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Toscana
a tavola
A cura di
Franco Tozzi
Ronchì Pichi
Da Livorno a Lastra a Signa, una storia
che continua nel segno dell’eccellenza
di Franco Tozzi
La prima etichetta depositata presso l’archivio della Camera di Commercio
Questa volta non tratteremo solamente di una ricetta
di cucina, ma scriveremo la storia di un liquore di altri
tempi che, nato a Livorno nel 1934, è tornato ad allietare
le mense grazie ad un imprenditore di Lastra a
Signa. Siamo nel 1923, quando Armando Pichi fonda la Casa
Vinicola Armando Pichi. Questo vermut (così è classificato come
prodotto commerciale) che al gusto appare come uno stupendo
passito, vede la luce ufficialmente nel settembre 1934
con il nome “Ronchì”, e quindi con l’accento come risulta dalla
documentazione presente nell’archivio storico della Camera di
Commercio livornese. Perché questo nome? Tantissime sono
le ipotesi più o meno avvalorate dalla tradizione popolare e dai
vari detentori del marchio; sulla scorta di alcuni e rari elementi
documentati, fusi con la storia del periodo e dei suoi personaggi,
proverò a raccontare una versione che credo sia la più vicina
alla realtà. “Ronchi” è un nome che oggi dice poco alla maggior
parte delle persone, qualcuno più appassionato di storia lo potrà
collegare al Comune di Ronchi dei Legionari (fino al 1925 si
chiamava Ronchi di Monfalcone), in provincia di Gorizia, località
che nel 1919 vide partire la spedizione di D’Annunzio per il
tentativo di conquistare Fiume e che causò solo il cambio del
nome del comune. Una prima traccia di questo possibile colle-
L’etichetta del “vino tipico speciale Ronchi dei Legionari” del 1935 (archivio Camera
di Commercio di Livorno)
L’etichetta del “vino liquoroso Ronchi degli Eroi” del 1936 (archivio Camera di
Commercio di Livorno)
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RONCHÌ PICHI