Il Salvagente n° 36 - Modenacinquestelle.it

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42 Ambulatori aperti 24 ore?... ▲ giorni su 7, non sarà così semplice come lo è stato annunciarla. “Manca la copertura economica”, spiegano le Regioni, gli enti al quale è comunque demandata tutta la realizzazione della nuova assistenza territoriale. Il governo ha proposto di utilizzare le risorse derivanti dal taglio dei posti letto (imposto con la spending review) per le nuove strutture. Il fronte dei governatori però ha risposto che quelle risorse dovranno essere impiegate per “ridurre il deficit sanitario”. “Servono risorse” E allora? Cosa resterà della “rivoluzione Balduzzi”? “Servono risorse aggiuntive”, spiega Giuseppe Scaramuzza, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato. “Condividiamo il principio: ridurre il ricorso all’ospedale quando non si è in fase acuta significa risparmiare risorse che possono essere impiegate per avvicinare l’assistenza medica ai cittadini e ‘prolungarla’ durante il giorno. Tuttavia servono finanziamenti per stimolare l’aggregazione dei professionisti nelle nuove strutture. Altrimenti tutto rischia di rimanere sulla carta”. In realtà la possibilità di creare DirittiSalute A ROMA SI SPERIMENTA UN SERVIZIO DI 12 ORE “Ma gli accessi ai Pronto soccorso non calano” circa 8 anni nel Lazio ci sono le “Da Ucpp, le Unità di cure primarie pediatriche, una sorta di coordinamento territoriale tra pediatri di base per garantire il servizio nell’arco delle 12 ore diurne. Questa nuova organizzazione doveva far diminuire gli accessi ai Pronto soccorso pediatrici: non solo non sono diminuiti, ma sono “unità complesse di cure primarie”, i cosiddetti ambulatori interprofessionali aperti h24, è prevista dal 1999. E da allora in diverse regioni, Toscana, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Umbria sono state create alcune nuove strutture. In molti casi si tratta di una rete di ambulatori che, attraverso un calendario di aperture, garantiscono in un determinato quartiere, l’assistenza continuativa durante la settimana. In altri casi, invece, l’ambulatorio è unico e attorno a esso ruotano più camici bianchi. Ma da qui a far diventare questa organizzazione la nuova ossatura del servizio medico-pediatrico di base, la strada è lunga. “Per portare a termine il percorso - conclude Scaramuzza - occorre un impegno finanziario”. Il Salvagente 13-20 settembre 2012 addirittura aumentati”. A raccontare la sua esperienza è Vicenzo Calia, pediatra di base a Roma e direttore del periodico “Un pediatra per amico” (www.uppa.it). “Dal mio punto di vista l’offerta di prestazioni pediatriche è molto elevata, anzi direi eccessiva. L’Italia ha 14mila pediatri di cui circa 7mila di base, quando l’Inghilterra ne ha appena 1.500. Eppure ogni anno in Italia registriamo circa 5 milioni di richieste nei Pronto soccorso. Ora nel Lazio stiamo sperimentando da alcuni anni le Ucpp per i quali gli aderenti possono contare su circa mille euro di indennità mensile”. Nonostante questo nella Capitale si registrano anche quasi mille accessi al giorno al Pronto soccorso . “Un dato sempre più in aumento”, conclude Calia. “Per questo mi chiedo a cosa serva la nuova riforma Balduzzi se non a soddisfare la richiesta dei medici a rivedere la propria convenzione”. “MIGLIORERÀ IL SERVIZIO” iamo favorevoli a sviluppare l’assistenza sul “S territorio per avvicinare le cure primarie al cittadino. Per farlo però bisogna rivedere la convenzione nazionale e le Regioni non devono boicottare la riforma”. È questa la posizione di Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale, i cosiddetti medici di famiglia. “La continuità assistenziale non significa creare tanti micro-ospedali di quartiere e neanche riunire più specialisti in un unico ambulatorio. Significa, come chiediamo da tempo, riorganizzare il nostro lavoro, garantendo un servizio ancora migliore per gli assistiti”. Per farlo chiedete una maggiore remunerazione? “Non mi focalizzerei ora su questo punto. Va rivista la convenzione nazionale, ma soprattutto le Regioni hanno la possibilità, rivedendo la spesa ospedaliera, di impiegare questi risparmi per incentivare il coordinamento territoriale tra diversi medici”.
Il Salvagente 13-20 settembre 2012 Marta Strinati di fare luce sulla Ferriera di Trieste, che appe- Larichiesta sta gli abitanti del quartiere di Servola, deve essere stata fraintesa. All’inizio di settembre a ridosso del sito industriale sembra di stare in Svezia. In piena notte c’è un’area illuminata a giorno. Non è il sole anche di notte, è l’effetto del torcione che si accende per bruciare il gas della cokeria. La fiammaè alta decine di metri, e serve a smaltire quel gas destinato alla centrale di cogenerazione elettrica, ma che - a causa di un malfunzionamento dell’impianto - è “temporaneamente” ri-destinato a bruciare e disperdersi in aria. L’ennesimo evento anomalo non è sfuggito al Comitato NoSmog: non solo perché si batte contro l’inquinamento della Ferriera, ma perché è DirittiImpianti e veleni FERRIERA Si riaccende lo scontro sulla piccola Ilva Sull’impianto di Trieste, oltre alle accuse di riversare inquinanti pericolosi, ora l’ombra di un malfunziona - mento che brucia i gas di cokeria. Ma la svolta sembra essere vicina composto di persone che ci vivono accanto. Ada Sancin, presidente del Comitato, dice che “la proprietaria Elettra ha dichiarato pubblicamente che il gas di cokeria bruciato in torcia non prefigura alcun pericolo per la popolazione. Le autorità locali non si sono neanche preoccupate di smentire questa tesi, peraltro infondata, visto che nell’Aia (l’Autorizzazione di impatto ambientale, ndr) della centrale Elettra a pagina 41 c’è scritto che le conseguenze dell’attività della fiaccola non sono note”. Rischi sconosciuti A volere guardare il bicchiere mezzo pieno, qualcosa potrebbe cambiare in questi giorni. Regione, Comune e ministeri dell’Ambiente e delle Attività produttive stanno lavorando 43 assieme alla proprietà (Lucchini della russa Severstal) per trovare una soluzione al problema che da anni produce disagio, proteste e chissà quali patologie. Se gli inquinanti (anche cancerogeni) riversati sulla popolazione abbiano aumentato il rischio di malattie respiratorie e di tumori non è accertato: manca un’indagine epidemiologica. L’unico studio esistente è quello chiesto all’Azienda sanitaria dalla Procura di Trieste, ma riguarda soltanto i lavoratori. La tenaglia Già dipinta come una “piccola Ilva”, perché ripropone in miniatura la presunta dicotomia tra salute e lavoro, la Ferriera pare assumere nuove somiglianze con il sito di Taranto. Come per l’acciaieria più grande d’Europa, ▲
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