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I libri del
mese
Giovanni Bogani
Ancora un attimo, per favore: un viaggio nella memoria che mette a nudo l’anima
di Erika Bresci
Andremo piano, una passeggiata al giorno, di ricordo
in ricordo, e quando non ci sarà più niente da ricordare,
mi canterò una piccola ninna nanna che
«sentirò solo io, e forse sentirai anche tu». Un camminare, lento,
questo di Giovanni Bogani – giornalista, critico cinematografico,
scrittore di saggi e di romanzi – che prende avvio da un evento
doloroso. La morte della madre. Una «straordinaria vita qualunque»,
spezzata in un giorno di marzo altrettanto qualunque.
Vissuto come feroce tradimento (della madre, del destino?), una
ferita nella carne difficile da rimarginare, se al titolo del primo
dei 496 attimi, uno per pagina, ripescati dalla memoria per essere
offerti all’occhio del cuore proprio e del lettore, diamo il giusto
peso: “Idi di marzo”. Chi eri, mamma? Che cosa è andato perduto
nel dialogo assente che non siamo mai riusciti a costruire,
lontani cento metri, due vite trascorse in parallelo, cosa si
nascondeva in quell’«amore arruffato, fuori tempo e fuori modo»?
Domande che pongono sul limite dell’abisso, e costringono
a sporgersi verso il nulla, per tentare la risposta. Ancora un
attimo, per favore è, per questo, prima e oltre tutto un libro coraggioso.
Perché non c’è retorica in alcuna delle parole gridate
e, per la maggior parte, sussurrate, in alcuno dei silenzi seminati,
in alcuna delle immagini riaffioranti dalla polla dei ricordi. Un
libro di disarmante nudità, in cui si è disposti a mostrare il petto
pur di arrivare a ricostruire, per quanto è possibile, la collana di
perle – spesso lacrime ma con pagliuzze iridescenti di ironia –
che corrispondono ai battiti di un tempo passato e sempre presente.
Dal quale emergono non solo la madre ma, tra gli altri,
soprattutto il padre, anima candida crocefissa in un corpo malato,
e la nonna Minnie, con cui evidenti sono le affinità elettive:
«I tuoi quadri erano fatti di memoria. Un po’ come forse, adesso,
accade a me, con questi piccoli quadretti, questi acquerelli
fatti di parole». Storia familiare e storia del Novecento si intrecciano
in percorsi comuni. Così i mille sogni della piccola borghesia
del dopoguerra, la seconda casa, un’automobile dignitosa, la
pelliccia e qualche gioiello da mostrare, sono anche i sogni domestici
di una madre (auto)confinata in una realtà di quartiere –
quello delle Cure prima, di Rifredi poi – che rivive nelle figure e
nelle cose di una Firenze che non c’è più. Dove si respira il ribollire
inquieto di una gioventù in aperto contrasto con le tradizioni
e il vecchio mondo dei padri, gioventù che supera la siepe del
borgo antico per esplorare quella che Europa non è ancora. Anni
di giradischi, chitarre, viaggi all’avventura, biciclette e motorini
Ciao (soppiantati poco più tardi dalla mitica Vespa). Una pagina,
un racconto. In ciascuno dei quali il lettore potrà ritrovare anche
una parte di se stesso, o imparare a conoscere le pieghe umorali
di un’Italia dalle mille speranze e dalle infinite contraddizioni.
Insieme ai tanti nomi dei personaggi incontrati – alcuni solo
di sfuggita, altri rimasti per sempre amici – da Giovanni Bogani
nei suoi anni di professione giornalistica, e qui ricordati. Anche
percorrere il libro sarà una scoperta. Lo si potrà fare saltando
qua e là, o fermandosi su un racconto a sera, o, come consiglio,
leggendolo tutto di seguito, rispettandone la scansione dei fogli
di cui si compone. Perché le «singole pagine concluse, perfette,
valide ciascuna per sé» sono «al tempo stesso inserite in un tutto
in progressione, come i cerchi concentrici nell’acqua di un lago
profondo», come rammenta Simone Casini nella postfazione.
Infatti nell’arco delle oltre cinquecento pagine, episodi riemersi
tornano, rivestendosi ogni volta di nuovi particolari, di scorci inediti,
di visuali prospettiche, di colori, come se in quella profondità
del pozzo ci fosse sempre acqua nuova da trarre alla luce.
Acqua e segreti. Tanti, confessati adesso alla madre che non c’è
più per dare un senso di pace a questo dedicato e appassionato
nostos. Libro di segreti svelati e di Mistero che resta invece irrisolto.
Perché al di là del velo di Maya, oltre le colonne d’Ercole,
Ulisse precipita nel silenzio di un infinito, di un’eternità che non
conforta. Noi ci proviamo, alla Marzullo, allora, cambiando un
solo accento al titolo: àncora un attimo, per favore. E restiamo in
rada, godendoci il tramonto. O forse l’alba.
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GIOVANNI BOGANI