parole e mandanelotutto consolato alla cella Nella quale standos'egli in orazionedivotissimamente, Cristo benedetto gli apparve, e tutta l'anima suagli riscaldò del divino amore, e disse: "Bene facesti, figliuolo checredesti a frate <strong>Francesco</strong>, però che colui che ti aveva contristatoera il demonio. ma io sono Cristo tuo maestro, e per renderteneben certo io ti do questo segnale, che mentre che tu viverai, nonsentirai mai tristizia veruna né malinconia". E detto questo, si partìCristo, lasciandolo con tanta allegrezza e dolcezza di spirito edallevazione di mente, che 'l di e la notte era assorto e ratto in Dio Ed'allora innanzi fu sì confermato in grazia e in sicurtà della suasalute, che tutto diventò mutato in altro uomo, e sarebbesi stato ildì e la notte in orazione a contemplare le cose divine s'altri l'avesselasciato stare. Onde dicea santo <strong>Francesco</strong> di lui, che frate Ruffinoera in questa vita canonizzato da Cristo, e che, fuori che dinanzi dalui, egli non dubiterebbe di dire santo Ruffino, benché fusse ancoravivo in terra.A laude di Gesù Cristo e del poverello <strong>Francesco</strong>. Amen.Capitolo Trentesimo.Della bella predica che feceno in Ascesi santo <strong>Francesco</strong> e frateRuffino, quando eglino predicarono ignudi.Era il detto frate Ruffino, per continova contemplazione, sì assortoin Dio, che quasi insensibile e mutolo diventò, radissime volteparlava, e appresso non aveva la grazia né lo ardire né la facundia
del predicare. E nientedimeno santo <strong>Francesco</strong> gli comandò unavolta che egli andasse a Sciesi, e predicasse al popolo ciò che Iddiogli spirasse. Di che Frate Ruffino rispuose: "Padre reverendo, io tipriego che tu mi perdoni e non mi mandi; imperò che, come tu sailo non ho la grazia del predicare e sono semplice e idiota" E alloradisse santo <strong>Francesco</strong>: "Però che tu non hai ubbidito prestamente ticomando per santa obbidienza che ignudo come nascesti, colle solebrache, tu vada a Sciesi, ed entri in una chiesa così ignudo epredichi al popolo". A questo comandamento il detto frate Ruffino sispoglia, e vanne a Sciesi, ed entra in una chiesa, e fatta lariverenza allo altare, salette in sul pergamo e comincia a predicare.Della qual cosa li fanciulli e gli uomini cominciarono a ridere ediceano: "Or ecco che costoro fanno tanta penitenza, che diventanoistolti e fuori di sé".In questo mezzo santo <strong>Francesco</strong>, ripensando della prontaobbedienza di frate Ruffino, il quale era dei più gentili uominid'Ascesi, ed al comandamento duro che gli avea fatto, cominciò ariprendere se medesimo dicendo: "Onde a te tanta prosunzione,figliuolo di Pietro Bernardoni, vile omicciuolo, a comandare a frateRuffino, il quale è de' più gentili uomini d'Ascesi, che vada ignudo apredicare al popolo siccome pazzo? Per Dio, che tu proverai in tequello che tu comandi ad altri". E di subito in fervore di spirito sispoglia egli ignudo simigliantemente e vassene ad Ascesi, e menaseco frate Leone, che recasse l'abito suo e quello di frate Ruffino. Eveggendolo similemente gli Ascesani, sì lo ischernirono, riputandoch'egli e frate Ruffino fussono impazzati per la troppa penitenza.Entra santo <strong>Francesco</strong> nella chiesa dove frate Ruffino predicavaqueste parole: "Carissimi, fuggite il mondo e lasciate il peccato;rendete l'altrui, se voi volete schifare lo 'nferno; servate licomandamenti di Dio, amando Iddio e 'l prossimo, se voi voleteandare al cielo; fate penitenza, se voi volete possedere il reame delcielo" E allora santo <strong>Francesco</strong> monta in sul pergamo, ignudo, ecominciò a predicare così maravigliosamente dello dispregio delmondo, della penitenza santa, della povertà volontaria, deldesiderio del reame celestiale e della ignudità e obbrobrio dellapassione del nostro Signore Gesù Cristo, che tutti quelli ch'eranoalla predica, maschi e femmine in grande moltitudine, cominciaronoa piagnere fortissimamente con mirabile divozione e compunzionedi cuore; e non solamente ivi, ma per tutto Ascesi fu in quel dìtanto pianto della passione di Cristo, che mai non v'era statosomigliante. E così edificato e consolato il popolo dello atto di santo<strong>Francesco</strong> e di frate Ruffino, santo <strong>Francesco</strong> rivestì frate Ruffino esé, e così rivestiti si ritornarono al luogo della Porziuncola, lodando
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