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La Toscana nuova Febbraio 2022

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Toscana

a tavola

A cura di

Franco Tozzi

Ronchì Pichi

Da Livorno a Lastra a Signa, una storia

che continua nel segno dell’eccellenza

di Franco Tozzi

La prima etichetta depositata presso l’archivio della Camera di Commercio

Questa volta non tratteremo solamente di una ricetta

di cucina, ma scriveremo la storia di un liquore di altri

tempi che, nato a Livorno nel 1934, è tornato ad allietare

le mense grazie ad un imprenditore di Lastra a

Signa. Siamo nel 1923, quando Armando Pichi fonda la Casa

Vinicola Armando Pichi. Questo vermut (così è classificato come

prodotto commerciale) che al gusto appare come uno stupendo

passito, vede la luce ufficialmente nel settembre 1934

con il nome “Ronchì”, e quindi con l’accento come risulta dalla

documentazione presente nell’archivio storico della Camera di

Commercio livornese. Perché questo nome? Tantissime sono

le ipotesi più o meno avvalorate dalla tradizione popolare e dai

vari detentori del marchio; sulla scorta di alcuni e rari elementi

documentati, fusi con la storia del periodo e dei suoi personaggi,

proverò a raccontare una versione che credo sia la più vicina

alla realtà. “Ronchi” è un nome che oggi dice poco alla maggior

parte delle persone, qualcuno più appassionato di storia lo potrà

collegare al Comune di Ronchi dei Legionari (fino al 1925 si

chiamava Ronchi di Monfalcone), in provincia di Gorizia, località

che nel 1919 vide partire la spedizione di D’Annunzio per il

tentativo di conquistare Fiume e che causò solo il cambio del

nome del comune. Una prima traccia di questo possibile colle-

L’etichetta del “vino tipico speciale Ronchi dei Legionari” del 1935 (archivio Camera

di Commercio di Livorno)

L’etichetta del “vino liquoroso Ronchi degli Eroi” del 1936 (archivio Camera di

Commercio di Livorno)

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RONCHÌ PICHI

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