syndicom rivista N.14
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!
Da molto tempo ci impegniamo per i diritti dei lavoratori della logistica, delle telecomunicazioni e dei media. Le buone condizioni di lavoro sono, e sono sempre state, il risultato di successi raggiunti insieme. Entra anche tu nel nostro movimento e crea il tuo futuro insieme a noi. L''unione fa la forza!
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L’ospite<br />
Ho appena passato qualche giorno<br />
con 23 studenti del Master in giornalismo a<br />
Neuchâtel per un corso sui principi del nostro<br />
mestiere. C’erano tipi svegli e sono state poste<br />
buone domande: ottime leve dunque, che ritroveremo<br />
nelle redazioni romande tra 18 mesi.<br />
Ma mi sono chiesto: quanti di loro tra dieci anni<br />
saranno ancora giornalisti, e quanti saranno<br />
passati ai reparti di comunicazione? La mia domanda<br />
ha suscitato facce schifate: d’altronde<br />
tutti loro sognano di fare inchieste e reportage.<br />
Mi hanno chiesto quale fosse la differenza. Ho<br />
risposto: «I giornalisti lavorano per la verità e la<br />
democrazia, i comunicatori per le loro aziende».<br />
Certo, il concetto è parecchio sintetizzato. Alcuni<br />
giornalisti hanno motivazioni diverse e il lavoro<br />
di alcuni addetti alla comunicazione è davvero<br />
d’interesse pubblico. Ciò nonostante, è indiscutibile<br />
che i principi del corso (ricerca della verità,<br />
distanza dai protagonisti, servire gli interessi<br />
del cittadino) non si applicano alla comunicazione.<br />
A occhio e croce, direi che due terzi di questi<br />
studenti finiranno nei reparti di comunicazione.<br />
Prendiamo le università. In una ricerca, Urs Hafner<br />
ha contato 179 comunicatori per 12 istituti.<br />
Quattro volte di più rispetto agli Anni Ottanta.<br />
L’UNIGE e l’ETHZ sono in testa con 25 posti ma<br />
in rapporto al numero di studenti chi vince è<br />
l’EPFL. Urs ha spesso sentito dire: «I media non<br />
fanno più il loro lavoro, ora bisogna farlo da<br />
soli». Di fatto, le riviste universitarie sono meglio<br />
di certe testate dei grandi gruppi editoriali<br />
svizzeri. Stessa cosa per cultura ed economia.<br />
E quanti giornalisti specializzati nella sanità<br />
abbiamo rispetto all’esercito di comunicatori di<br />
ospedali, assicurazioni e case farmaceutiche?<br />
Aghi nel pagliaio. Morale della favola? Giornalisti,<br />
rimbocchiamoci le maniche! Se i lettori non fanno<br />
più nessuna differenza tra giornalismo e comunicazione,<br />
sta a voi mostrarla, nella stampa<br />
tradizionale o in start-up giovani come la mia,<br />
che cercano di cambiare il destino. Un giorno, il<br />
pendolo tornerà a oscillare nell’altra direzione.<br />
Pochi giornalisti,<br />
troppi comunicatori<br />
Serge Michel, 50 anni, è cresciuto a<br />
Yverdon-les-Bains (VD). È cofondatore e<br />
direttore editoriale del nuovo sito Heidi.<br />
news. È stato direttore delle redazioni<br />
di Le Monde e caporedattore di Le Monde<br />
Afrique. Ha pubblicato i suoi primi<br />
reportage nel 1998 per il Journal de<br />
Genève. Nel 2001, ha vinto il premio<br />
Albert Londres per i suoi reportage in<br />
Iran, dove ha vissuto quattro anni come<br />
corrispondente per Le Figaro e Le Temps,<br />
di cui diventerà caporedattore. Nel 2005,<br />
quando era a L’Hebdo, ha fondato Bondy<br />
Blog nella periferia parigina. È anche<br />
autore di diversi libri sull’Iran, sui cinesi<br />
in Africa, sull’Iraq e l’Afghanistan.<br />
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