Intorno al principio dell'Ordine, vivendo santo <strong>Francesco</strong>, venneall'Ordine uno giovane d'Ascesi, il quale fu chiamato frate Simone, ilquale Iddio adornò e dotò di tanta grazia e di tanta contemplazionee elevazione di mente, che tutta la sua vita era specchio di santità,secondo ch'io udii da coloro che lungo tempo furono con lui. Costuirarissime volte era veduto fuori di cella e, se alcuna volta stava co'frati, sempre parlava di Dio. Costui non avea mai apparatogrammatica, e nientedimeno sì profondamente e sì altamenteparlava di Dio e dell'amore di Cristo, che le sue parole pareanoparole soprannaturali. Onde una sera egli essendo ito nella selvacon frate Iacopo da Massa per parlare di Dio e parlandodolcissimamente del divino amore, istettono tutta la notte in quelparlare, e la mattina parea loro essere stato pochissimo ispazio ditempo, secondo che mi recitò il detto frate Iacopo. E 'l detto frateSimone sì aveva in tanta soavità e dolcezza di spirito le divineilluminazioni e visitazioni amorose di Dio, che ispesse volte, quandole sentiva venire, si ponea in sul letto; imperò che la tranquillasoavità dello Ispirito <strong>San</strong>to richiedeva in lui non solo riposodell'anima, ma eziandio del corpo. E in quelle cotali visitazionidivine egli era molte volte ratto in Dio e diventava tutto insensibilealle cose corporali. Onde una volta ch'egli era così ratto in Dio einsensibile al mondo, ardea dentro del divino amore e non sentianiente di fuori con sentimenti corporali, un frate vogliendo avereisperienza di ciò, a vedere se fusse come parea, andò e prese unocarbone di fuoco, e si gliel puose in sul piede ignudo: e frateSimone non ne sentì niente, e non gli fece nessuno segnale in sulpiede, benché vi stesse su per grande spazio, tanto che si spenseda se medesimo. Il detto frate Simone quando si ponea a mensa,innanzi che prendesse cibo corporale, prendeva per sé e dava ilcibo ispirituale parlando di Dio.Per lo cui divoto parlare, si convertì una volta un giovane da <strong>San</strong>Severino, il quale era nel secolo un giovane vanissimo e mondano,ed era nobile di sangue e molto dilicato del suo corpo. E frateSimone ricevendo il detto giovane all'Ordine, si serbò li suoivestimenti secolari appo sé, ed esso istava con frate Simone peressere informato da lui nelle osservanze regolari. Di che il demonio,il quale s'ingegnava di storpiare ogni bene, gli mise addosso sì fortestimolo e sì ardente tentazione di carne, che per nessuno modocostui potea resistere. Per la qual cosa egli se ne andò a frateSimone e dissegli: "Rendimi li miei panni ch'io ci recai del secoloimperò ch'io non posso più sostenere la tentazione carnale". E frateSimone, avendogli grande compassione, gli dicea: "Siedi qui,figliuolo, un poco con meco". E cominciava a parlargli di Dio,
permodo ch'ogni tentazione sì si partia, e poi a tempo ritornando latentazione, ed egli richiedea li panni, e frate Simone la cacciava conparlare di Dio.E fatto così più volte, finalmente una notte l'assalì sì forte la dettatentazione più ch'ella non solea, che per cosa del mondo nonpotendo resistere, andò a frate Simone raddomandandogli al tutto lipanni suoi secolari, che per nessuno partito egli ci potea più stare.Allora frate Simone, secondo ch'egli avea usato di fare, li fecesedere allato a sé; e parlandogli di Dio, il giovane inchinò il capo ingrembo a frate Simone per malinconia e per tristizia. Allora frateSimone, per grande compassione che gli aveva, levò gli occhi incielo e pregando Iddio divotissimamente per lui, fu ratto e esauditoda Dio; onde ritornando egli in sé, il giovane si sentì al tuttoliberato di quella tentazione, come se mai non l'avesse puntosentita.Anzi essendosi mutato l'ardore della tentazione in ardore di Spirito<strong>San</strong>to, però che s'era accostato al carbone affocato, cioè a frateSimone, tutto diventò infiammato di Dio e del prossimo, intantoch'essendo preso una volta uno malfattore, a cui doveano esseretratti amenduni gli occhi, costui, per compassione se ne andòarditamente al rettore in pieno Consiglio, e con molte lagrime eprieghi divoti addomandò che a sé fusse tratto un occhio, e almalfattore un altro, acciò ch'e' non rimanesse privato d'amenduni.Ma veggendo il Rettore e il Consiglio il grande fervore della carità diquesto frate, si perdonarono all'uno e all'altro.Standosi un dì il sopradetto frate Simone nella selva in orazione esentendo grande consolazione nell'anima sua, una schiera dicornacchie con loro gridare gl'incominciarono a fare noia, di che eglicomandò loro nel nome di Gesù Cristo ch'elle si dovessono partire enon tornarvi più. E partendosi allora li detti uccelli, da indi innanzinon vi furono mai più veduti né uditi, né ivi né in tutta la contradad'intorno. E questo miracolo fu manifesto a tutta la custodia diFermo, nella quale era il detto luogo.A laude di Gesù Cristo e del poverello <strong>Francesco</strong>. Amen.Capitolo Quarantaduesimo.Di belli miracoli che fece Iddio per li santi frati frate Bentivoglia,frate Pietro da Monticello, frate Currado da Offida e come frateBentivoglia portò un lebbroso quindici miglia in pochissimo tempo, eall'altro parlò santo Michele, e all'altro venne la Vergine Maria epuosegli il figliuolo in braccio.
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